Covid, Stefano Scoglio( Candidato Nobel Medicina 2018) : La questione dell’isolamento del virus e della sua patogenicità secondo la legge dei cinque postulati di Koch

Covid, Scoglio( Candidato Nobel Medicina 2018) : La questione dell’isolamento del virus e della sua patogenicità secondo la legge dei cinque postulati di Koch

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Covid, Scoglio: La questione dell’isolamento del virus e della sua patogenicità secondo la legge dei cinque postulati di Koch

(AGENPARL) – Roma, 29 dicembre 2020 – In microbiologia esiste una regola d’oro, i postulati di Koch, sviluppati dal microbiologo tedesco Robert Koch:

1) il presunto agente responsabile della malattia in esame deve essere presente in tutti i casi riscontrati di quella malattia;

2) deve essere possibile isolare il microrganismo dall’ospite malato e farlo crescere in una coltura;

3) ogni volta che una coltura del microrganismo viene inoculata in un ospite sano, si riproduce la malattia;

4) il microrganismo deve poter essere isolato nuovamente dall’ospite infettato sperimentalmente.

Questi postulati sono in effetti dei principi logici elementari, perché l’unico modo di dimostrare la patogenicità di un microbo è quella di isolarlo da un paziente malato, metterlo in coltura, e verificare se tale coltura sia patogena (produttiva di malattia).

Nonostante alcuni cerchino di sostenere che i postulati di Koch non si possono applicare ai virus, ciò equivale a sostenere che la ricerca sui virus sarebbe esente dai requisiti basici di logica e senso comune, ed è per questo che tale posizione è minoritaria.

Ma partiamo dal primo passaggio dei postulati, ovvero l’isolamento del virus, essenziale per soddisfare non solo il secondo ma anche il primo postulato.

Innanzitutto, chiariamo cosa si intende per “isolamento”: come è evidente, isolare qualcosa significa separare quel qualcosa da qualsiasi altro componente e, nel caso dei microrganismi, separare fisicamente il microrganismo contenuto in un liquido o muco del paziente dal resto della matrice in cui si trova. Si presume che, dato che nel liquido bronco-alveolare o faringeo di un paziente Covid, il virus sia presente in maniera massiccia, non dovrebbe essere difficile isolarlo dal resto.

Vediamo come viene descritto il presunto isolamento del virus nello studio più importante, il primo e quello citato da tutti i successivi come prova dell’isolamento del virus.[1] Nello studio di Zhu et al. (equipe del Center for Disease Control Cinese) si parte, come sempre, dalla presa dei campioni di liquido dai pazienti:

“Quattro campioni dal tratto respiratorio inferiore, incluso il fluido del lavaggio broncoalveolare, sono stati raccolti da pazienti con polmonite per causa sconosciuta, identificati a Wuhan il 21 Dicembre 2019…”.

Una volta ottenuto il fluido del paziente, Zhu et al passano all’estrazione da tale fluido degli acidi nucleici, ovvero delle molecole di RNA e DNA:

“L’estrazione degli acidi nucleici dai campioni clinici (incluse le colture non infette che servivano come controllo) è stata portata termine con il High Pure Viral Nucleic Acid Kit, secondo la descrizione del produttore (Roche).”[2]

Lo studio da per scontato che il kit estragga solo RNA virale (d’altra parte si chiama High Pure Viral Nucleic Acid – elevata quantità di puri acidi nucleici virali). Tuttavia, il produttore stesso, Roche, nella documentazione relativa, afferma che il kit isola:

“…il totale degli acidi nucleici, inclusi gli acidi nucleici virali…Isola sia lo RNA sia il DNA, consentendo così la simultanea individuazione di entrambi i tipi di virus.”[3]

Alla faccia della specificità! Questo significa che il kit estrae una marea di acidi nucleici indifferenziati. Facciamo due conti. Nel corpo ci sono 30-40 trilioni di cellule; e secondo la maggior parte dei virologi, circa 400 trilioni di virus, 10 volte il numero di cellule umane. Considerando che di RNA messaggero (mRNA) ci sono in ogni cellula circa 360.000 unità; e che lo mRNA costituisce solo lo 1-5% di tutto lo RNA, in ogni cellula di mammifero ci sono da 7.2 a 36 Milioni di molecole di RNA; facciamo una via di mezzo e diciamo 20 Milioni. Quanto al DNA, essendo il DNA circa 2,5 volte meno dell’RNA, ce ne sono mediamente 8-10 Milioni di unità per cellula. In totale, dunque, in ogni cellula abbiamo mediamente 30 milioni di acidi nucleici umani.

Ci sono circa 5 miliardi di cellule per 1 ml di sangue o liquido umano. Zhu et al hanno usato 150 microL di liquido bronco-alveolare, che quindi contiene circa 750 milioni di cellule; ciascuna cellula contiene circa 30 Milioni di acidi nucleici di origine umana; il che significa che nella quantità di surnatante utilizzato ci sono circa 22.5 miliardi di acidi nucleici di origine umana. Si pensa poi che nel corpo umano ci siano circa 400 trilioni di virus. Ogni virus ha un filamento di RNA (o raramente due di DNA). Se prendiamo i 5 miliardi di cellule per ml di liquido umano, possiamo dire che nella stessa quota devono esserci, data la proporzione vista sopra di 1:10, circa 50 miliardi di virus, ciascuno con un filamento di RNA. Ciò porta la quantità totale di acidi nucleici nei 150 microL a : 7.5 miliardi di origine virale + 22.5 miliardi di origine umana; per un totale di circa 30 ​​miliardi di acidi nucleici!

E’ in questo mare di acidi nucleici che i ricercatori vogliono individuare il SARS-Cov2, ma senza sapere nulla del virus, dato che è la prima volta che si cerca di isolarlo! E quel virus sconosciuto è una parte infinitesimale di un oceano di particelle infinitesimali: insomma, è come cercare un ago in un pagliaio, oltretutto senza neppure sapere come è fatto l’ago!

Consapevoli di questo problema i ricercatori cercano di ridurre questa massa indifferenziata attraverso una complicata serie di operazioni che dovrebbe escludere la presenza della maggior parte degli altri virus e di alcuni dei principali batteri coinvolti nelle patologie respiratorie:

I campioni di acidi nucleici estratti sono stati testati per virus e batteri con la PCR (reazione a catena della polimerasi), usando il kit RespiFinderSmart22 (PathoFinder BV) e il LightCycler 480 sistema di real-time PCR…I campioni sono stati analizzati per 22 patogeni (18 virus e 4 batteri)…In aggiunta, un sequenziamento “unbiased” ad elevata produzione, come descritto in precedenza13, è stato usato per scoprire sequenze microbiche non identificabili attraverso i mezzi descritto sopra.”[4]

Quindi, attraverso l’uso di due strumenti, e principalmente del kit RespiFinder Smart22, gli autori presumono di aver escluso dai patogeni potenzialmente presenti, i 18 virus (tra cui i diversi virus dell’influenza e tutti gli altri coronavirus) e i 4 batteri (Bordetella pertussis, Chlamydia pneumoniae, Legionella pneumophila, and Mycoplasma pneumoniae) potenzialmente coinvolti nella patologia respiratoria dei pazienti. Tuttavia, anche qui emergono difficoltà insormontabili. Il kit principale, il RespiFinder Smart22, è stato testato da uno studio indipendente, che ha concluso:

“I kit RespiFinder-19 e RespiFinder-SMART-22A non sono riusciti ad individuare i virus dell’infuenza…”[5]

Questo, già di per sé, rende lo studio di Zhu et al sostanzialmente nullo, non avendo potuto eliminare dalla successiva RT-PCR i virus dell’influenza, che dunque potevano essere presenti, interferendo con l’identificazione del virus SARS-Cov2. Ma il fatto stesso che gli autori cerchino di utilizzare anche un metodo ulteriore, quello del sequenziamento NGS unbiased, mostra come loro stessi siano consapevoli della insormontabile difficoltà del cercare un singolo tipo di acido nucleico dello specifico virus nel mare di acidi nucleici presenti. Il metodo del unbiased Next Generation Sequencing (NGS) è infatti stato sviluppato proprio per cercare di superare le insormontabili difficoltà dei metodi PCR tradizionali. Ma la verità, come ha ammesso il Prof. Palù (neo-Presidente dell’AIFA) in un recente articolo, è che entrambe le metodiche, PCR e NGS, soffrono di insormontabili problemi in rapporto ai virus, specie quelli nuovi o emergenti:

“Le più comuni metodologie PCR usate richiedono la conoscenza delle sequenze genomiche del microrganismo; tuttavia, questa conoscenza non è sempre disponibile. Un caso tipico è quello dei patogeni emergenti.”

Qui si conferma quello che ho già affermato: quando si cerca un agente presuntivamente patogeno nuovo, non si hanno le sequenze genomiche necessarie per identificarlo; e senza tali sequenze l’uso diretto della PCR, che è una metodologia di amplificazione e moltiplicazione del materiale genetico raccolto, non fa che amplificare di tutto e di più, incluso il materiale genetico del paziente stesso. Ecco perché è stata sviluppato questo nuovo metodo, NGS (unbiased next generation sequencing), dove “unbiased” sta per “imparziale”, nel senso che il metodo amplifica tutto quello che trova senza preferenze, in modo universale: in questo modo, l’idea è che, non applicando delle sequenze geniche selettive sbagliate (perché non riferibili al patogeno sconosciuto), non si rischia di escludere proprio quello che si cerca, e quindi nel mare di materiale che si amplifica, ci sarà sicuramente anche il virus che si cerca. Il successivo passaggio, comparare il totale dei risultati ottenuti, con le banche dati dei microrganismi per eliminare tutti quelli conosciuti, è un passo avanti, ma non sufficiente:

“Poiché l’amplificazione casuale e universale amplifica gli acidi nucleici dell’ospite assume a quelli microbici, cercare per gli acidi nucleici microbici è come cercare per un ago in un pagliaio.”[6]

La presenza maggioritaria nei campioni di materiale genetico umano rende questa strategia estremamente complicata:

“Nello studio di Brown e collaboratori solo lo 0.4% del totale potè essere attribuito a un genoma non umano…mentre il 20% del materiale non umano non corrispondeva a nessuna sequenza dei database…”

Quindi, anche con questo metodo il 20% del materiale non umano (che rappresentava comunque solo lo 0,4% del tutto) [7] era sconosciuto, il che rende di nuovo impossibile qualsiasi specifico riconoscimento via PCR di un patogeno ancora sconosciuto, la cui identità affoga nel mare degli acidi nucleici sconosciuti, molti dei quali neppure registrati nei database.

Insomma, nonostante il gergo impenetrabile, e i numerosi, complicati metodi proposti per mostrare che il mare di molecole e acidi nucleici contenuti nel liquido bronco-alveolare è stato in qualche modo ridotto alle dimensioni di un grande lago, la verità è che in quel liquido ci sono miliardi di acidi nucleici appartenenti alle cellule umane, alle innumerevoli altre particelle “virali” del tutto innocue normalmente presenti nel nostro organismo, e soprattutto alla marea di vescicole extracellulari ed esosomi normalmente presenti nel nostro organismo.

In effetti, anche nell’ambito della microscopia elettronica, le cui foto dovrebbero sopperire con l’immagine del virus al mancato isolamento, si coglie l’assoluta impossibilità di distinguere i virus dagli esosomi, particelle prodotte dal nostro organismo e che svolgono una lunga serie di funzioni utili alla salute, incluso il trasporto delle cellule immunitarie e delle staminali adulte.[8] Gli esosomi rappresentano forse la quota maggiore delle EVs, e sono oggetto di numerosi studi da oltre 50 anni. Anche se pochi hanno sentito parlare di queste particelle benefiche, la letteratura scientifica su di essi è gigantesca, e solo su PubMed, se uno digita “exosome”, vengono forniti oltre 14.000 studi! Non possiamo entrare qui nel dettaglio di EVs ed esosomi, ma è importante sottolineare come essi siano indistinguibili dai virus, come è immediatamente visibile al microscopio elettronico[9]:

Come si può vedere, il più grande degli esosomi ha la stessa dimensione e la stessa struttura del corona-virus, ed è dunque plausibile ritenere che, nel grande mare delle particelle contenute nel surnatante del liquido bronco-alveolare dei pazienti, ciò che vien preso per SARS-Cov2 non sia spesso che un esosoma. D’altra parte, sono gli stessi ricercatori sugli esosomi che ammettono l’impossibilità di distinguere i virus dalle vescicole extra-cellulari e dagli esosomi:

“Negli ultimi decenni, la similarità tra EVs e particelle virali è diventata progressivamente evidente. Virus e EVs condividono diversi aspetti, come la dimensione, la composizione strutturale e biochimica, e il trasporto di molecole bioattive dentro le cellule…Oggigiorno, è una missione quasi impossibile separare EVs e virus attraverso i metodi canonici di isolamento delle vescicole, come l’ultra-centrifugazione, perché entrambi sono spesso co-pelletate (NdA: raccolte assieme), a causa della loro dimensione simile…al momento, un metodo affidabile che possa garantire effettivamente la separazione completa non esiste.”[10]

Più chiaro di così? Ciò che viene preso per virus può essere benissimo una vescicola extra-cellulare o un esosoma, o materiale virale diverso o addirittura genoma umano, senza che vi sia possibilità di saperlo veramente. Di certo il SARS-Cov2 non è mai stato isolato. Anche il test di patogenicità di Zhu et al si è limitato a testare la cito-tossicità (tossicità sulle cellule in coltura) da parte del surnatante del liquido bronco-alveolare, utilizzato dagli autori come se fosse SARS-Cov2 (e abbiamo visto abbondantemente sopra come in quel surnatante ci sia di tutto e solo ipoteticamente, senza nessuna prova, il presunto SARS-Cov 2). A parte il limite di un test meramente in vitro, l’unico risultato ottenuto è stato che mentre il gruppo di cellule in cui è stato iniettato il liquido bronco-alveolare ha avuto una leggera tossicità dopo 96 ore (4 gg), il gruppo di cellule a cui è stato iniettato un liquido inerte di controllo, ha avuto lo stesso livello di tossicità, solo dopo 6 gg invece di 4; cosa probabilmente dovuta al fatto che per il gruppo del test sono state usate cellule di carcinoma polmonare umano, più deboli di quelle usate invece per il gruppo di controllo, le E6 Vero cells (che sono anch’esse più suscettibili alla tossicità delle normali cellule umane, ma sicuramente meno suscettibili delle cellule cancerose umane).[11]

D’altra parte, un’altra equipe cinese, utilizzando lo stesso materiale (definito impropriamente “isolato”) di Zhu et al., lo ha testato per la patogenicità sui topi, e il risultato è stato che sui topi normali l’effetto dell’iniezione è stato nullo, mentre solo su topi geneticamente modificati, gli effetti del terribile virus sono stati un leggero arruffamento del pelo e una leggera perdita temporanea di peso.[12]

Essendo evidente che i ricercatori del CDC Cinese non hanno effettuato nessun isolamento del virus, occorre precisare che, per una strana convenzione della virologia, si accetta l’idea che isolamento sia eguale a sequenziamento genico. E infatti, Zhu et al., non avendo affatto isolato il virus, cosa che dovrebbe essere preliminare al sequenziamento genico (come fai a sequenziare il genoma di un organismo sconosciuto?), procedono comunque al sequenziamento:

“Lo RNA estratto dal fluido broncoalveolare e dalla coltura del surnatante è stato usato come modello (template) per clonare e sequenziare il genoma. Abbiamo usato una combinazione di sequenziamento Illumina e sequenziamento tramite nanopori, per caratterizzare il genoma del virus. Le sequenze lette sono state assemblate in mappe di contigs (un set di segmenti di DNA sovrapposti) con l’uso del CLC Genomics soAware, versione 4.6.1 (CLC Bio). Specifici primer sono stati in seguito disegnati per la PCR…”

Si tratta di un passaggio piuttosto oscuro per i profani, ma d’altra parte l’esoterismo linguistico-concettuale è uno dei punti di forza “politica” della virologia.

Cercherò di spiegarne i passaggi più importanti. Il primo punto importante è capire che il materiale su cui hanno fatto il sequenziamento è sempre quel centrifugato del liquido broncoalveolare contenente ogni tipo di RNA, di tutti i possibili virus, degli eventuali batteri e, soprattutto, di tutte le vescicole extracellulari ed esosomi umani. Dopodiché, le metodiche utilizzate per sequenziare, come ad esempio i nanopori, sono sicuramente interessanti, avendo una capacità filtrante al livello nanometrico dei virus; peccato che quel livello nanometrico è lo stesso delle vescicole extracelluari e degli esosomi, oltreché di tutti gli altri eventuali virus. Quindi, come si fa a dire che la sequenza ottenuta appartenga a quello che è stato poi chiamato SARS-Cov2, e non a qualche altro virus o, molto più probabilmente a qualche particella di genoma umano?

In seguito, i ricercatori hanno utilizzato la PCR per “…riempire i buchi del genoma”. La PCR, che sta per Reazione a Catena delle Polimerasi, è una tecnica che consente di amplificare il DNA. Nel caso dei virus, che hanno quasi sempre RNA, questo RNA deve essere convertito in DNA attraverso dei primers, piccole sequenze geniche che si dovrebbero attaccare (annealing) all’RNA che si cerca per raddoppiarlo in DNA complementare (cDNA). Anche qui il problema è che, essendo il virus ancora sconosciuto, i primers sono definiti in modo del tutto ipotetico. Quindi, non solo il materiale sequenziato è la complessa matrice con miliardi di frammenti di RNA (e DNA) estratta dal liquido dei pazienti; ma nel momento in cui il sequenziamento deve essere integrato e completato tramite la PCR, la sequenza genica utilizzata per “pescare” il famoso ago nel pagliaio, è minimale (18-24 nucleotidi per un virus che si dice avere circa 30.000 nucleotidi), e del tutto ipotetica.

Ne deriva che quello che si ottiene è una sequenza casuale, che molto probabilmente non ha nulla a che fare con il presunto, specifico virus. A riprova di questo, il fatto che già all’origine, col primo studio cinese, Zhou et al. hanno prodotto ben 3 sequenze geniche diverse del SARS-Cov2, una per ciascun paziente:

“Il nuovo coronavirus è stato identificato in 3 pazienti. Due sequenze quasi complete sono state ottenute dal fluido del lavaggio broncalveolare…e una sequenza completa è stata ottenuta dal virus isolato da un altro paziente…Le complete sequenze geniche dei tre nuovi coronavirus sono state sottoposte al GISAID..”[13]

Cerchiamo di capire bene: sin dal primo momento, di un virus mai isolato fisicamente e mai identificato nella sua forma fisica, sono state prodotte 3 sequenze geniche diverse, nonostante tutte e tre i ricercatori le abbiano chiamate con lo stesso nome 2019-nCov (poi cambiato in SARS-Cov2). Insomma, che questo corona virus fosse potente, almeno a livello politico e mediatico, lo sapevamo, ma che fosse sin dal’inizio uno e trino, come un Essere ben più importante, non ce lo aspettavamo. Sarà per questo potere “divino” che oggi al GISAID, del SARS-Cov2, ci sono ben 650.000 sequenziamenti genici diversi. In altre parole, il Covid coronavirus è sempre lo stesso, ma ha sviluppato 650.000 incarnazioni!

Qualcuno potrebbe dire che il virus muta, ma una tale rapidità di mutamento significherebbe che muta oltre 2,000 volte al giorno! E soprattutto, è talmente mutevole da essere mutato sin dai primi 3 pazienti, assumendo una forma diversa in ciascuno di essi? E’ chiaro che tutta questa assurdità logica e fattuale è possibile solo perché il virus non è stato isolato, non ha nessuna specifica identità, e ognuno può sbizzarrirsi a farsene una sua versione privata. Ma occorrerebbe ricordarsi che se uno è dappertutto, al contempo non è in nessun posto…E tali miracoli sono possibili solo a esseri “spirituali”, non certo a uno dei più piccoli frammenti inanimati di materia organica, che solo questo è un virus…

Tutte le volte che sostengo queste posizioni, in Italia mi si dice: ma allo Spallanzani il virus l’hanno isolato; al Sacco il virus l’hanno isolato, e così via. Ma basta leggere l’articolo dello Spallanzani[14] per vedere che utilizza esattamente le stesse metodologie di Zhou et al., ed è dunque afflitto dagli stessi problemi. Inutile ripetere di nuovo per lo Spallanzani ciò che ho già spiegato per lo studio cinese di Zhou et al.

In conclusione, il virus SARS-Cov2 non è mai stato isolato nel senso comune del termine. I virologi ormai si sono abituati a chiamare “isolamento” quella che è la coltura del surnatante del liquido centrifugato del paziente su delle cellule di rene di scimmia; ma chiamare una cosa per un’altra non rende la cosa quella che si dichiara essere.

Non essendo mai stato isolato il virus, qualsiasi ulteriore discorso sulla patogenicità del virus, ovvero della sua capacità di generare le polmoniti Covid; così come qualsiasi test che dichiari di cercare il virus; e infine qualsiasi vaccino che voglia sconfiggere il virus; semplicemente sono giganti dai piedi di argilla, del tutto privi di qualsiasi fondamento scientifico.

E per chiudere tornando all’inizio e chiudendo il cerchio,   abbiamo visto come la possibilità di dichiarare che un microrganismo causi una patologia debba reggersi sui postulati di Koch. Ebbene, sono gli stessi ricercatori cinesi a dichiarare, al termine del loro studio: “Sebbene il nostro studio non soddisfi i postulati di Koch…”[15]

Lo dichiara all’Agenparl il Dr. Stefano Scoglio, Ph.D.- (Candidato Nobel per la Medicina 2018)

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[1] Zhu N et al, A Novel Coronavirus from Patients with Pneumonia in China, 2019, N Engl J Med. 2020 Feb 20; 382(8): 727–733.

[2] ibid., p. 728-29.

[3] https://lifescience.roche.com/en_it/products/high-pure-viral-nucleic-acid-kit.html

[4] Zhu N et al, A Novel Coronavirus from Patients with Pneumonia in China, 2019, N Engl J Med. 2020 Feb 20; 382(8): 727–733, p. 2.

[5] Dabisch-Ruthe M et al, Comparison of three multiplex PCR assays for the detection of respiratory viral infections: evaluation of xTAG respiratory virus panel fast assay, RespiFinder 19 assay and RespiFinder SMART 22 assay, BMC Infectious Diseases, volume 12, Article number: 163 (2012).

[6] Calistri A. Palù G., Unbiased Next-Generation Sequencing and New Pathogen Discovery: Undeniable Advantages and Still-Existing Drawbacks, Clinical Infectious Diseases® 2015;60(6):889–91, p.889.

[7] Brown JR et al. Astrovirus VA1/HMO-C: an increasingly recognised neurotropic pathogen in immunocompromised patients. Clin Infect Dis 2015; 60:881-8.

[8] Yáñez-Mó M et al. (2015). “Biological properties of extracellular vesicles and their physiological functions”. J Extracell Vesicles. 4: 27066.

[9] L’immagine è tratta da una diapositiva proiettata in un video dal dr. Andrew Kaufmann.

[10] Giannessi F et al., The Role of Extracellular Vesicles as Allies of HIV, HCV and SARS Viruses, Viruses 2020, 12, 571; pp. 572-4.

[11] Zhu N et al, A Novel Coronavirus from Patients with Pneumonia in China, 2019, N Engl J Med. 2020 Feb 20; 382(8): 727–733, p.6.

[12] Bao L et al, (2020. The pathogenicity of SARS-CoV-2 in hACE2 transgenic mice, Nature, vol 583,  pp. 830–833.

[13] Zhu et al, ibid., p. 7.

[14] Stefanelli P. et al., Whole genome and phylogenetic analysis of two SARSCoV- 2 strains isolated in Italy in January and February 2020: additional clues on multiple introductions and further circulation in Europe, Euro Surveill. 2020;25(13):pii=2000305.

[15] Zhu N et al, A Novel Coronavirus from Patients with Pneumonia in China, 2019, N Engl J Med. 2020 Feb 20; 382(8): 727–733, p.8.