Il Fruttosio della Mela Stark l’unico vero carburante della specie umana

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scritto il Categorie Oloscienza

Tutta la frutta dolce (diversa da mela) è tutta (compresa quella intertropicale) leggermente acidificante e leggermente iperglicemica. Infatti, anche la frutta dolce (diversa da mela), non è adatta alla specie umana, ma è specie-specifica per diverse specie animali; oltre a molte sostanze tossiche ed acidi organici leggermente aggressivi per l’organismo umano (ma, ovviamente, non per il relativo animale specie-specifico), la frutta dolce ha, contrariamente alla mela (soprattutto la mela rossa Stark, che ha oltre il 92% di fruttosio rispetto al glucosio) una decisa prevalenza di glucosio rispetto al fruttosio, con i seguenti grandi effetti dannosi principali:

-il glucosio è fondamentalmente un alcol, che, anche per questo motivo, è leggermente acidificante (contrariamente al fruttosio che, pur avendo sempre atomi di carbonio, è un chetone, e, pure per questa ragione, è assolutamente pH-inalterante) infatti il fruttosio è un composto chimico organico glucide, o zucchero semplice monosaccaride simile al glucosio, ma che si differenzia principalmente da quest’ultimo poiché di tipo chetoso anziché aldoso [Un aldoso (o aldosio) è un monosaccaride contenente nella molecola un gruppo aldeico. Può essere considerato derivato dal corrispondente polialcol per ossidazione di un gruppo alcolico primario. In soluzione con acqua assume carattere acido poiché dotato di un idrogeno terminale fortemente acido.]

-la differenza fra glucosio e fruttosio è talmente importante che il fruttosio si usa addirittura come terapia contro l’acidosi glicemica (cioè derivante proprio dal glucosio);

-specialmente nella specie umana, mentre il glucosio deve assolutamente essere regolato dall’insulina, il fruttosio non ha alcun bisogno di questa dispendiosissima regolazione (sia il fegato che i muscoli possono assorbire direttamente il fruttosio senza produzione di insulina: il processo del fruttosio è insulino-indipendente) (che a lungo andare danneggia il pancreas, sovraccarica l’organismo e causa invecchiamento precoce di tutte le cellule) (infatti il glucosio è uno zucchero biochimicamente ed energicamente più primitivo rispetto al fruttosio, essendo il glucosio adatto principalmente a specie animali ad anatomia e fisiologia granivore, che lo trovano sotto forma di amido [il quale ha per formula grezza:

(C6H10O5)n

dove n è un numero variabile da circa un centinaio fino ad alcune migliaia, e che sta ad indicare i residui di unità di glucosio monomeriche che sono unite tra loro per formare i polimeri, e da cui derivano i vari tipi di amidi presenti in natura. L’amido è dunque una vera e propria bomba di glucosio, essendo costituito principalmente da amilosio (20%), che è un polimero lineare di glucosio, e da amilopectina (80%), polimero ramificato con struttura a grappolo (sempre di glucosio) scarsamente idrosolubile.], o a specie animali erbivore, che lo trovano sotto forma di cellulosa (indigeribile per la specie umana, non dotata dell’enzima cellulasi), o, al limite, a specie animali carnivore, che lo trovano sotto forma di glicogeno);

– oltre al fatto che il fruttosio non deve essere regolato dall’insulina, esso aiuta notevolmente le cellule della specie umana, anche in quanto il meccanismo di entrata cellulare (che scientificamente sarebbe esattamente il processo di assimilazione) del fruttosio è solo ed esclusivamente il trasporto passivo (cioè senza sprechi di energia o di altre molecole: Il trasporto passivo consiste nel passaggio di molecole secondo gradiente. Per tale passaggio non è richiesto l’utilizzo di energia biochimica (come ATP)), contrariamente alla maggior parte del glucosio che ha bisogno del meccanismo di trasporto attivo (glicotrasportatori, che aumenta notevolmente anche l’usura molecolare cellulare, essendo pure un processo continuo; la tipologia principale del trasporto attivo del glucosio è il simporto, che utilizza una differenza di potenziale creata proprio da un forte utilizzo continuo di ATP, cioè tramite un forte spreco di energia);

Infatti:

vie-del-fruttosio

Il fruttosio conosce due vie di assorbimento: la via extraepatica (intestino-sangue-cellula; minore dispendio di ATP, non a caso è la via predominante esclusivamente durante il melarismo sostenibile, in cui si attiva gradualmente il suo ottimale metabolismo) e la via epatica (fegato-sangue-cellula; maggiore dispendio di ATP dato che il fruttosio si accumula sotto forma di glucosio nel fegato).

 

Il fruttosio ha la capacità di entrare nelle cellule tramite il Glut5 (http://en.wikipedia.org/wiki/GLUT5) , tramite trasporto passivo ( http://en.wikipedia.org/wiki/Facilitated_diffusion) (via diretta).

Quindi per entrare nella via glicolitica, è necessaria al fruttosio una sola reazione.

Il glucosio deve sintetizzare 7 enzimi in più rispetto al fruttosio per essere utilizzato (trasporto attivo 80%).

A livello intestinale il glucosio per passare nel sangue utilizza il trasporto attivo addirittura nel 100% dei casi (notevole dispendio energetico).

L’aumento delle reazioni biochimiche metaboliche è notevolmente maggiore nel caso del glucosio rispetto al fruttosio: ogni sintesi proteica per produrre un enzima richiede dal 30% al 50% dell’ATP.

Ecco perchè bruciando fruttosio si risparmia molta più energia rispetto al glucosio.

Il diabete e molte altre problematiche per il nostro corpo derivano dalla presenza troppo alta di glucosio nel sangue.

Il legame insulina recettore stimola l’attività tirosin-chinasica e porta al dispendio di 1 ATP (ulteriore dispendio energetico)

Mentre il glucosio deve essere regolato dall’insulina con un forte dispendio energetico e lavoro del pancreas, il fruttosio non ha bisogno di questa faticosa regolazione; solo SE il fruttosio supera una certa soglia quantitativa si trasforma in glucosio, con tutte le suddette conseguenze negative.

 

-l’unico carboidrato che il mitocondrio può bruciare è il fruttosio [cioè il fruttosio è l’unico tipo di zucchero che può innescare il ciclo di Krebs all’interno del mitocondrio; infatti anche se si introduce glucosio nella cellula, esso non potendo essere utilizzato dal mitocondrio deve pertanto essere trasformato prima in fruttosio (cosa che comporta un ulteriore fortissimo spreco di energia, dovendo moltiplicare ognuno dei miliardi di molecole di glucosio per oltre due molecole di ATP che devono essere utilizzate proprio per la trasformazione del glucosio in fruttosio; il fruttosio fa risparmiare anche tutta questa energia, visto che non necessita assolutamente di tutta la prima energicamente dispendiosissima parte della cosiddetta glicolisi)];

LA PRIMA PARTE DELLA GLICOLISI ILLUSTRATA NEL DETTAGLIO (FASE CHIAMATA “PREPARATORIA” E ASSOLUTAMENTE ANABOLICA, QUINDI A SOLO DISPENDIO ENERGETICO, DEL TUTTO EVITATA CON L’ASSUNZIONE DIRETTA DEL FRUTTOSIO ORGANICO DELLA MELA ROSSA STARK):

1. Fosforilazione del Glucosio:

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Nel caso della prima tappa della glicolisi, osserviamo che quando il glucosio in
presenza di ATP si trasforma in glucosio 6 fosfato consuma 13.7 KJ, e il ΔG
finale è pari a -16.8 KJ.

2. Conversione del glucosio 6-fosfato in fruttosio 6-fosfato:

Immagine

3. Fosforilazione del fruttosio 6-fosfato in fruttosio 1,6-bisfosfato:

Immagine

Si sono buttati al vento, quindi, altri 2 ATP.

Moltiplichiamo tutti questi ATP utilizzati in più sia a causa dell’effetto iperglicemizzante del glucosio, sia per il trasporto attivo, sia per la necessaria conversione da glucosio a fruttosio nella prima parte della glicolisi, per tutte le circa 100.000 miliardi di cellule della specie umana. Intuiremo molto facilmente l’effetto-droga ( fabbisogni indotti) dei cibi aspecifici sul corpo umano, la loro estrema dannosità e la loro anti-economia profonda, sia a livello interno al corpo, sia a livello esterno (impatto socio-ambientale).

-Mentre il fruttosio è una molecola levogira (dovuto ad una struttura e configurazione atomica a minima energia, che aiuta anche il trasporto passivo e lo stato di salute in generale), il glucosio, del tutto al contrario, è una molecola destrogira;

-esiste un ulteriore spreco di energia dovuto all’assunzione di glucosio derivante dal fatto che esso è decisamente meno solubile, nella soluzione fisiologica pure delle cellule umane, rispetto al fruttosio;

-del tutto contrariamente al glucosio, il FRUTTOSIO anziché favorire le CARIE, le PREVIENE, in quanto è antibatterico e non si attacca ai denti come gli altri zuccheri;

-il fruttosio passa infine per processi di assorbimento e assimilazione molto più graduali rispetto al glucosio, con immensi effetti positivi su tutto l’organismo, e ciò contribuisce ulteriormente alla determinazione anche di una massima continuità di energia fisica e mentale, unita ad un piacevolissimo senso di sazietà che dura estremamente più a lungo (provare per credere: la mela stark, anche a metabolismo ideale del fruttosio non ancora attivato, sazia molto di più di qualsiasi altro “cibo”);

IN SINTESI…

Il rendimento energetico diretto del fruttosio è addirittura 1,5 volte superiore a quello del glucosio, e, considerando anche (rendimento energetico indiretto) l’enorme minor consumo di energia dovuto alla non alterazione e riequilibrio acido-base (verificabile misurando giornalmente il pH urinario su monodieta di mela rossa stark, che si assesterà sul valore fisiologico perfetto di 7,41), alla non necessità di regolazione insulinica (ridotta al minimo, data la comunque pur sempre minima, ma presente percentuale di glucosio della mela rossa stark, che induce il lavoro del pancreas a diminuire fino al suo stato ideale, non al superlavoro a cui invece è costretto dall’eccessiva assunzione di glucosio in percentuale dalla frutta dolce diversa da mela e dai cibi amidacei), all’assimilazione cellulare tramite trasporto passivo, all’innesco diretto del ciclo di Krebs mitocondriale, alla struttura levogira, alla maggiore solubilità, ecc., avviene che il rendimento energetico totale del fruttosio è di persino oltre 13 volte superiore a quello del glucosio (questo spiega anche perché, chi arriva con la dovuta gradualità ad una mono-dieta di mele rosse stark, che superano il 92% di fruttosio rispetto al glucosio come predetto, ha molta più energia dei fruttariani sostenibili stessi).

Il glucosio, in modo del tutto opposto al fruttosio della mela stark (con tutte le altre innumerevoli sostanze in essa contenute, fondamentali anche per il perfetto metabolismo della specie umana), rallentando fortemente l’intera glicolisi e richiedendo moltissimo ATP per il suo stesso intero metabolismo, provoca indirettamente una formazione enorme di ACIDO LATTICO, che accelera profondamente e massimamente anche la sensazione di stanchezza generale, formazione di crampi, ecc.

2 pensieri riguardo “Il fruttosio della mela rossa stark: l’unico vero carburante della specie umana”

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MELA LE ORIGINI

Dall’Asia orientale, il melo (Pirus Malus) si è diffuso in Egitto, dove, sotto il regno del faraone Ramsete II (secolo XIII a.C.), veniva coltivato lungo le vallate del Nilo. Da qui la coltura arrivò poi in Grecia (nel IV secolo a.C. Erodoto ne descrive la tecnica dell’innesto) e, successivamente, a Roma. La mela è protagonista di numerose leggende e miti dell’antichità: nella sua undicesima fatica Ercole riuscì ad impossessarsi dei pomi d’oro che crescevano nel giardino delle Esperidi; quando gli dei dell’Olimpo invecchiavano, mordevano una mela per recuperare la gioventù; fu a causa di una mela (donata da Paride a Venere) che scoppiò la guerra di Troia. Se in epoca romana, come ricorda Plinio, venivano menzionate una ventina di varietà, oggi se ne conoscono circa 7.000, anche se in minima parte oggetto di coltivazione da reddito.

LA COLTIVAZIONE DELLA MELA

Originario dell’Asia Orientale, il melo è oggi coltivato intensivamente in Cina, Stati Uniti, Russia, Europa (soprattutto in Italia e Francia). In Italia la produzione è concentrata nel settentrione: l’80% del raccolto nazionale, infatti, proviene da tre regioni del Nord: Trentino-Alto Adige (46%), Emilia-Romagna (17%) e Veneto (14%). Altre aree di una certa importanza sono Piemonte, Lombardia e Campania. Le mele italiane sono disponibili sul mercato praticamente tutto l’anno, con varietà ESTIVE, come Summerred, Royal Gala ed Ozark Gold, ed AUTUNNALI, quali Golden Delicious, Stark Delicious, Imperatore, Jonathan, Fuji, Renetta del Canada, Granny Smith, Starking e Starkrimson. Tra le invernali, le più diffuse sono Annurca (coltivata soprattutto in Campania, da dove proviene oltre il 90% della produzione italiana) e Stayman.

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Tratto dal libro

SPECIE UMANA PROGETTO 3M, seconda edizione

Alcune precisazioni scientifiche di
biologia vegetale e paleobotanica relative al MELO

Il melo è proprio una specie esattamente equatoriale di circa 800 METRI di altitudine; alle nostre latitudini extratropicali, infatti, soffre il freddo invernale a tal punto che avviene per la sua struttura la cosa peggiore che possa succedere ad un essere vivente: la perdita totale dei suoi “polmoni”, cioè di tutto il suo apparato foliare (foglie). (La botanica moderna sa ormai che i cosiddetti “CADUCIFOGLI” sono, in realtà, solo specie vegetali in ambiente per loro non specie-specifico). Invece all’EQUATORE e a quella quota altimetrica è (ancora oggi) una specie perfettamente SEMPREVERDE, non perde assolutamente mai le foglie, confermando la sua perfetta compatibilità con quell’ecosistema.

Non solo, in quel clima, essendo eterna primavera (ancora oggi non esistono nè l’inverno nè le altre stagioni) e facendo i fiori in più periodi dell’anno,
il melo fruttifica, non una volta sola come avviene nella fascia extratropicale, bensì due volte all’anno ed in maniera addirittura scalare, assicurando una alimentazione persino continua.

Ovviamente, la non costrizione al fortissimo stress climatico extratropicale (cioè fuori della fascia intertropicale) che lo porta, come predetto, a perdere completamente i suoi polmoni, compreso l’enorme sforzo disperato di produzione di acido abscissico in ambiente extratropicale, consente al melo, proprio nel suo perfetto clima specie-specifico equatoriale finalmente non solo di non ammalarsi mai (come vedremo più avanti, con nutrizione naturale), ma persino una longevità assoluta, enormemente superiore a quella che questa specie vegetale ottiene fuori della fascia intertropicale.

Come vedremo meglio più avanti, la paleobotanica MODERNA ha ormai appurato chiaramente l’origine AFRICANA del Malus (melo), anche tramite suoi REPERTI ARCHEOLOGICI sempre più antichi fino proprio in AFRICA (anche attuale Egitto), esattamente nella stessa area di passaggio che la specie umana utilizzò per uscire dalla Rift Valley a causa della glaciazione postdetta (fu precisamente questa graduale successiva fuoriuscita della specie umana dalla Rift Valley che ha consentito al melo di propagarsi poi fino anche in Asia ed in tutto il resto del pianeta; infatti NON esistono assolutamente reperti archeologici del melo da asiatico-centrali verso oriente);

per maggiore chiarezza,

I REPERTI ARCHEOLOGICI del MELO PIU’ ANTICHI IN ASSOLUTO AL MONDO

sono stati rinvenuti esattamente

NELL’AREA GEOGRAFICA AFRICANA (e nei pressi del confine AFRICANO)

relativa proprio all’uscita successiva della specie umana dalla RIFT VALLEY

(rispettivamente in EGITTO, risalenti ad oltre 5000 anni fa,
ed a Jericho, intorno alla stessa epoca);
(va precisato che le tracce presenti in Europa centrale sono relative ad un periodo successivo e non erano di meli ma di mele, cosa che lascia la possibilità di un semplice trasporto in quei luoghi;
più avanti vedremo come i reperti egiziani presentano evidenze fino ad almeno 1,7 milioni di anni fa, e quelli europei fino a 1,6 milioni di anni fa).

Inoltre,
le prove dell’origine AFRICANA del melo sono non solo archeologiche
ma anche storiografiche:

La FONTE DOCUMENTALE STORICA del MELO PIU’ ANTICA IN ASSOLUTO AL MONDO

RISALE SEMPRE all’AFRICA (uscita dalla Rift Valley),

ancora in EGITTO,
la quale comprova esattamente che
IL MELO ERA GIA’ PRESENTE IN QUELL’AREA AFRICANA OLTRE BEN 3300 ANNI FA,

anche sotto il regno del faraone Ramsete II,
e le mele erano talmente squisite che erano proprio uno dei massimi regali ufficiali che i faraoni facevano ai sacerdoti di Tebe.

E’ doveroso ribadire che

NON ESISTONO MINIMAMENTE
REPERTI ARCHEOLOGICI DEL MELO
DI ASIA-CENTRALE e ulteriormente verso oriente

(compreso Caucaso, Kazakistan e limitrofi; inoltre, una delle innumerevoli ulteriori conferme che anche queste ultime due aree geografiche sono TOTALMENTE ESTRANEE al melo è che sono latitudini in cui esso perde completamente i suoi polmoni per molti mesi all’anno

DIMOSTRANDO SCIENTIFICAMENTE che
NON costituiscono assolutamente il suo ecosistema specie-specifico).

Una volta che la paleobotanica MODERNA ha stabilito
l’origine geografica AFRICANA del melo, negli ultimi anni ha anche DIMOSTRATO SCIENTIFICAMENTE l’origine temporale del melo, che, come comprovano tutti gli studi di genetica molecolare effettuati sul DNA di mela proveniente da qualsiasi parte del pianeta, risale a

MOLTI MILIONI DI ANNI FA
(incrociando poi i dati scientifici con la paleoantropologia moderna, botanica moderna fino alla biochimica molecolare comparata, descritte parzialmente anche in questo testo, risultano circa 7 MILIONI DI ANNI FA;
gli studi di genetica indicano anche che gli ANTENATI del MELO risalgono ad oltre 60 MILIONI di ANNI FA, sempre così come gli ANTENATI della SPECIE UMANA);

(a questo proposito si ricorda che la genetica, o analoghi, possono stabilire l’EPOCA di origine di una specie, anche vegetale, ma NON possono stabilire il luogo di origine, cosa che può DIMOSTRARE ESCLUSIVAMENTE il ritrovamento di reperti almeno archeologici, o di fonti almeno storiografiche, come sopra esposto).

Tutte le ulteriori conferme scientifiche dell’ORIGINE AFRICANA-CENTRALE del MELO

sono giunte anche negli ultimi decenni, compreso quelle fisiologiche, come pure l’enorme grado di salute, produttività e longevità del melo soprattutto proprio esattamente nella stessa area (Rift Valley equatoriale in kenya, a circa 800 metri di altitudine), e sono inoltre relative al rinvenimento esattamente dei primi resti fossili eretti della specie umana, con la quale si è verificata una potentissima

CO-EVOLUZIONE ANATOMO-FISIOLOGICA, come approfondiremo più avanti;

ancora ulteriori ennesime conferme scientifiche dell’ORIGINE AFRICANA (RIFT VALLEY) del MELO

sono provenute e provengono tuttora continuamente dall’analisi BIOCHIMICO-FISIOLOGICA

comparativa tra specie umana e melo,
che presentano anche una complementarizzazione FISIOLOGICA reciproca PERFETTA,

raggiungibile SOLO ed ESCLUSIVAMENTE in MILIONI di anni di CO-EVOLUZIONE monotrofica proprio nello STESSO ecosistema (approfondimento nel capitolo di fisiologia comparata e
quello di scienza dell’alimentazione moderna);

ancora ulteriori ennesime conferme scientifiche dell’ORIGINE AFRICANA (RIFT VALLEY) del MELO

sono provenute e provengono tuttora continuamente
dall’analisi ANATOMICA e MORFOLOGICA FUNZIONALE
comparativa tra specie umana e melo,
che presentano anche una
complementarizzazione ANATOMICO-FUNZIONALE reciproca PERFETTA,
anch’essa raggiungibile SOLO ed ESCLUSIVAMENTE in MILIONI di anni di CO-EVOLUZIONE monotrofica proprio nello STESSO ecosistema (approfondimento nel capitolo di anatomia comparata e
morfologia funzionale comparata fitozoologica);

ancora ulteriori ennesime conferme scientifiche dell’ORIGINE AFRICANA (RIFT VALLEY) del MELO

sono provenute e provengono tuttora continuamente
dall’analisi della MASSIMA POTENZA SALUTISTICA e TERAPEUTICA di conferimento reciproco tra specie umana e melo,
che presentano anche una
complementarizzazione SALUTISTICA e TERAPEUTICA reciproca PERFETTA,
pure essa raggiungibile SOLO ed ESCLUSIVAMENTE in MILIONI di anni di CO-EVOLUZIONE monotrofica proprio nello
STESSO ecosistema
(approfondimento nel capitolo di scienza dell’alimentazione moderna e

quello di patologia e terapeutica moderne);

ancora ulteriori ennesime conferme scientifiche
di TUTTO ciò sono presenti pure nei capitoli di gerontologia moderna, ecosistemica moderna, ecc.;

ulteriori conferme specifiche di paleobotanica legate anche al Junk-DNA sono esposte nei paragrafi relativi al monotrofismo malivoro della specie umana.

Acquisizione della postura eretta nella specie umana

Quindi gli OMINIDI (molto simili agli attuali bonobo) presenti sull’attuale Kenya centrale equatoriale, che si trovavano fino a 9 MILIONI di ANNI FA circa a livello del mare, su ALBERI di foreste ad ALTO FUSTO, furono letteralmente gradualmente SOLLEVATI di circa ben 800 METRI (dal suddetto movimento orogenetico) fino a trovarsi, dopo centinaia di migliaia di anni, in una grande vallata verde detta appunto Rift Valley, dove però gli ALBERI ad ALTO FUSTO su cui vivevano, essendo stati SOLLEVATI, ovviamente, anche loro di circa 800 METRI, ed essendo la TEMPERATURA di quella quota decisamente meno afosa pur rimanendo tiepida e piacevole per l’uomo tutto l’anno (simile ad una PRIMAVERA INOLTRATA),
SI TRASFORMARONO (e con essi l’ecosistema da foresta a radura) gradualmente in ALBERI prima a MEDIO FUSTO (le rosacee antenate del melo, e simili) e poi a BASSO FUSTO (a 800 metri sopravvisse, per la temperatura più fresca, come spermatofita angiosperma dicotiledone a frutto polposo, solo il melo).

Proprio anche questo fatto, a mano a mano che le STRUTTURE ARBOREE letteralmente SI ABBASSAVANO (ovviamente nelle centinaia di migliaia di anni), stimolò gli OMINIDI, presenti in quella zona, a SCENDERE gradualmente DAGLI ALBERI (passando cioè, gradualmente, da PRIMATI a locomozione sospensoria sugli ALBERI ad ALTO e MEDIO FUSTO, a PRIMATI a locomozione terrestre
indotta proprio dagli stessi ALBERI trasformatisi progressivamente
a BASSO FUSTO),

a tal punto che i PIEDI, prima PRENSILI
[a forma quasi di stesse mani come gli altri primati (cioè con pollice opponibile, che hanno ancora oggi) rimasti ad altitudine di circa il livello del mare sulle foreste ad alto fusto, e che servivano anch’essi per arrampicarsi sui rami fino anche a grandi altezze, e tipici proprio della locomozione sospensoria],
divennero gradualmente PIEDI da LOCOMOZIONE TERRESTRE,
proprio come i nostri di oggi.

Una volta sceso a terra l’OMINIDE fu STIMOLATO, ancora gradualmente, sempre più alla POSTURA ERETTA, proprio perché era costretto ad erigersi
per nutrirsi di FRUTTI che si trovavano SOPRA di LUI, in strutture arboree (disposte non più a ecosistema forestale, ma ad ecosistema RADURA,

cioè con alberi non più a contatto reciproco ma con chiome aeree leggermente separate)
a basso fusto, sempre più simili ad un melo di oggi, fino alla acquisizione definitiva della POSTURA ERETTA, trasformandosi così, intorno ai 7 milioni di anni fa, definitivamente nella SPECIE UMANA, i PRIMI UOMINI.

L’acquisizione della postura completamente ERETTA è il parametro fondamentale che segnala esattamente
la NASCITA della SPECIE UMANA;

infatti, anche il termine stesso “anthropos” che significa “uomo” deriva dal greco “àno”(=su) e “anthrèo”(=guardo),

cioè il termine “UOMO” significa esattamente “GUARDANTE SU”

che è esattamente quello che succede ad un primate quando
da quadrupede diventa BIPEDE:
il suo sguardo non è più naturalmente rivolto verso il basso (avendo le braccia poggiate a terra), ma sollevando definitivamente le braccia
e camminando eretto la direzione del suo sguardo è naturalmente proprio PIU’ ALTA (non più naturalmente inclinata verso terra ma in avanti).

[In precedenza si pensava che l’uomo avesse acquisito la postura eretta solo 1,8 milioni di anni fa, quando, per effetto delle glaciazioni, trovandosi in savana e rifugiatosi in caverne, si presumeva erigersi, ogni tanto, per guardare da lontano nella savana, per controllare, solo quando però si trovava in piccole zone con l’erba alta (molto rare in savana, che è diversa dalla prateria), l’eventuale avvicinamento di animali carnivori, ma questa era rimasta solo una vecchia teoria (addirittura ottocentesca) che non trovava altri riscontri di nessun tipo, e crollata del tutto quando si acquisirono finalmente le PROVE SCIENTIFICHE certe,

grazie anche alle conferme assolutamente inequivocabili della paleoantropometria (che analizza i sistemi ossei dei resti fossili umani fino anche alla precisione goniometrica degli angoli di inserimento di tutte le articolazioni ossee), che

la SPECIE UMANA
ERA GIA’ COMPLETAMENTE ERETTA BEN 7 MILIONI DI ANNI FA;

la cosa fu poi ulteriolmente confermata completamente quando poi si trovarono altri resti fossili umani già
DEL TUTTO ERETTI
risalenti alcuni a 3,5 milioni di anni fa,

e gli ultimi risalenti proprio addirittura a 7 MILIONI di ANNI FA].

In altri termini,
come vedremo meglio,

IL VERO UOMO PRIMITIVO
E’ QUELLO DI 7 MILIONI ANNI FA CHE VIVEVA IN

RADURE ARBOREE FRUTTIFERE FELICE ed IN PERFETTA SALUTE

(e non quello DISPERATO e MALATO di 1,8 milioni di anni fa, che, per effetto della PRIMA GLACIAZIONE,
fu costretto a rifugiarsi nelle CAVERNE,
da cui il termine “cavernicolo”,

iniziando, come stiamo per analizzare,
la fase PIU’ DISASTROSA della sua preistoria e storia).

La sofisticatissima scienza moderna multidisciplinare mostra chiarissimamente

la coevoluzione trofica della specie umana del tutto esclusiva con la specie Malus:

INNESCO FILOGENETICO DEL

MALIVORISMO nella specie umana

Quindi, la scienza moderna, incrociando finalmente i dati tra la sofisticata scienza paleogeologica, la precisa scienza paleobotanica attuale e la paleoantropologia moderna, giunge alla chiarissima conclusione che la specie umana ha sviluppato un processo di coevoluzione trofica (alimentare) e filogenetica (strutturale)

solo ed esclusivamente con la specie vegetale arborea Malus Communis (il melo),

anche per il semplicissimo motivo che era l’unica spermatofita angiosperma dicotiledone a struttura arborea fruttifera a frutto polposo (in quel lungo periodo preistorico) capace di resistere alla temperatura inferiore post- orogenetica dell’area predetta, dovuta a quell’altitudine.

(Come vedremo meglio più avanti, la coevoluzione è una evoluzione parallela, la quale determina necessariamente, sempre anche per il principio della minima energia, una perfetta complementarizzazione anatomo- fisiologica fito-zoologica).

La specie umana, cioè,
non solo nacque perfettamente MALIVORA

[da “malum”= mela (“malum”, a sua volta, deriva da “malon”= “il frutto”)], si nutriva, quindi, solo ed esclusivamente di mele (per l’esattezza di variazione cromatica rossa),

ma addirittura nacque solo ed escusivamente grazie alla struttura anatomica stessa del melo,

che da struttura arborea a basso fusto ha costretto la nostra struttura primatica arboricola a locomozione sospensoria ad adattarsi gradualmente
alla locomozione bipede terrestre
e contemporaneamente, circostanza biomeccanica decisiva per l’acquisizione definitiva della postura eretta, ad erigersi ogni qualvolta, ogni giorno addirittura per centinaia di migliaia di anni, necessitasse di nutrirsi di uno dei suoi frutti, in quel clima presenti assolutamente tutto l’anno (ancora oggi).

Il dato scientifico più rilevante è, però, che

la struttura totale, SIA ANATOMICA CHE FISIOLOGICA, della specie umana,

ANCORA OGGI,

è rimasta perfettamente e specialisticamente del tutto MALIVORA

(come vedremo meglio nei capitoli dedicati all’anatomia comparata e morfologia funzionale comparata fitozoologica, alla fisiologia comparata, alla scienza dell’alimentazione moderna, ma anche in tutte le altre scienze dei capitoli seguenti, oltre che la presenza, sempre più cospicua, persino in tutte le altre scienze non citate).

Specie umana:

5,2 milioni di anni felici

A quel punto, è ormai scientificamente chiarissimo che l’uomo continuò a vivere in quella sorta di paradiso terrestre per ben 5,2 milioni di anni, in cui i pochi reperti fossili indicano anche

una assenza totale di malattie
e una vita media come minimo molto superiore ai massimi standard attuali, addirittura sembra con limite vitale indefinito,

cosa che è confermata anche dal famoso fenomeno del “buco fossile” (estrema carenza, in misura crescente, di resti fossili umani proprio ed esclusivamente in quel periodo).

Tutti i parametri di paleoantropologia, paleobotanica, paleogeologia, paleoecosistemica, ecc., anche con uno studio comparativo ottenuto incrociando tutti i rispettivi dati scientifici relativi ad ogni aspetto, indicano, per la specie umana di quel lunghissimo periodo, chiaramente

una età felice,

in cui l’uomo viveva in perfetta salute (chiarissimo dai pochi reperti fossili di quel periodo), in armonia con tutti gli altri uomini e tutte le altre specie, sia animali che vegetali.

Non esistono, tra l’altro, assolutamente resti fossili di quel periodo, di armi o qualsiasi oggetto atto ad offendere o analoghi,

nè direttamente nè indirettamente, di assolutamente nessun tipo, nè per l’azione contro altri uomini, nè tanto meno da caccia o per la semplice cattura di altri animali, nè ancora meno di resti di prede uccise o divorate,

come invece si trovano solo ed esclusivamente dopo 1,8 milioni di anni fa.

Sempre incrociando i dati multidisciplinari relativi a tutte le suddette scienze, l’ecosistema in cui era inserita la specie umana era costituito da un vero e proprio grande e rigoglioso giardino di meli sulla Rift Valley (ormai confermato anche dalla paleobotanica moderna), in cui ogni persona

non era costretta a lavorare per vivere, nè tanto meno per mangiare,

visto che per il cibo era completamente sufficiente ALZARE un BRACCIO ed AFFERRARE un FRUTTO.

Tra l’altro,
non esistono, nemmeno minimamente,

resti fossili di qualsiasi tipo di strumento artificiale di quel lunghissimo periodo,

e lo stesso FUOCO, per l’eventuale COTTURA di CIBI, fu scoperto solo ben 6 milioni di anni dopo, intorno ad UN MILIONE di ANNI FA;

quindi l’UOMO per almeno ben 5,2 miloni di anni NON HA MAI minimamente INGERITO un solo grammo di CIBO COTTO,

come del resto nessuna specie animale ha mai fatto
addirittura da quando è nata la vita stessa 4 miliardi di anni fa.

1,8 milioni di anni fa, la PRIMA GLACIAZIONE

ci costringe ad una
DEVASTANTE variazione ALIMENTARE (provvisoria)

che ci ha distrutto la salute e la felicità fino ad oggi:

dall’UOMO felice ed in perfetta salute nell’ECOSISTEMA ANTROPICO (radure arboree fruttifere)
da 7 milioni di anni fa,

all’uomo disperato e malato nelle CAVERNE postglaciali da 1,8 milioni di anni fa

Tutto ciò (salute, longevità, non costrizione al lavoro, ecc.), quindi, addirittura per ben 5,2 milioni di anni,
da 7 milioni di anni fa fino persino a 1,8 milioni di anni fa,
epoca in cui avvenne un evento disastroso per noi,

la PRIMA GLACIAZIONE PLANETARIA (“moderna”),
che cambiò catastroficamente e provvisoriamente (in maniera costretta) di base, a rigore,

SOLO ed ESCLUSIVAMENTE la nostra ALIMENTAZIONE

(per i motivi che vedremo più avanti)
ma assolutamente solo ed esclusivamente questo bastò
per cambiare la nostra ultima preistoria e addirittura la storia fino ad oggi

(cioè praticamente tutti gli ultimi 1,8 milioni di anni) proprio da quella specie di stupendo paradiso terrestre ad una situazione prima disastrosa (1,8 milioni di anni fa) e poi sempre ancora del tutto problematica, che, anche se in forme diverse, è stato proprio continuamente come ancora è oggi TUTTA la problematica mondiale di base:

– migliaia di malattie esistenti;

– crollo della durata della vita,
che si è poi via via ripresa, ma che ancora oggi è estremamente bassa rispetto alla nostra potenzialità indefinita (che vedremo meglio nel capitolo dedicato alla gerontologia);

– tensioni frequenti tra uomini o interi popoli, come guerre o analoghi;

– costrizione dell’uomo al lavoro
(siamo ancora oggi l’unico primate, costretto al lavoro anche solo per mangiare);

– aumento continuo della popolazione fino alla totale crisi demografica mondiale di oggi;

– aumento continuo della distruzione dell’ecosistema planetario fino alla completa emergenza di oggi;

ecc.

DEVASTANTE variazione alimentare (provvisoria):

UNICA causa micidiale
di assolutamente tutti (nessuno escluso) i problemi di oggi

(da quelli quotidiani della singola persona a quelli dell’intera società mondiale)