Posizione dell’Academy of Nutrition and Dietetics: Diete Vegetariane (e diete Vegane)

Posizione dell’Academy of Nutrition and Dietetics: Diete Vegetariane (e diete Vegane)

AND Report

Fonte: Position of the Academy of Nutrition and Dietetics: Vegetarian Diets. J Acad Nutr Diet. 2016 Dec;116(12):1970-1980

Traduzione a cura di Silvia Goggi e Luciana Baroni.
>> Posizione ufficiale del 2009.

Abstract

E’ posizione dell’Academy of Nutrition and Dietetics che le diete vegetariane correttamente pianificate, comprese le diete totalmente vegetariane o vegane, sono salutari, nutrizionalmente adeguate e possono apportare benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie. Queste diete sono adatte in tutti gli stadi del ciclo vitale, inclusi la gravidanza, l’allattamento, la prima e la seconda infanzia, l’adolescenza, l’età adulta, per gli anziani e per gli atleti.

Le diete a base vegetale sono maggiormente sostenibili a livello ambientale rispetto alle diete ricche di prodotti di origine animale, in quanto utilizzano quantità inferiori di risorse naturali e sono associate ad un minor danno ambientale.

Vegetariani e vegani hanno un minor rischio di sviluppare determinate condizioni patologiche, tra cui malattie ischemiche cardiache, diabete di tipo 2, ipertensione, alcuni tipi di cancro, e obesità. Il ridotto apporto di grassi saturi e l’elevato consumo di verdura, frutta, cereali integrali, legumi, derivati della soia, frutta secca e semi oleaginosi (tutti alimenti ricchi di fibre e sostanze fitochimiche) rappresentano le caratteristiche delle diete vegetariane e vegane responsabili di una riduzione del colesterolo LDL e di un miglior controllo glicemico. Questi fattori contribuiscono alla riduzione del rischio di sviluppare malattie croniche. I vegani devono ricorrere a fonti affidabili di vitamina B-12, come alimenti fortificati o integratori.

Nota: In questo articolo il termine “vegetariano” quando usato da solo farà riferimento sia alle diete latto-ovo-vegetariane che vegane. Quando invece utilizzato in accoppiamento o contrapposizione al termine “vegano” si riferisce ad individui che scelgono una dieta vegetariana latto-ovo-, latto-, o ovo-vegana a meno che non sia diversamente specificato.

Indice

Posizione Ufficiale (Position Statement)

E’ posizione dell’Academy of Nutrition and Dietetics che le diete vegetariane correttamente pianificate, comprese le diete totalmente vegetariane o vegane, sono salutari, nutrizionalmente adeguate, e possono apportare benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie. Queste diete sono adatte in tutti gli stadi del ciclo vitale, inclusi la gravidanza, l’allattamento, la prima e la seconda infanzia, l’adolescenza, l’età adulta, per gli anziani e per gli atleti. Le diete a base vegetale sono maggiormente sostenibili a livello ambientale rispetto alle diete ricche di prodotti di origine animale, in quanto utilizzano quantità inferiori di risorse naturali e sono associate ad un minor danno ambientale.

I modelli alimentari vegetariano e vegano possono essere molto diversi, a causa della varietà delle scelte alimentari disponibili e dei diversi fattori che spingono le persone ad adottare questi modelli.

Le persone scelgono di adottare un’alimentazione di tipo vegetariano per molte ragioni, come il rispetto degli animali, il desiderio di proteggere l’ambiente, o perché desiderano ridurre il rischio di sviluppare o patologie croniche o per la loro gestione non farmacologica.

Una dieta vegetariana correttamente pianificata che contenga verdure, frutta, cereali integrali, legumi, frutta secca e semi oleaginosi è in grado di garantire l’adeguatezza nutrizionale della dieta. Le diete vegetariane sono prive di alimenti carnei (come la carne, il pollame, la selvaggina, il pesce, i frutti di mare e i loro derivati).

I modelli di alimentazione vegetariana più seguiti sono riassunti nella Tabella 1. Adottare una dieta vegetariana può comportare un ridotto apporto di determinati nutrienti; tuttavia, le carenze possono essere prontamente evitate attraverso un’adeguata pianificazione della dieta.

Tipo di dieta Natura della dieta (tutte sono prive di alimenti carnei, compreso il pesce)
Vegetariana Può includere o meno uova e latticini
Latto-ovo-vegetariana Include uova e latticini.
Latto-vegetariana Include i latticini, ma non le uova.
Ovo-vegetariana Include le uova e i loro derivati, ma non i latticini.
Vegana Esclude le uova e i latticini, può escludere il miele. (NdT: la scelta vegana esclude sempre il miele, in quanto prodotto animale.)
Vegana crudista Si basa sul consumo di verdure, frutta, frutta secca e semi oleaginosi, legumi e cereali germogliati. La percentuale di alimenti consumati crudi può variare dal 75% al 100%

L’alimentazione vegetariana in prospettiva

Tendenze di mercato

Secondo un sondaggio condotto a livello nazionale (NdT: negli Stati Uniti) nel 2016, circa il 3,3% degli americani adulti segue una dieta vegetariana o vegana (non consumano mai carne, pollame, o pesce), e i vegani rappresentano circa il 46% tra questi [1]. Lo stesso sondaggio ha rivelato che il 6% dei giovani adulti (da 18 a 34 anni) è vegetariano o vegano, mentre solo il 2% dei soggetti oltre i 65 anni sono vegetariani. Le vendite di prodotti di origine vegetale alternativi alla carne hanno raggiunto i 553 milioni di dollari nel 2012, registrando un aumento dell’8% in 2 anni. E’ stato inoltre osservato che il 36% del campione totale intervistato nel sondaggio ha comunque consumato alternative vegane alla carne, soprattutto nella fascia d’età tra i 18 ei 44[1, 2].

Gli alimenti vegetali (NdT: cereali, legumi e derivati della soia, frutta secca e semi oleaginosi, frutta e verdura) sono alla base della dieta vegetariana, mentre alcuni alimenti trasformati e fortificati, come ad esempio le bevande vegetali, gli analoghi della carne e i cereali da colazione, possono contribuire in modo sostanziale all’assunzione di alcune sostanze nutritive nei vegetariani.

Le diete a base vegetale, tra cui quelle vegetariane e vegane, stanno diventando sempre più accettate dal pubblico, come è stato rilevato da molte istituzioni governative e senza scopo di lucro che incoraggiano questa scelta. L’American Institute for Cancer Research (NdT: Istituto Americano per la Ricerca sul Cancro) incoraggia l’adozione di una dieta a base vegetale, suggerendo agli americani di consumare i 2/3 della dieta a partire da verdura, frutta, cereali integrali e legumi [3]. Nelle linee guida per la sana alimentazione 2015-2020 dirette alla popolazione americana, le diete vegetariane sono raccomandate come uno dei tre modelli alimentari salutari, e il documento include piani alimentari esemplificativi per coloro che seguono un’alimentazione di tipo latto-ovo-vegetariana e vegana [4]. Il National School Lunch Program, pur non prevedendo menù vegetariani nelle scuole, chiede però che le scuole aumentino la quantità di frutta, verdura e cereali integrali presenti negli attuali menù scolastici.

Coloro che seguono una dieta vegetariana possono ora contare anche su un supporto tecnologico. Sebbene finora non esistano applicazioni online dedicate esclusivamente alle diete vegetariane, alcune di queste permettono ai clienti vegetariani e vegani di selezionare questo tipo di piani dietetici. Queste applicazioni per dispositivi mobili consentono ai vegetariani di conoscere i propri fabbisogni dietetici, di monitorare l’assunzione quotidiana dei nutrienti e individuare ristoranti e negozi in cui sono disponibili cibi vegani. Uno strumento di questo genere è disponibile all’indirizzo www.SuperTracker.usda.gov ed è parte integrante del programma Choose My Plate del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti [5].

Considerazioni Nutrizionali per i Vegetariani

Proteine

Le diete vegetariane, comprese le diete vegane, in genere soddisfano – o addirittura superano – la quota di proteine raccomandata se il fabbisogno calorico è rispettato [6, 7, 8]. I termini complete e incomplete sono fuorvianti quando riferiti alle proteine di origine vegetale. Le proteine provenienti da una varietà di alimenti vegetali consumati nel corso della giornata apportano quantità sufficienti di tutti gli aminoacidi indispensabili (essenziali), quando il fabbisogno calorico viene garantito [7]. L’uso regolare di legumi e prodotti derivati dalla soia è in grado di garantire un apporto proteico adeguato per i vegetariani, oltre a fornire altri nutrienti essenziali [9]. Le diete fruttariane apportano in genere quantitativi ridotti di proteine e altri nutrienti. Una dieta vegetariana bilanciata soddisfa il fabbisogno proteico a tutte le età, anche negli atleti [7, 8].

Acidi Grassi Omega-3

Mentre le assunzioni di acido alfa-linolenico (ALA) di vegetariani e vegani sono simili a quelle dei non-vegetariani, le assunzioni giornaliere di acidi grassi omega-3 a lunga catena, acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosaesaenoico (DHA), sono inferiori nei vegetariani e tipicamente nulle nei vegani [10, 11]. Rispetto ai non-vegetariani, i livelli ematici e tissutali di EPA e DHA possono essere significativamente più bassi [10, 11].

Non è nota l’importanza clinica di ridotti livelli di EPA e DHA nei vegetariani e vegani [11, 12]. Gli acidi grassi omega-3 a lunga catena sono importanti per lo sviluppo e il mantenimento dell’integrità di cervello, retina e membrane cellulari, e hanno un impatto favorevole sugli outcome della gravidanza e sul rischio di malattie cardiovascolari (CVD) e altre patologie croniche [6, 13, 14]. Tuttavia, i bambini vegetariani e vegani non mostrano una compromissione dello sviluppo visivo e cognitivo, e i vegetariani e vegani adulti beneficiano di un abbattimento del rischio di patologie cardiovascolari [10, 11, 15].

L’ALA è convertito mediante una reazione endogena in EPA e DHA, ma il processo è un in qualche modo inefficiente, ed è influenzato dal sesso, dalla composizione della dieta, dallo stato di salute e dall’età. Elevati apporti di acido linoleico (LA) possono inibire la conversione dell’ALA in EPA e DHA [11, 13]. Un rapporto LA/ALA non superiore a 4: 1 è stato suggerito per mantenere la conversione a livelli ottimali [7, 10, 14].

I livelli di assunzione di riferimento per l’ALA in uomini e donne sono rispettivamente di 1.6 g/die e 1.1 g/ die [4]. Nei vegetariani e nei vegani può essere prudente assicurare assunzioni di ALA più elevate [8, 10]. Le fonti vegetali più concentrate di acidi grassi omega-3 sono i semi (lino, Chia, camelina, colza e canapa), le noci, e i loro oli [8, 10]. L’evidenza suggerisce che i fabbisogni di acidi grassi omega-3 di individui sani possano essere soddisfatti solo a partire dall’ALA, e che la sintesi endogena di EPA e DHA da ALA sia sufficiente per mantenere livelli stabili per molti anni [11-14]. Integratori di DHA di derivazione microalgale a basso dosaggio sono disponibili per tutti i vegetariani con un aumentato fabbisogno (i.e. gravidanza o allattamento) o con una ridotta capacità di conversione (i.e. ipertensione o diabete) [10].

Ferro

I vegetariani assumono in genere con la dieta le stesse quantità di ferro degli onnivori, o addirittura quantità leggermente maggiori [16]. Pur avendo quindi assunzioni di ferro simili [17], le riserve di ferro dei vegetariani sono in genere ridotte rispetto a quelle dei non-vegetariani. Bassi livelli di ferritina sierica possono rappresentare un vantaggio, poiché livelli elevati di ferritina sierica sono fattori di rischio indipendenti per lo sviluppo di sindrome metabolica [18].

La preoccupazione riguardo lo stato del ferro dei vegetariani è generata dalla diversa biodisponibilità del ferro non-eme a partire dagli alimenti vegetali. L’assorbimento del ferro non-eme dipende dalle richieste di ferro dell’organismo, ed è regolato in parte dallo stato delle riserve di ferro. L’assorbimento del ferro può variare notevolmente, a seconda della composizione del pasto e dello stato del ferro dell’individuo. La biodisponibilità del ferro non-eme è influenzata dal rapporto con gli inibitori dell’assorbimento, quali fitati e polifenoli, ed esaltatori, come vitamina C, acido citrico e altri acidi organici [19].

In una recente rassegna della letteratura si è visto che l’assorbimento del ferro non-eme può variare dall’1% al 23%, a seconda dello stato del ferro e della presenza all’interno del pasto di esaltatori o inibitori dell’assorbimento [20]. Un’equazione di recente sviluppo permette di prevedere la frazione di assorbimento del ferro a partire dai livelli di ferritina sierica e dai fattori dietetici che influenzano l’assorbimento del ferro. Quando i livelli di ferritina sono bassi, la composizione della dieta influenza grandemente l’assorbimento del ferro [20]. L’assorbimento del ferro non-eme può raggiungere valori fino a 10 volte maggiori nei soggetti con deficit di ferro, rispetto agli individui non carenti.

L’assunzione di ferro raccomandata per i vegetariani nel 2001 è maggiorata dell’80% rispetto a quella per i non-vegetariani. Questa raccomandazione deriva dal presupposto che la biodisponibilità del ferro derivante da una dieta vegetariana è del 10%, mentre la biodisponibilità del ferro derivante da una dieta non-vegetariana è del 18% [21]. Queste ipotesi sono state formulate sulla base di una quantità di dati molto limitata, a partire da studi sull’assorbimento del ferro nel singolo pasto, strutturato però in modo molto diverso rispetto a ciò che la maggior parte dei vegetariani dei paesi occidentali consuma.

Ora sappiamo che gli individui possono adattarsi e assorbire il ferro non-eme in maniera più efficiente [22]. L’entità dell’effetto degli esaltatori e degli inibitori dell’assorbimento del ferro può diminuire con il tempo [23]. I soggetti sono in grado di adattarsi a un basso apporto di ferro con la dieta nel corso del tempo, riducendo le perdite di questo minerale [24]. In uno studio, l’assorbimento totale del ferro era aumentato in modo significativo di quasi il 40% dopo 10 settimane di consumo di una dieta a bassa biodisponibilità [22].

Gli individui con ridotte scorte di ferro possono aumentare notevolmente l’assorbimento di questo minerale a partire da diete a moderata o elevata biodisponibilità di ferro. Il processo di assorbimento sembra in grado di adattarsi efficacemente nel caso dei vegetariani occidentali, dal momento che i loro valori di emoglobina e la maggior parte degli altri marcatori dello stato del ferro sono simili ai valori osservati nei soggetti non vegetariani [7].

Zinco

Rispetto a controlli non-vegetariani, gli studi dimostrano che i vegetariani adulti hanno assunzioni alimentari di zinco simili o leggermente inferiori, e che presentano livelli ematici di zinco più bassi rispetto ai non-vegetariani, ma comunque all’interno dei range di normalità [7, 25]. Non sembrano esserci conseguenze negative per la salute dei vegetariani adulti che possano essere attribuite a un ridotto stato dello zinco, probabilmente a causa di meccanismi omeostatici che permettono agli adulti di adattarsi a una dieta vegetariana. Non c’è evidenza di una manifesta carenza di zinco nei vegetariani occidentali. Per quanto riguarda le fasce più a rischio (anziani, bambini e donne in gravidanza e in allattamento), non vi sono prove sufficienti per stabilire se i livelli di zinco in queste fasce siano più basse nei vegetariani rispetto ai non-vegetariani [25]. Fonti di zinco per i vegetariani comprendono prodotti derivati dalla soia, legumi, cereali, formaggio, semi oleaginosi e frutta secca. Alcune tecniche di preparazione del cibo, come ammollo e la germogliazione dei cereali, della frutta secca e dei semi oleaginosi, così come la lievitazione acida del pane possono ridurre il legame tra acido fitico e zinco, aumentandone così la biodisponibilità [26].

Acidi organici, come l’acido citrico, possono migliorare in una certa misura l’assorbimento dello zinco [26].

Iodio

Dal momento che le diete a base vegetale possono essere a basso contenuto di iodio, i vegani che non consumano nessuna tra le principali fonti vegane di iodio, come il sale iodato o le alghe, possono essere a rischio di carenza [7, 27]. Il contenuto di iodio nelle alghe è molto variabile e alcune possono contenere notevoli quantità di iodio [28]. Le assunzioni di iodio non dovrebbero superare il livello massimo di tollerabilità che per l’adulto è fissato a 1.100 mcg [29]. Le donne vegane in età fertile devono integrare l’alimentazione con 150 mcg/die di iodio [27, 29]. Il sale marino, il sale kosher e i condimenti salati, come il tamari, non sono generalmente iodati [7] e negli alimenti trasformati non viene utilizzato sale iodato. I prodotti lattiero-caseari possono contenere iodio, anche se la quantità può variare in modo considerevole [7] Anche se alcuni alimenti come la soia, le verdure crucifere e le patate dolci contengono gozzigeni naturali, questi alimenti non sono stati associati con insufficienza tiroidea nelle persone sane, a condizione che l’assunzione di iodio fosse adeguata [7 , 8, 29, 30].

Calcio

Le assunzioni di calcio dei latto-ovo-vegetariani in genere soddisfano o superano le raccomandazioni, mentre nei vegani sono molto variabili e talora inferiori alle raccomandazioni [7]. Un’importante considerazione da fare è che la biodisponibilità del calcio nei cibi di origine vegetale dipende dal contenuto di ossalati e, in misura minore, di fitati e fibre. L’assorbimento di calcio a partire dalle verdure ad elevato contenuto di ossalati, come spinaci, rape verdi e bietole, può essere ridotto fino al 5%. Perciò questi alimenti non possono essere considerate buone fonti di calcio, nonostante il loro elevato contenuto.

Al contrario, l’assorbimento a partire da verdure a basso contenuto di ossalati come cavolo riccio, cime di rapa e cavolo cinese è di circa il 50% [31]. L’assorbimento dal tofu cagliato con sali di calcio e dalla maggior parte delle bevande vegetali addizionate è simile a quello del latte vaccino, e pari a circa il 30% [32, 33]

Altri alimenti vegetali come i fagioli bianchi, le mandorle, il tahin, i fichi e le arance, forniscono moderate quantità di calcio con biodisponibilità un poco più bassa (circa il 20%). Confrontando i diversi sali di calcio utilizzati per la fortificazione degli alimenti, la biodisponibilità del calcio-citrato-malato è di almeno 36%, mentre per altre forme la biodisponibilità è di circa il 30% [34]. I professionisti della nutrizione (NdT negli Stati Uniti Registered Dietician Nutritionists RDNs e Nutrition and Dietetics Technicians NDTRs ) possono aiutare i clienti a soddisfare il proprio fabbisogno di calcio, incoraggiando il consumo regolare di buone fonti alimentari di calcio e, se necessario, utilizzando integratori di calcio a basso dosaggio.

Vitamina D

Lo stato della vitamina D dipende dall’esposizione alla luce solare e dall’assunzione di alimenti arricchiti di vitamina D o di integratori [35]. L’entità della produzione cutanea di vitamina D dopo esposizione alla luce solare è molto variabile e dipende da una serie di fattori, tra cui l’ora del giorno, la stagione, la latitudine, l’inquinamento atmosferico, la pigmentazione della pelle, l’uso di filtri solari, l’abbigliamento che copre la pelle e l’età [35, 36]. Basse assunzioni di vitamina D sono state segnalate in alcuni vegetariani e vegani, così come bassi livelli di 25-idrossi-vitamina D nel plasma o nel siero, questi ultimi in particolare quando il campione di sangue veniva prelevato in inverno o in primavera, e soprattutto in quei soggetti che vivono ad alte latitudini [36].

Fonti di vitamina D a partire dalla dieta e integratori, sono comunemente necessari per soddisfare il fabbisogno di questo nutriente (NdT: non solo nei vegetariani, ma nella popolazione generale). Alimenti fortificati con vitamina D includono il latte vaccino, alcuni tipi di latte vegetale, succhi di frutta, cereali per la colazione e margarine. Anche le uova possono fornire vitamina D. Funghi trattati con la luce ultravioletta possono costituire un’importante fonte di vitamina D [36, 37].

Sia la vitamina D-2 che la vitamina D-3 sono utilizzate negli integratori e nella fortificazione degli alimenti. La vitamina D-3 (colecalciferolo) può essere di origine sia vegetale che animale, mentre la vitamina D-2 (ergocalciferolo) è prodotta dall’irradiazione ultravioletta dell’ergosterolo dal lievito. A basse dosi, la vitamina D-2 e la vitamina D-3 sembrano essere equivalenti, ma a dosi più elevate la vitamina D-2 sembra essere meno efficace della vitamina D-3 [36]. Se l’esposizione al sole e l’assunzione di cibi fortificati sono insufficienti a soddisfare le esigenze sono raccomandati integratori di vitamina D, soprattutto per i soggetti più anziani [35, 36, 38]. Poiché la vitamina D influenza un gran numero di vie metaboliche oltre al metabolismo osseo [35, 38], alcuni esperti raccomandano dosi giornaliere di vitamina D dalle 1.000 alle 2.000 UI, o anche superiori.

Vitamina B12

La vitamina B-12 non è un componente degli alimenti vegetali [7, 39]. I cibi fermentati (come il tempeh), le alghe nori, spirulina e clorella e il lievito alimentare non fortificato non possono essere considerati come fonti affidabili o adeguate di B-12 [39, 40]. I vegani devono consumare regolarmente fonti affidabili, ovvero alimenti addizionati di vitamina B-12 o integratori contenenti vitamina B-12, per non sviluppare una carenza di questa vitamina, come mostrato in studi su neonati, bambini e adulti vegani [8, 39]. Anche la maggior parte dei vegetariani dovrebbe includere nella dieta queste fonti affidabili di B-12, dal momento che 1 tazza di latte e un uovo al giorno forniscono solo circa i due terzi dell’Assunzione Dietetica Raccomandata (Recommended Dietary Allowance – RDA) [7, 39, 40].

I sintomi precoci di una grave carenza di B-12 sono un’insolita stanchezza, formicolii alle dita delle mani o dei piedi, difficoltà cognitive, cattiva digestione e ritardo di crescita nei bambini piccoli. Una carenza subclinica di vitamina B-12 è responsabile di elevati livelli ematici di omocisteina. Le persone che assumono poco o per nulla la vitamina B-12 possono sentirsi in buona salute; tuttavia, il deficit subclinico a lungo termine può portare a ictus, demenza e compromettere la salute dell’osso [7, 8, 41]. I test di laboratorio per valutare lo stato della vitamina B-12 includono la determinazione dei livelli sierici di acido metilmalonico, la determinazione nel plasma o nel siero della vitamina B-12 totale e della olo-transcobalamina sierica (Holo-TC o Holo-TCII) [8, 39, 41].

Normalmente l’assorbimento della vitamina B-12 avviene via fattore intrinseco, che viene saturato a circa metà dell’Assunzione Dietetica Raccomandata (Recommended Dietary Allowance – RDA), e richiede un tempo da 4 a 6 ore prima di poter permettere un ulteriore assorbimento [40]. Quindi è meglio assumere gli alimenti arricchiti due volte durante il corso della giornata. Un secondo meccanismo di assorbimento è la diffusione passiva ad un tasso dell’1%, consentendo così consumi meno frequenti di dosi maggiori attraverso un integratore. Sono state elaborate delle raccomandazioni per quanto riguarda l’assunzione di tali dosi (ad esempio, da 500 a 1000 mg di cianocobalamina più volte a settimana) [8, 39].

Le quattro forme di B-12 si differenziano tra loro in base al tipo di ligando che contengono. La cianocobalamina è la forma più comunemente usata nei cibi fortificati e negli integratori a causa della sua stabilità. La metilcobalamina e l’adenosilcobalamina sono le forme utilizzate nelle reazioni enzimatiche dell’organismo; queste forme sono disponibili come integratore ma non sembrano essere più efficaci della cianocobalamina, e possono richiedere dosi più elevate rispetto alla RDA. L’idrossicobalamina è la forma che viene usata per le iniezioni [8, 42].

Diete vegetariane nella prevenzione e nella terapia delle malattie croniche

A condizione che venga effettuata un’adeguata educazione alimentare, una dieta vegetariana terapeutica non differisce in termini di aderenza rispetto ad una dieta onnivora [43]. Come con l’attuazione di qualsiasi dieta, utilizzare una varietà di strategie di counseling, inclusi colloqui di motivazione, sedute frequenti, dimostrazioni di cucina e incentivi può migliorare i risultati quando si utilizza una dieta vegetariana a scopo terapeutico.

Sovrappeso e obesità

Con più di due terzi della popolazione americana in sovrappeso o obesa e in continuo aumento [44] i professionisti della nutrizione devono essere consapevoli delle evidenze scientifiche a supporto dell’uso di diete vegetariane e vegane per raggiungere e mantenere un peso sano. Un peso corporeo sano è associato ad una migliore funzione cardiovascolare [45] e a una migliore sensibilità insulinica [46], oltre a contribuire a ridurre il rischio di altre patologie croniche [45].

Modelli alimentari a base vegetale sono anche associati a valori più bassi di indice di massa corporea (BMI; calcolato come kg/m2). Nell’Adventist Health Study-2, il BMI medio era il più alto (28,8 kg/m2) in coloro che mangiavano carne e il più basso in coloro che evitavano tutti i prodotti di origine animale (23,6 kg/m2) [47]. Analogamente, nell’EPIC-Oxford Study, i ricercatori hanno trovato il BMI medio più alto tra coloro che mangiavano carne (24,4 kg/m2) e il più basso tra i vegani (22,5 kg/m2) [48]. Nello studio svedese Mammography Cohort, i ricercatori hanno trovato che la prevalenza di sovrappeso o di obesità era del 40% tra gli onnivori e del 25% tra i vegetariani [49].

La ricerca indica che l’uso terapeutico di una dieta vegetariana è efficace per il trattamento del sovrappeso, e può funzionare meglio delle alternative onnivore per lo stesso scopo. Due meta-analisi di studi di intervento hanno dimostrato che l’adozione di diete vegetariane si associava ad una perdita di peso maggiore rispetto al gruppo a dieta di controllo [50, 51]. Una dieta vegana con un gruppo di supporto strutturato e terapia comportamentale è stata associata a una maggior perdita di peso a 1 e 2 anni rispetto alla dieta del National Cholesterol Education Program [52]

Patologie cardiovascolari, incluse dislipidemia, cardiopatia ischemica e ipertensione arteriosa

Le diete vegetariane sono associate ad una riduzione del rischio di patologie cardiovascolari (CVD) [15, 53]. Le diete vegetariane migliorano vari fattori modificabili di rischio cardiovascolare, tra cui l’obesità addominale, la pressione arteriosa [54, 55] il profilo lipidico [56] e la glicemia [42, 57]. Le diete vegetariane inoltre provocano una diminuzione dei livelli dei markers di infiammazione come la proteina C-reattiva, riducono lo stress ossidativo e proteggono dalla formazione di placche aterosclerotiche [58]. Di conseguenza, i vegetariani hanno un ridotto rischio di sviluppare e di morire di cardiopatia ischemica [15, 53, 59].

Le diete vegane sembrano essere più potenti nel migliorare i fattori di rischio cardiovascolare [55, 57]. L’EPIC-Oxford Study [60] ha rivelato che chi segue una dieta vegana assume le maggiori quantità di fibra, le minori di grassi totali e grassi saturi, e il suo peso corporeo e i livelli di colesterolo sono i più bassi, quando confrontati con gli onnivori e agli altri vegetariani. Una meta-analisi di 11 studi randomizzati controllati ha trovato che i partecipanti che venivano assegnati a una dieta vegetariana sperimentavano una sostanziale riduzione del colesterolo totale, del colesterolo associato a lipoproteine a bassa densità (LDL) e del colesterolo associato a lipoproteine ad alta densità (HDL), il che corrispondeva a una riduzione di circa il 10% del rischio di malattie cardiache [56]. La dieta vegetariana si è dimostrata particolarmente efficace per gli individui normopeso e sovrappeso, ma meno efficace per i soggetti obesi, sottolineando quindi l’importanza di un intervento dietetico precoce per la riduzione del rischio a lungo termine [56].

Nell’Adventist Health Study-2, tra 73.308 avventisti, i ricercatori hanno trovato che i vegetariani avevano una riduzione del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e cardiopatia ischemica di, rispettivamente, il 13% e il 19% rispetto ai non-vegetariani [15]. Una precedente analisi proveniente dallo studio EPIC ha trovato che i vegetariani hanno un rischio del 32% più basso di ospedalizzazione o di morte per patologie ischemiche cardiache [53].

I vegetariani godono di un minor rischio di malattie cardiache in virtù del consumo regolare e variato di verdura, frutta, cereali integrali, legumi e frutta secca. Le diete vegane a basso contenuto di grassi e le diete vegetariane, in combinazione con altri fattori dello stile di vita, tra cui l’abolizione del fumo e la riduzione del peso, si sono dimostrate in grado di invertire il processo aterosclerotico [61]. I fattori di rischio per la malattia coronarica, come ad esempio i livelli di colesterolo totale e LDL, il peso corporeo e l’adiposità, migliorano entro breve tempo dall’adozione di una dieta vegetariana, anche senza l’uso di farmaci ipocolesterolemizzanti [61].

Rispetto ai non-vegetariani, i vegetariani hanno una minore prevalenza di ipertensione. I risultati dello studio EPIC-Oxford hanno mostrato che nei vegani si riscontravano i più bassi valori di pressione sanguigna sistolica e diastolica e i più bassi tassi di ipertensione tra i gruppi che seguivano diversi tipi di dieta (vegani, vegetariani, pescivori e carnivori) [62]. I dati dell’Adventist Health Study-2 hanno confermato che i vegani hanno livelli più bassi di pressione sanguigna e la più bassa prevalenza di ipertensione tra tutti i vegetariani, significativamente più bassi di coloro che mangiano carne [55]. Una meta-analisi che ha confrontato la pressione arteriosa di oltre 21.000 soggetti in tutto il mondo, ha mostrato che coloro che seguono una dieta vegetariana hanno la pressione sistolica di circa 7 mmHg e la pressione diastolica 5 mmHg inferiori rispetto ai soggetti studiati che consumano un dieta onnivora [63].

Diabete

Rispetto agli onnivori, i latto-ovo-vegetariani e i vegani hanno un rischio inferiore di sviluppare diabete di tipo 2. L’Adventist Health Study-2 ha riportato che coloro che i carnivori hanno una prevalenza di diabete di più che doppia rispetto ai latto-ovo-vegetariani e ai vegani, anche dopo aggiustamento per il BMI [47].

Tra coloro che non presentavano diabete, l’Adventist Health Study ha rilevato che la probabilità di sviluppare la malattia era ridotta del 77% per i vegani e del 54% per i latto-ovo-vegetariani, rispetto ai non-vegetariani (dopo l’aggiustamento per l’età). Anche dopo che i dati sono stati aggiustati per il BMI e per altri fattori confondenti (NdT: cioè è stata rimossa l’influenza di questi fattori sul risultato finale), l’associazione è rimasta forte: i vegani mostravano una probabilità ridotta del 62% di sviluppare il diabete, mentre i latto-ovo-vegetariani del 38% [64].

Prevenzione

Negli ultimi due decenni, studi prospettici osservazionali e studi clinici di intervento hanno fornito evidenza significativa che le diete ricche di cereali integrali, frutta, verdura, legumi, semi oleaginosi e frutta secca, e povere di cereali raffinati, carni rosse o trasformate e di bevande zuccherate sono in grado di ridurre il rischio di diabete e migliorano il controllo glicemico e il profilo lipidico in pazienti con diabete [65]. L’assunzione di cereali integrali è stata associata in modo consistente a un minor rischio di sviluppare diabete, anche dopo aggiustamento per il BMI [66]. Il consumo di legumi, che sono alimenti a basso indice glicemico, può apportare benefici per il diabete, riducendo i livelli di glucosio sia postprandiale che dopo il pasto successivo, effetto noto come “effetto del secondo pasto” [67]. Una meta-analisi ha dimostrato che un maggior consumo di frutta o verdura, in particolare verdure verdi, era associato ad una riduzione significativa del rischio di diabete di tipo 2 [68]. Nel Nurses’ Health Study I e II, un maggiore consumo di frutta secca, in particolare di noci, è stato associato ad un rischio ridotto di diabete [69]. Al contrario, le carni rosse e trasformate sono risultate fortemente associate con concentrazioni di glucosio e di insulina a digiuno più elevate e con un maggior rischio di diabete [70]. Potenziali fattori eziologici per l’associazione tra carne e diabete sono i contenuti di acidi grassi saturi, di prodotti avanzati della glicosilazione, di nitrati e nitriti, di ferro eme, di trimetilammina-N-ossido, di aminoacidi ramificati e di intereferenti endocrini [70].

Trattamento

In uno studio clinico randomizzato di intervento che ha confrontato una dieta vegana a basso contenuto di grassi con una dieta basata sulle linee guida dell’American Diabetes Association, nel gruppo che aveva seguito la dieta vegana è stato osservato un maggiore miglioramento del controllo glicemico, del profilo lipidico e del peso corporeo [71]. In uno studio randomizzato controllato della durata di 24 settimane condotto su pazienti con diabete di tipo 2, il gruppo che seguiva una dieta vegetariana isocalorica ha riportato maggiori miglioramenti nella sensibilità insulinica, nella riduzione del grasso viscerale e una maggiore riduzione dei marker infiammatori rispetto coloro che seguivano una dieta convenzionale per diabetici [72].

Secondo una meta-analisi di sei studi clinici controllati, le diete vegetariane sono risultate associate a un miglioramento del controllo glicemico in soggetti con diabete di tipo 2 [73]. I modelli alimentari vegetariani e vegani caratterizzati da cibi vegetali ricchi di fibre nutrienti, riducono il rischio di diabete di tipo 2 e servono come efficace strumento terapeutico nella gestione del diabete di tipo 2.

Cancro

I risultati dell’Adventist Health Study-2 hanno mostrato che le diete vegetariane sono associate ad un minor rischio di tutti i tipi di cancro, e in particolare a un minor rischio di cancro dell’apparato gastrointestinale. Inoltre, una dieta vegana ha mostrato di essere più efficace di qualsiasi altro pattern dietetico nel ridurre l’incidenza di tutti i tipi di cancro [74]. Recentemente è stato riportato che le diete vegane riducono il rischio di cancro alla prostata del 35% [75]. Una meta-analisi di sette studi ha riportato che i vegetariani mostravano un’incidenza di tutti i tipi di cancro ridotta del 18% rispetto ai non-vegetariani [59].

Studi epidemiologici hanno consistentemente dimostrato che il consumo regolare di frutta, verdura, legumi, cereali integrali si associa ad un ridotto rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro [76]. Diverse sostanze fitochimiche come sulforafano, acido ferulico, genisteina, indolo-3-carbinolo, curcumina, epigallocatechina-3-gallato, diallil-disolfuro, resveratrolo, licopene e quercetina, contenute in verdura, legumi, frutta, spezie e cereali integrali, possono fornire protezione contro il cancro [77, 78]. Queste sostanze fitochimiche sono note per interferire con svariati processi cellulari coinvolti nella progressione del cancro [79].

I vegetariani consumano tipicamente livelli più elevati di fibra rispetto ad altre diete. Lo studio EPIC, che coinvolge 10 paesi europei, ha riportato una riduzione del 25% del rischio di cancro colonrettale per coloro che assumevano la maggior quantità di fibre rispetto a coloro che ne assumevano la più bassa quantità [80]. In due grandi coorti statunitensi, invece, è stata osservata una correlazione positiva tra il consumo di carne rossa trasformata e il rischio di cancro al colon-retto [81]. È stato visto inoltre che il consumo di carne processata aumenta il rischio di morire di cancro [82]. In una revisione sistematica e meta-analisi di 26 studi epidemiologici, si è visto che il rischio relativo di sviluppare adenomi colonrettali era di 1,27 volte (NdT: il 27% in più) per ogni 100 g di carne rossa al giorno, e di 1,29 volte (NdT: il 29% in più) per ogni 50 g al giorno di carne lavorata [83].

Osteoporosi

Studi sull’osso hanno riportato che i vegetariani hanno livelli simili o leggermente ridotti di densità minerale ossea rispetto agli onnivori, e che i vegani in genere mostrano i livelli più bassi [84]. Queste differenze sono relativamente modeste, e sembrano non essere di rilevanza clinica, a condizione che i nutrienti critici siano adeguatamente forniti dalla dieta.

Le diete vegetariane sono associate a diversi fattori benefici per la salute dell’osso, tra cui un elevato consumo di frutta e verdura; un abbondante apporto di magnesio, potassio, vitamina K, vitamina C; un carico acido relativamente basso [36]. Al contrario, le diete vegetariane possono compromettere la salute delle ossa qualora contengano livelli insufficienti di calcio, vitamina D, vitamina B-12 e proteine [36]. Lo studio EPIC-Oxford ha registrato un aumento del 30% del rischio di fratture nei vegani, ma nessun aumento del rischio di fratture nei latto-ovo-vegetariani rispetto ai non-vegetariani. Tuttavia, quando nella valutazione sono stati inclusi solo i vegani che assumevano più di 525 mg/die di calcio, non è più stata rilevata alcuna differenza nel rischio di fratture tra i gruppi [84]. L’Adventist Health Study-2 ha riportato che un consumo più frequente di legumi e di analoghi della carne riduceva il rischio di frattura dell’anca, con un effetto protettivo maggiore rispetto alla carne [85]. Le proteine hanno un impatto neutro o leggermente positivo sulla salute dell’osso [36]. Un insufficiente apporto di vitamine D e B-12 sono stati correlati a una bassa densità minerale ossea, e a un aumento del rischio di frattura e osteoporosi [36].

Per raggiungere e mantenere un’ottima salute delle ossa, vegetariani e vegani devono essere ben consigliati di soddisfare la RDA per tutti i nutrienti, in particolare calcio, vitamina D, vitamina B-12 e proteine, e di consumare abbondanti quantità di verdura e frutta [36].

Le diete vegetariane nel corso del ciclo vitale

Le diete vegane, latto-vegetariane e latto-ovo-vegetariane correttamente pianificate sono appropriate, soddisfano le esigenze nutrizionali e promuovono una crescita normale in tutte le fasi del ciclo vitale, compresi la gravidanza e l’allattamento, la prima e la seconda infanzia, l’adolescenza, l’età adulta, l’età anziana, e sono adeguate anche per gli atleti.

Gravidanza ed allattamento

I dati limitati disponibili in letteratura scientifica indicano che laddove l’accesso al cibo è adeguato, gli esiti della gravidanza vegetariana, come il peso alla nascita e la durata della gravidanza, sono simili a quelli delle gravidanze non-vegetariane [7, 86, 87]. In uno studio, l’utilizzo di una dieta vegetariana nel primo trimestre di gravidanza ha comportato un minor rischio di un eccessivo aumento di peso nel corso della gravidanza [88]. Una dieta materna ad alto contenuto di alimenti vegetali può ridurre il rischio di complicanze nel corso della gravidanza, come il diabete gestazionale [88, 89].

Le linee guida dell’Academy of Nutrition and Dietetics sul tema “Nutrizione e stile di vita per una gravidanza sana” [90, 91] forniscono indicazioni utili alle donne vegetariane in gravidanza. Particolare attenzione è richiesta per il ferro, lo zinco, la vitamina B-12, EPA e DHA [87, 89].

A seconda del modello dietetico scelto, le donne vegetariane in gravidanza possono presentare una assunzione totale di ferro più elevata rispetto alle donne non-vegetariane, e utilizzano con maggiore frequenza integratori di ferro [92 ]. A causa del potenziale rischio di assunzioni inadeguate e dei potenziali effetti negativi della carenza di ferro, un integratore con un basso dosaggio di ferro (30 mg) è raccomandato in gravidanza [93]. L’integrazione può avvenire tramite un integratore specifico per donne in gravidanza, un integratore di solo ferro o una combinazione di questi. Non sono disponibili prove sufficienti che le assunzioni di zinco e i livelli ematici di zinco in gravidanza differiscano tra donne vegetariane e non-vegetariane [87, 89]. A causa delle maggiori richieste di zinco in gravidanza e della più bassa biodisponibilità dello zinco nelle diete ad alto contenuto di fitati a partire da cereali e legumi, si raccomanda di aumentare l’assunzione dietetica di zinco attraverso tecniche di preparazione dei cibi che ne migliorano la biodisponibilità, [7, 8, 29]. Le donne vegetariane in gravidanza e in allattamento hanno bisogno di assumere regolari ed adeguate fonti di vitamina B-12, sia attraverso la dieta che attraverso una supplementazione di vitamina B-12 [7, 8, 89, 91].

I neonati nati da madri vegetariane presentano ridotti livelli ematici di DHA, così come ridotta è e la concentrazione di DHA nel latte di madri vegetariane [7, 8].

Questi acidi grassi omega-3 possono essere in parte sintetizzati a partire dall’acido alfa-linolenico, ma il tasso di conversione è basso (sebbene comunque più efficiente nel corso della gravidanza) [8, 89].

Le donne vegetariane in gravidanza e allattamento possono trarre beneficio da una fonte diretta di EPA e DHA di derivazione microalgale [8, 91].

Neonati, bambini e adolescenti

L’allattamento al seno esclusivo è raccomandato per i primi 6 mesi di vita [94]. Se l’allattamento al seno non è possibile, il latte artificiale formulato dovrebbe costituire la bevanda principale per il primo anno. Gli alimenti complementari devono essere ricchi di energia, proteine, ferro e zinco, e possono includere tra gli altri l’hummus, il tofu, i legumi ben cotti, e purè di avocado [8]. Si possono iniziare a dare al bambino il latte di soia fortificato e i prodotti lattiero-caseari interi già ad un anno di età, in quei bambini che crescono normalmente e che mangiano una varietà di cibi [95]. I bambini e gli adolescenti vegetariani presentano un rischio inferiore rispetto ai loro coetanei non-vegetariani di sviluppare sovrappeso e obesità. I bambini e adolescenti il cui BMI è nel range di normalità, hanno maggiore probabilità anche da adulti di avere un BMI nel range di normalità, con una conseguente significativa diminuzione del rischio di malattia [96]. Altri benefici di una dieta vegetariana nell’infanzia e nell’adolescenza includono un maggiore consumo di frutta e verdura, minor consumo di dolci e snack salati e minori assunzioni di grassi totali e grassi saturi [97]. Il consumo di diete vegetariane equilibrate nei primi anni di vita permette di stabilire corrette abitudini alimentari in modo permanente [8].

Il picco di età di insorgenza dei disturbi del comportamento alimentare più comuni è durante l’adolescenza. I disturbi del comportamento alimentare hanno una eziologia complessa, e l’aderenza in precedenza ad una dieta vegetariana o vegana non sembra aumentare il rischio di sviluppare un disturbo del comportamento alimentare, anche se alcuni adolescenti con un disturbo del comportamento alimentare preesistente possono scegliere queste diete per ridurre l’assunzione di cibo [7, 8].

I nutrienti che possono richiedere attenzione nella pianificazione di diete nutrizionalmente adeguate per i giovani vegetariani comprendono il ferro, lo zinco, la vitamina B-12 e, per alcuni, calcio e vitamina D. I valori medi di assunzione di proteine da parte dei bambini vegetariani generalmente raggiungono o superano i valori raccomandati [7]. I fabbisogni di proteine per i bambini vegani possono essere leggermente superiori a quelli dei bambini non vegani, a causa delle differenze nella digeribilità delle proteine e nella composizione amminoacidica [7]. È stato suggerito un incremento del fabbisogno proteico per i vegani da 1 a 2 anni del 30% – 35%, da 2 a 6 anni del 20% – 30% e per i bambini di età superiore a 6 anni del 15% – 20% in più [7, 95]. Anche se fattori dietetici possono limitare l’assorbimento di ferro e zinco, carenze di questi minerali sono rare nei bambini vegetariani nei paesi industrializzati [98]. Lo stato del ferro e dello zinco dei bambini che seguono diete vegetariane di tipo restrittivo (NdT: es. fruttariana, crudista, igienista) deve essere invece monitorato. Una supplementazione di ferro e zinco può rendersi necessaria in questi casi [98]. Le assunzioni di vitamina B-12 dovrebbero sempre essere verificate nei bambini vegani, e alimenti fortificati o integratori dovrebbero essere utilizzati per garantire una adeguato stato nutrizionale di questa vitamina [7].

Anziani

L’assunzione di nutrienti degli anziani vegetariani sembra essere simile o migliore rispetto a quella dei non-vegetariani più anziani, anche se ricerche passate [7] hanno evidenziato assunzioni di zinco più basse e una maggiore incidenza di carenza di ferro tra i vegetariani [86, 99]. Il fabbisogno calorico generalmente diminuisce con l’avanzare dell’età, mentre la richiesta di alcuni nutrienti aumenta; perciò è importante che tutte le persone anziane scelgano diete ad elevata densità di nutrienti.

Alcune evidenze suggeriscono che le proteine vengono utilizzate in modo meno efficiente con l’invecchiamento, il che può tradursi in una maggiore richiesta di proteine [100]. È quindi importante per gli anziani che seguono una dieta vegetariana o vegana, includere nella propria dieta cibi ricchi di proteine come i legumi e gli alimenti a base di soia. Gli analoghi della carne possono essere utili fonti di proteine. Le persone anziane sintetizzano la vitamina D in modo meno efficiente, ed è probabile che abbiano bisogno di assumere un integratore, specialmente se l’esposizione al sole è limitata [35].

Le assunzioni raccomandate di calcio più elevate per gli anziani possono essere soddisfatte più facilmente quando vengono inclusi nella dieta cibi fortificati, come latti vegetali (NdT: addizionati con calcio). La richiesta di vitamina B-6 aumenta con l’invecchiamento, e può essere superiore alle RDA attuali stabilite per le persone anziane. La gastrite atrofica è comune tra le persone di età superiore ai 50 anni, e può portare a un ridotto assorbimento della vitamina B-12 a partire da prodotti di origine animale. Di conseguenza molte persone anziane, a prescindere dalla dieta, richiedono una supplementazione di vitamina B-12.

Aspetti ambientali

Le diete a base vegetale sono più sostenibili a livello ambientale rispetto alle diete ricche di prodotti di origine animale, in quanto utilizzano meno risorse naturali e sono associate ad un minor impatto ambientale [101-105]. L’attuale consumo di diete ricche di carne e prodotti caseari a livello mondiale è considerato da alcuni ricercatori non più sostenibile [101, 103, 105].

La revisione sistematica della letteratura condotta dal comitato scientifico delle Dietary Guidelines for Americans fornisce le prove che le diete a più elevato contenuto di alimenti vegetali e a più basso contenuto in alimenti di origine animale (come una dieta vegetariana) sono associate ad un minore impatto ambientale [106]. Molti scienziati ritengono che una sostanziale riduzione dei prodotti provenienti da allevamenti nella dieta degli esseri umani sia un modo importante per invertire il cambiamento climatico [105].

Rispetto alle diete onnivore, le diete vegetariane utilizzano meno risorse idriche e meno combustibili fossili, e utilizzano minori quantità di pesticidi e fertilizzanti [107]. Sostituire la carne bovina con i legumi ridurrebbe in modo significativo l’impatto ambientale in tutto il mondo. Per produrre 1 kg di proteine a partire da fagioli viene utilizzata 18 volte meno terra, 10 volte meno acqua, 9 volte meno energia, 12 volte meno fertilizzanti e 10 volte meno pesticidi in confronto alla produzione di 1 kg di proteine a partire dalla carne [108]. Inoltre, la produzione di carne di manzo genera molte più deiezioni animali rispetto a qualsiasi altra produzione di alimenti di origine animale [108].

Secondo la US Environmental Protection Agency, circa il 70% di tutto l’inquinamento delle acque di fiumi e laghi negli Stati Uniti è il risultato dell’inquinamento da allevamenti [109]. L’agrozootecnia è associata con il degrado del territorio, con l’inquinamento atmosferico, la perdita di biodiversità e il riscaldamento globale [104, 110]. La produzione di carne contribuisce in modo significativo alle emissioni di anidride carbonica, di metano e di protossido d’azoto causate da attività umane [101, 103, 111]. Facendo dei calcoli basati su 210 alimenti comuni, le emissioni di gas serra di una dieta vegetariana sono risultate essere il 29% in meno rispetto a una dieta non-vegetariana [112], mentre una dieta vegana può avere emissioni di gas serra di oltre il 50% in meno rispetto ad un dieta non vegetariana [102].

Nonostante siano disponibili nuove tecnologie per l’allevamento degli animali, un recente studio ha rilevato che le emissioni di gas a effetto serra derivanti dalla produzione e dal consumo di prodotti di origine animale si sono ridotte solo del 9%, anche a fronte di una catena produttiva più efficiente [113]. Gli autori hanno concluso che per raggiungere l’obiettivo prefissato di una corretta temperatura globale, la diminuzione di emissioni di gas serra necessaria è tale da “richiedere una drastica riduzione del consumo globale a lungo termine di cibo animale” [113]. Altri hanno suggerito che la riduzione della produzione animale ha un maggiore potenziale nel ridurre le emissioni di gas serra rispetto a “soluzioni tecnologiche od ottimizzazione della produttività” [105].

L’uso di antibiotici negli animali da allevamento come promotori della crescita e nella prevenzione e il trattamento delle malattie degli animali ha generato batteri resistenti agli antibiotici. Questa resistenza agli antibiotici può essere trasmessa all’uomo attraverso il consumo di alimenti di origine animale ed è ad oggi un importante problema di salute pubblica, poiché sta causando malattie difficili da trattare, e un conseguente aumento della morbilità, della mortalità e dei costi dell’assistenza sanitaria [105, 114].

Ruoli, responsabilità e risorse per i professionisti della nutrizione

Le diete vegane e le diete vegetariane possono fornire significativi benefici per la salute rispetto alle diete non-vegetariane. Soddisfare i fabbisogni energetici con una dieta nutrizionalmente adeguata e basare l’alimentazione su una varietà di verdure, legumi, frutta, cereali integrali, frutta secca e semi oleaginosi può massimizzare questi benefici.

I professionisti della nutrizione possono giocare un ruolo chiave nell’educare i vegetariani sulle fonti di nutrienti e sugli alimenti utili nella gestione di determinate malattie croniche. Al fine fornire consigli più efficaci per l’adozione e l’attuazione di una dieta vegetariana o vegana, i professionisti della nutrizione devono conoscere ed avere accesso ai materiali didattici che forniscono raccomandazioni su una sana alimentazione.

Il programma ChooseMyPlate promosso dal Ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti propone menu latto-ovo-vegetariani e vegani, collocando i legumi, la frutta secca e i semi oleaginosi e i prodotti derivati dalla soia nel gruppo alimentare dei cibi proteici, insieme alle uova per gli ovo-vegetariani [115]. Il latte di soia fortificato è indicato come alternativa al latte vaccino e viene consigliato il consumo di alimenti arricchiti di calcio (succhi di frutta, cereali, pane, latte di riso e latte di mandorle), così come il cavolo riccio, come fonti di calcio [116, 117].

Guide all’alimentazione vegana che si ispirano al programma ChooseMyPlate del Ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti sono disponibili on-line, e comprendono raccomandazioni in materia di fonti di calcio, vitamina B-12, iodio, e acidi grassi omega-3 (www.vrg.org/nutshell/MyVeganPlate.pdf; www.becomingvegan.ca/food-guide; www.theveganrd.com/food-guide-for-vegans).

Risorse per professionisti e consumatori evidence-based sono disponibili sul sito web del Vegetarian Nutrition Dietetic Practice Group’s (www.vegetariannutrition.net). Queste risorse sono regolarmente aggiornate e forniscono informazioni sui nutrienti critici nelle situazioni specifiche delle diverse fasi del ciclo vitale nelle diete a base vegetale.

Di seguito sono elencati siti web che promuovono scelte alimentari e raccomandazioni basate sull’evidenza, sia per i professionisti della nutrizione che per il pubblico. Ulteriori raccomandazioni sono riportate nella Evidence Analysis Library, un servizio gratuito per tutti i membri dell’Academy of Nutrition and Dietetics. Inoltre, tutti i professionisti della nutrizione hanno l’obbligo etico di rispettare le abitudini alimentari vegetariane, così come farebbero con qualsiasi altro modello alimentare.

Siti web

Siti web che forniscono informazioni sulla nutrizione vegetariana, il cibo e gli argomenti collegati, sia per professionisti che per consumatori. Molti di questi siti forniscono materiali didattici di alta qualità per i professionisti della nutrizione e altri operatori sanitari. Questi siti forniscono all’utente nozioni di educazione alimentare per quanto riguarda la nutrizione vegetariana durante tutto il ciclo vitale, i nutrienti su cui porre attenzione, proposte di pasti e di sostituzioni a base vegetale per gli ingredienti non vegetariani.

www.vndpg.org
I benefit per i membri del Vegetarian Nutrition Dietetic Practice Group (VNDPG) comprendono risorse e informazioni rivolte ai professionisti della nutrizione e una newsletter quadrimestrale
www.vegetariannutrition.net
Il sito dedicato al pubblico del Vegetarian Nutrition Dietetic Practice Group. Contiene un blog di nutrizione vegetariana basata sull’evidenza, oltre che risorse per i consumatori curate da professionisti della nutrizione.
www.vrg.org
Il Vegetarian Resource Group fornisce informazioni sull’alimentazione, ricette, esempi di menù e letture raccomandate riguardanti la nutrizione vegetariana.
www.PCRM.org
Il Physicians Committee for Responsible Medicine si occupa di medicina preventiva, attraverso programmi innovativi, offrendo anche materiale divulgativo per i pazienti.
www.veganhealth.org
Questo sito offre raccomandazioni basate sull’evidenza per coloro che seguono diete a base vegetale.
www.nutritionfacts.org
Contiene brevi videoclip e articoli su numerosi aspetti della nutrizione vegetariana, con relative riferimenti scientifici.
www.vegweb.com
VegWeb offre ricette vegetariane, una community e un blog.
www.vegetarian-nutrition.info
Vegetarian Nutrition Info fornisce al pubblico articoli, bibliografia utile e notizie.

Conclusioni

L’interesse e l’apprezzamento nei confronti delle diete a base vegetale continuano a crescere negli Stati Uniti e in altre parti del mondo, dal momento che sia le agenzie governative che le varie organizzazioni che si occupano di salute e nutrizione promuovono l’uso regolare di alimenti vegetali.

L’ampia offerta di mercato di alimenti 100% vegetali facilita l’aderenza a questo tipo di dieta. Le diete vegetariane correttamente pianificate forniscono un adeguato apporto di sostanze nutritive in tutte le fasi del ciclo vitale, e possono anche essere utili nella gestione terapeutica di alcune malattie croniche. La composizione nutrizionale complessiva, come valutata dall’Alternative Healthy Eating Index, è in genere migliore nelle diete vegetariane e vegane rispetto a diete onnivore. Anche se alcune diete vegetariane possono essere a basso contenuto di determinate sostanze nutritive, come il calcio e la vitamina B-12, questo aspetto può essere facilmente affrontato attraverso una pianificazione corretta.

Rispetto alle diete non-vegetariane, le diete vegetariane possono fornire una protezione da molte malattie croniche, come le malattie cardiovascolari, l’ipertensione, il diabete di tipo 2, l’obesità e alcuni tipi di cancro. Inoltre, una dieta vegetariana potrebbe conservare maggiormente le risorse naturali del pianeta e causare un minore degrado ambientale. Un’ampia varietà di risorse divulgative è oggi disponibile, e i professionisti della nutrizione hanno a disposizione maggiori informazioni aggiornate sulle diete vegetariane, che li mettono in grado di assistere al meglio il pubblico generale e i clienti vegetariani nel prendere decisioni ben informate sulla loro salute nutrizionale.

Credits

Questa posizione dell’Academy of Nutrition and Dietetics è stata approvata dal House of Delegates Leadership Team il 18 ottobre 1987 e riaffermata nelle date: 12 settembre 1992; 6 settembre 1996; 22 giugno 2000; 11 giugno 2006; 19 marzo 2012. Questa posizione rimane valida fino al 31 dicembre 2021.

Le posizioni AND non devono essere usate a sostegno di prodotti e servizi. Le richieste di utilizzo di parti dell’articolo o dell’articolo intero vanno inviate all’indirizzo journal@eatright.org

Autori: Vesanto Melina, MS, RD (Consultant, Vancouver, Canada); Winston Craig, PhD, MPH, RD (Andrews University, Berrien Springs, MI); Susan Levin, MS, RD, CSSD (Physicians Committee for Responsible Medicine, Washington, DC).

Revisori: Hunger and Environmental Nutrition dietetic practice group (Melissa Altman-Traub, MS, RDN, LDN, Community College of Philadelphia, Philadelphia, PA); Catherine Conway, MS, RDN, CDN, CDE (YAI/National Institute for People with Disabilities, New York, New York); Sharon Denny, MS, RD (Academy Knowledge Center, Chicago, IL); Sarah Picklo Halabu, RDN, LDN, CDE (Academy Publications and Resources, Chicago, IL); D. Enette Larson-Meyer, PhD, RD, CSSD (University of Wyoming, Laramie, WY); Mark E. Rifkin, MS, RD (Academy Policy Initiatives & Advocacy, Washington, DC); Tamara Schryver, PhD, MS, RD (The Schwan Food Company, Minneapolis, MN); Alison Steiber, PhD, RD (Academy Research, International and Scientific Affairs, Chicago, IL); Vegetarian Nutrition dietetic practice group (John Westerdahl, PhD, MPH, RD, CNS, FAND, Bragg Health Foundation, Santa Barbara, CA).

Gruppo di lavoro: Mary Ellen E. Posthauer, RDN, CD, LD, FAND (chair) (MEP Healthcare Dietary Services, Inc, Evansville, IN); Ainsley Malone, MS, RD, LD, CNSC, FAND, FASPEN (American Society for Parenteral and Enteral Nutrition, New Albany, OH); Joan Sabate, MD, DrPH (content advisor) (Loma Linda University, Loma Linda, CA).

The English version of “Position of Academy of Nutrition and Dietetics: Vegetarian Diets” is copyrighted by the Academy of Nutrition and Dietetics. We are indebted to the Academy of Nutrition and Dietetics that authorized the Italian translation of this Position Statement and its publication.

La versione inglese di questo articolo è di proprietà dell’Academy of Nutrition and Dietetics. Si ringrazia l’Academy of Nutrition and Dietetics che ha autorizzato la traduzione di questo articolo e la sua pubblicazione.

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Published Online: 20 Dic 2016 — Copyright © by SSNV / All rights reserved.