Dr. Stefano Scoglio, Ph.D.
L’inaffidabilità di tutti i test
Come abbiamo visto dal video sui test della frutta organizzato dal dr. Amici e dal sottoscritto, anche il test antigenico rapido da risultati casuali, proprio come quello molecolare via PCR. Questo è dovuto al fatto che il virus non è mai stato isolato, e dunque i markers che si cercano, i geni col molecolare, le proteine del virus nel test rapido, sono costruzioni computerizzate che non hanno alcuna relazione con un presunto virus SARS-Cov2. Ho spiegato questo in diversi miei interventi.
Quando abbiamo pubblicato il video che dimostrava come anche la frutta testa positiva al test rapido, sono sorte alcune obiezioni da parte degli (in)famosi debunkers, i falsologi, come li chiamo io, il cui compito è difendere le fake news di regime tacciando come fake news le verità fattuali. In questo caso, per inficiare il test che abbiamo svolto assieme al dr Amici e al dr. D’Angelo, hanno sostenuto che la frutta può risultare positiva a causa del colore che si trasmetterebbe al test. Cioè, dicono, il test è tarato per il muco umano, che sarebbe generalmente incolore, e quindi viene alterato dai coloranti della frutta.
In questa affermazioni ci sono numerose stupidaggini, utili per rassicurare solo i covidioti. Il test rapido è un test antigenico: la striscia di rilevamento contiene un presunto anticorpo del virus, che si attiva se incontra una proteina del virus, generando una reazione che fa apparire la seconda linea grigia sulla striscia. Cerchiamo di capire bene: non è che il colore della frutta si trasferisce direttamente alla striscia, se così fosse il test sarebbe da buttare via prima ancora di iniziare, dato che, a differenza di quello che sembrano ritenere i falsologi, anche il muco può avere diverse variazioni di colore, più o meno gialle, e quindi basterebbe avere un muco leggermente colorato per risultare positivi. Chiunque agiti questo argomento, o è un idiota, o cerca scientemente di buggerare gli altri.
Il liquido, che sia esso faringeo o da frutta, viene miscelato con una sostanza che dovrebbe “spezzare” il virus eventualmente presente, liberando le proteine del nucleo-capside del virus. Se il virus è presente, le tre gocce della soluzione che vengono immesse nella striscia dovrebbero contenere la proteina del virus, e dato che la striscia contiene un anticorpo specifico, questo si attiva generando una reazione che produce la seconda striscia grigia. Solo per fare piazza pulita della sciocchezza del colore: l’anticorpo non è sensibile al colore, non è che se mangi un frutto colorato il sistema immunitario si attiva a causa del colore. L’anticorpo è cieco, e si attiva solo se riconosce a livello molecolare l’antigene, in questo caso la proteina virale, per cui dovrebbe essere specifico.
Quindi, il fatto che il test rapido si attivi anche in presenza di sostanze chiaramente non proteiche come i liquidi della frutta (e tra l’altro non si attiva e risulta negativo in rapporto a sostanze altamente proteiche come uovo e formaggio), indica chiaramente come si tratti di un test inaffidabile.
Ma come ho spiegato tante altre volte, non è che i tamponi PCR siano più affidabili: non avendo il virus isolato a disposizione, e soprattuto utilizzando sempre da 40 a 50 cicli di PCR, anche i tamponi PCR generano risposte del tutto casuali che nulla hanno a che fare col presunto virus (come vedremo ulteriormente in seguito). Detto questo, qui sosterrò che, dall’interno della teoria ufficiale del Covid-19, è comunque molto più sensato e onesto utilizzare i test antigienici rapidi rispetto a quelli PCR.
Dal negazionismo (verificazionismo) al positivismo scientista
A questo punto, avendo affermato la totale inaffidabilità dei tamponi di qualsiasi tipo, la cosa per me dovrebbe essere chiusa qui. Ma so che la stragrande maggioranza delle persone, i politici e i media tutti, partono dal presupposto che iil virus è stato isolato e identificato. Ecco che allora, se voglio ingaggiare i sostenitori della verità del virus patogeno, debbo dismettere i miei soliti panni, e vestire di nuovi, per quanto temporanei. Così, dismetto le vesti del negazionista (che poi la mia è più una posizione verificazionista: fornitemi le prove!), indossando quelle del positivista. Il positivismo giuridico, come è noto, è quella dottrina che accetta come legge tutto quello che il legislatore produce, senza mai discutere la moralità o l’appartenenza di ciò che il legislatore produce al diritto naturale. Il positivismo scientifico è la posizione di quella che Khun chiamava la “scienza normale”, che non pone mai in discussione gli assiomi fondanti, i presupposti, ma parte sempre dalla loro indiscussa accettazione. Così, per un po’ vesto i panni del positivismo scientista: in cuor mio so che il virus non è mai stato isolato e che non c’è nessuna prova della sua patogenicità; ma dato che devo interloquire con politici e magistrati che danno per scontato che il virus c’è e causi il Covid, e che di conseguenza i tamponi, rapidi o PCR, cerchino un patogeno reale e identificato, accetto i loro presupposti, e discuto dei due tipi di tampone dall’interno dell’approccio virologico ufficiale, valutando il loro essere più o meno efficaci nel rivelare l’effettiva realtà dell’infezione.
Test Covid: l’ammissione della OMS
La grande differenza tra i due tipi di test, l’antigenico rapido e il molecolare (PCR), è che il test PCR, utilizzando un elevato numero di cicli, rileva anche la singola molecola di acido nucleico corrispondente al gene del virus, e quindi da positivi anche casi in cui la carica virale è bassissima e tale da non essere un grado né di generare alcun sintomo (da cui l’elevato numero di positivi asintomatici), né di rendere il soggetto positivo infettivo; i test rapidi, invece, essendo centrati sul rilevare la proteina antigene del virus, nel caso in cui la carica virale sia molto bassa, avranno a disposizione pochissima quantità della proteina virale, non sufficiente ad attivare la risposta anticorpale; e quindi daranno risposte negative.
In questo senso, possiamo dire che mentre il test PCR rileva chiunque abbia anche la minima traccia del virus, anche con una carica virale bassissima o quasi inesistente, il test antigenico rapido da positività solo quando vi sia una carica virale sufficientemente elevata, e quindi tale da rendere il soggetto potenzialmente sintomatico e infettivo. Da questo punto di vista, anche se il test rapido è chiaramente meno “sensibile”, è anche vero che è utile per cercare chi possa veramente infettare, laddove il test PCR fa diventare positivi anche chi abbia una carica virale, e dunque una capacità infettiva, estremamente bassa o, considerando che per il Covid si utilizzano dai 40 ai 50 cicli, addirittura nulla.
Quando sono stati comparate le performance dei risultati del test rapido in rapporto al test PCR, si sono avuti diversi risultati: in uno studio, il test rapido ha rilevato i 2/3 dei positivi al tampone PCR1; in un altro studio ha rilevato solo 1/3 dei casi2. I bugiardini riportano una concordanza dell-85-90%.
La verità è che, nella pratica concreta, questi test rapidi intercettano solo gli individui con una carica virale elevata; anche se questo, per i propugnatori della emergenza a tutti i costi, è un difetto perché non consente di intercettare chiunque abbia anche solo una traccia irrilevante del SARS-Cov2, in realtà di tratta di un pregio, perché esclude tutti i falsi positivi
1 Atreyee B et al., Performance of Abbott ID Now COVID-19 Rapid Nucleic Acid Amplification Test Using Nasopharyngeal Swabs Transported in Viral Transport Media and Dry Nasal Swabs in a New York City Academic Institution, Journal of Clinical Microbiology, August 2020, Volume 58 Issue 8, pp. 1-7.
2 Scohy A et al. Low performance of rapid antigen detection test as frontline testing for T COVID-19 diagnosis, Journal of Clinical Virology 129 (2020) 104455
asintomatici e non infettivi.
Riprendiamo il certificato del test Covid che ho pubblicato qualche tempo fa:
In questo onesto certificato viene detto chiaramente: essendo stato il risultato di positività ottenuto con più di 35 cicli di PCR, “…tale condizione, in più del 95% dei casi, non è associata alla presenza di infettività”.
Come sollecitai allora: perché questa verità conosciuta da tutti non viene presa in considerazione dai politici? In fondo, ora anche l’OMS ha preso una posizione netta in proposito. Vediamo la prima affermazione OMS:
“…the probability that a person who has a positive result (SARS-CoV-2 detected) is truly infected with SARS-CoV-2 decreases as positivity rate decreases, irrespective of the assay specificity. Therefore, healthcare providers are encouraged to take into consideration testing results along with clinical signs and symptoms, confirmed status of any contacts, etc…”.
“La probabilità che una persona che risulti positiva (SARS-Cov 2 rilevato) sia effettivamente infetta con il SARS-Cov 2 diminuisce con la diminuzione dei tassi di positività, al netto della specificità del test. Perciò gli operatori della salute sono incoraggianti a prendere in considerazione i risultati del test insieme ai segni clinici a ai sintomi, ai contatti confermati, etc.”
Nonostante gli insulti dei falsologi e dei servi del regime, la OMS conferma quello che ho scritto a suo tempo: poiché la positività effettiva dipende anche dalla prevalenza (diffusione del virus nella popolazione), la probabilità che il test positivo sia effettivamente positivo in una situazione di bassa prevalenza (e in Italia noi siamo attorno all’1-2%) è molto ridotta. Continua l’OMS: