Come i vaccini diffondono le malattie – Stefano Montanari

Come i vaccini diffondono le malattie

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Roberta Doricchi intervista il dott. Stefano Montanari

 

Roberta Doricchi – Oggi vorrei iniziare la nostra conversazione entrando subito in un argomento molto delicato: la diffusione delle malattie attraverso i vaccini. Su Internet si trova un lungo articolo, apparentemente molto ben documentato, che tratta l’argomento (http://www.lolandesevolante.net/blog/2012/08/la-merck-ammette-linoculazione-del-cancro-attraverso-i-vaccini-di-lino-bottaro/ [N.d.R.]). Lei che ne dice?

 

Stefano Montanari – Le stesse cose le leggo da tempo anch’io su diverse fonti americane. Se io fossi uno scrittore alla Stephen King o come altri autori che scrivono di catastrofi, non mi lascerei scappare lo spunto. È opinione sostenuta da tanti che l’industria farmaceutica non abbia particolari interessi economici legati ai vaccini, visto che questi, in termini nudi e crudi, valgono una percentuale relativamente piccola del loro business, un business che compete per dimensioni con quello della droga o delle armi. In verità non è esattamente così, e, come sottolineato da Il Sole 24 Ore, gli investimenti proprio sui vaccini fatti ora in Italia smentiscono l’assunto (http://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/imprese-e-mercato/2016-04-13/vaccini-e-farmaci-glaxo-scommette-1-mld-italia-094838.php?uuid=ACzsSh6C [N.d.R.]). Ma ammettiamo che i vaccini non siano economicamente interessanti in prima battuta. Perché, se le cose stanno in questo modo, continuare a produrli? Lo scrittore, allora, risponderebbe che i vaccini sono farmaci di diffusione universale somministrati addirittura ai neonati, e, se attraverso quelli si può diffondere una malattia, meglio se cronica o, comunque, di lunga durata, che sia trattabile con i farmaci, quale miglior maniera per assicurarsi miliardi di clienti ognuno dei quali durerà potenzialmente diversi anni o anche decenni? Pensi a quanto sarebbe facile e per nulla costoso, persino con la benedizione dei benpensanti, diffondere forme di cancro, una malattia in ascesa vertiginosa che assicura introiti immani ai produttori di medicinali, o introdurre malattie con agenti patogeni costruiti in laboratorio. Qui ci si può sbizzarrire. Il limite sarebbe solo la fantasia.

 

RD – Le avevo chiesto che cosa ne pensa lei e lei non mi ha risposto.

 

SM – Io le ho detto che cosa potrebbe fare uno scrittore o, magari, un regista cinematografico, basandosi su situazioni non ho detto reali ma certo tecnicamente possibili, e aggiungendo un po’ della sua arte. Per il resto, vede, io non sono il professor Burioni o la professoressa Esposito e parlo solo di cose che conosco di prima mano. La documentazione è disponibile per chiunque abbia voglia di leggersela e di farsene un’opinione. La possibilità tecnica c’è e l’etica rovesciata pure. Fare il medico dovrebbe significare essere toccati da una vocazione moralmente elevatissima, non dissimile da quella che è fare il prete. Ma l’esperienza dimostra qualcosa di diverso. Anzi, di terribilmente diverso. Il medico fa un mestiere che più difficile e complesso di com’è non potrebbe essere e, per farlo, c’è bisogno assoluto di una serie di doti. Bisogna essere scientificamente ferrati ma, dall’altra parte, essere coscienti del fatto filosofico che la medicina non è una scienza ma della scienza si serve. Poi occorre tanta onestà, tanta umiltà e un’etica rocciosa. Tutte doti che, insieme, malauguratamente ben pochi medici hanno e chi ce le ha viene bastonato. Consideri anche solo la supponenza infinita con cui molti di loro si rendono ridicoli. E consideri pure le bassezze cui non proprio pochissimi di loro sono capaci di arrivare.

 

RD – Per esempio?

 

SM – Prenda un caso comune: quello degli interventi di chirurgia estetica che rovinano irrimediabilmente chi ci si sottopone. Chiunque abbia conoscenze di biologia e di tossicologia dei materiali si accorge immediatamente che solo un pazzo potrebbe eseguire interventi del genere. Poi avrà sicuramente letto della follia delle ragazzine americane che, per evitare una forma di cancro di cui non soffrono, si fanno amputare le mammelle imitando l’attrice di cui non ricordo il nome. Se una persona della strada ha il diritto all’idiozia, non può e non deve essere così per i medici. E, invece, non sono poi pochi i chirurghi che si prestano ad accontentare quelle poverette. Per darle un altro esempio, recentissimamente un gruppo di medici indiani ha fatto sì che una donna di 70 anni partorisse un bambino. Vede, la scienza è gelida e non ha morale, ma la sua applicazione che, a grandi linee, è la tecnologia, deve averla. Così, per chi è tanto sconsiderato da fare l’apprendista stregone, giocare con la natura è del tutto possibile. Però… Dunque, per risponderle, non posso altro che dirle che quello che lei cita non è tecnicamente impossibile e mi spingo anche a dirle che temo che esista qualcuno che non esiterebbe a metterlo in pratica. Io, però, non ne ho esperienza e, dunque, mi limito a dire che si tratta di crimini che, in linea teorica, non sono affatto difficili da perpetrare.

 

RD – Dove lei ha esperienza è sulla presenza d’inquinanti nei vaccini.

 

SM – Sì, e un’esperienza piuttosto lunga, anche se non completa come vorrei.

 

RD – Ma non sarebbe possibile mettere in piedi una ricerca sistematica fatta su un numero ampio di  vaccini?

 

SM – Naturalmente, sì. Il problema è che un’indagine del genere costa quattrini e io di quattrini non ne ho più. Dopo aver venduto casa mia per mantenere il laboratorio e aver appreso che sono troppo vecchio per vendere un rene, non saprei dove raccattare i soldi.

 

RD – In Italia c’è la fondazione I Bambini delle Fate che si occupa di autismo e l’autismo è tra le patologie indiziate tra quelle provocate dai vaccini.

 

SM – Ne ho parlato tante volte: lasciamo perdere I Bambini delle Fate. È evidente che, se è davvero loro intenzione capire se ci sia un legame tra autismo e vaccini, occorrerà almeno sapere che cosa c’è nei vaccini. Ma questo a loro non interessa. Meglio continuare con qualcosa che non avrà grandi probabilità di arrivare a risultati solidi e che permetterà di perpetuare all’infinito le chiacchiere.

 

RD – Perché questa scelta della fondazione?

 

SM – Credo sia meglio chiederlo a loro. Io con loro ho parlato e non ho più tempo da perdere in chiacchiere inutili.

 

RD – Va bene. Continuiamo, allora, con ciò che lei e sua moglie trovate da anni e di cui i media non parlano.

 

SM – Qui si cade nel fallimento non solo della società ma della medicina, non in quanto tale ma in come è applicata. A proposito dei vaccini, qualche giorno fa il terzo canale di Radio Rai ha mandato in onda una puntata di un programma chiamato Radiotre Scienza nel corso del quale un giornalista e due medici, uno dei quali il professor Burioni, la nuova star di cui ho detto qualche battuta fa, e l’altro un tale Andrea Grignolio a me sconosciuto ma certo in procinto di diventare una star pure lui, si sono esibiti sull’argomento (http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-96921390-3d59-4a7b-9010-c456ad4d0d1b.html [N.d.R.]). Senza alcun contraddittorio, alla stregua di tre pensionati all’osteria, il trio si è scatenato in una serie di sciocchezze, di falsità e di enormità così grottesche da rendere la trasmissione addirittura comica. Solo per citare una chicca tra le tante, Burioni si è permesso di recitare la sua solita filastrocca dicendo che non si usa più il mercurio nei vaccini. Questo quando basterebbe prendere un bugiardino e leggere la lista degli ingredienti per vedere che il mercurio si usa ancora eccome. Ignoranza o tentativo di nascondere la verità, per goffo che sia il tentativo, non saprei dire. Naturalmente il tema dell’inquinamento dei vaccini è stato accuratamente evitato, eppure Burioni ne è in tutto e per tutto al corrente, visto che io stesso ne ho trattato con lui in una serie di messaggi che ci siamo scambiati. Se qualcuno è capace di trovare una giustificazione morale ad un comportamento del genere, me lo comunichi e glie ne sarò grato. Se esiste un medico capace di dimostrare che iniettare pezzi di ferraglia ovviamente non biocompatibile in chiunque, a maggior ragione in un bambino di due mesi, è cosa innocua, me lo comunichi e anche per lui tutta la mia gratitudine. Tra le tante assurdità partorite c’è stata  pure quella immancabile delle pubblicazioni. Secondo i personaggi, pubblicare sulle riviste che piacciono a loro i dati che dimostrano che nei vaccini ci sono cose che non vanno è assolutamente possibile, quando non, magari, addirittura benaccetto. Ora, i casi sono due, o questi lo sono o questi lo fanno. Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con l’argomento sa perfettamente che tutte le riviste mediche sono mantenute dall’industria e nessuna sarebbe così poco saggia, se di mancanza di saggezza si tratta, da rendere pubbliche certe notizie che dispiacerebbero a chi paga. Tra l’altro, tutti gli articoli passano attraverso i cosiddetti “referee”, persone del mestiere che dipendono invariabilmente dalla generosità dell’industria. Chi cercasse in quegli ambiti letteratura che rivelasse, ad esempio, le falle nelle sperimentazioni dei vaccini o i loro  effetti deleteri o la mancanza di efficacia cercherebbe invano. Figurarsi, poi, se si pretendesse di trovarci i risultati dei 29 vaccini che noi abbiamo analizzato in 12 anni. Insomma, quello che hanno fatto passare quei tre è nient’altro che la più squallida ipocrisia unita a bugie che solo un ignorante può bersi e, in fin dei conti, una presa in giro per i malcapitati ascoltatori. Per riassumere: l’inquinamento dei vaccini esiste solo se viene pubblicato dalle riviste di regime, e poiché, ovviamente, il regime non ti fa pubblicare quelle cose, per il regime quelle cose non esistono. Solo ciò che passa l’esame della censura è vero e, se non lo passa, significa che è falso. Ognuno decida se ridere o piangere. Pensi, in aggiunta, che ogni volta che abbiamo chiesto a chi ci critica senza dati propri in mano di rifare loro stessi le analisi non abbiamo avuto risposta. E, invece, sarebbe tanto divertente sedersi insieme al microscopio elettronico e riprendere tutto in un video da rendere pubblico.

 

RD – Dunque, no ai vaccini?

 

SM – Tutt’altro, e l’ho ripetuto mille volte. Anzi, l’etichetta di antivaccinista che qualche imbecille mi affibbia mi fa molto arrabbiare. I vaccini sono un patrimonio della medicina e non possiamo permetterci di rottamarli. Il problema è la situazione in cui i vaccini sono scivolati, forse sfuggendo di mano anche agli stessi produttori. Nella situazione attuale, fino a che avremo politici e funzionari pubblici nella migliore delle ipotesi ignoranti e nella peggiore corrotti, giornalisti che pure oscillano tra ignoranza e corruzione e personaggi come la mitica professoressa Susanna Esposito supersponsorizzata o il professor Roberto Burioni, oggi inebriato dalla ribalta mediatica in cui è entrato e incapace di oggettività, per i vaccini la sorte è segnata: a vaccinarsi saranno sempre meno soggetti e lo faranno solo gli strati più ignoranti della popolazione. In poche parole, a causa loro perderemo un’arma.

 

RD – Dunque, secondo lei la difesa che si fa oggi dei vaccini è controproducente.

 

SM – È così.

 

RD – SE ho ben capito, i vaccini sono da salvare.

 

SM – Ha capito benissimo.

 

RD – Che fare, allora?

 

SM – Cominciamo con il rottamare i vari Burioni e le varie Esposito insieme con tutte le stelline nascenti ansiose di sedersi a tavola che fanno solo danni ai vaccini stessi e cominciamo, per esempio, a guardare che cosa c’è dentro quei farmaci, cosa che oggi nessuno tra coloro che credono di difendere i vaccini fa. Cominciamo a stendere un velo pietoso su azioni mediatiche avvilenti come gl’interventi televisivi o radiofonici di mamme tanto ignoranti quanto isteriche e lasciamo morire pubblicazioni mortificanti e piene di sciocchezze di siti come Quimamme (http://www.quimamme.it/con-il-bebe/2016/04/24/10-verita-anti-bufala-sulle-vaccinazioni/?intcmp=redazionalelunediDBnc_nl_020516_quimamme_ss_other&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_term=dbqm%20nc&utm_content=sfera&utm_campaign=160502%20red%20lun[N.d.R.]) o VaccinarSì  (http://www.vaccinarsi.org/ [N.d.R.]). Cominciamo a pretendere che la magistratura intenda davvero vederci chiaro sull’argomento. Le quasi 600 sentenze italiane che condannano i vaccini per i guai provocati sono, di fatto, lettera morta perché non hanno portato il minimo beneficio ad una situazione quanto meno critica. Insomma, piantiamola con le chiacchiere, cominciamo ad usare l’intelligenza e a fare le persone serie e coscienziose, abbandonando le leggende e dimenticando gli interessi di quattrini, di carriera e di vanità.  Sarà possibile allora, quando la si finirà con la farsa tragica in cui siamo immersi e di cui siamo vittime, costringere le industrie farmaceutiche a produrre roba pulita. Si dovranno poi riformare totalmente gli enti di controllo, visto che oggi questi si fanno sfuggire allegramente presenze non solo inquietanti ma visibilissime nei vaccini. Quando l’Istituto superiore di sanità dice che non c’è farmaco più controllato dei vaccini mi chiedo che cosa ci sarà dentro i medicinali che così controllati non sono. Poi c’è il dramma delle sperimentazioni del tutto insufficienti o non fatte per niente. Anche di questo c’è testimonianza scritta sui bugiardini stessi. In non pochi casi sono entrati in commercio prodotti di cui, fatti alla mano, non si sa nulla, nemmeno se abbiano qualche efficacia. Anche qui basta leggere i bugiardini. Poi ci sarà da rifare una cultura onesta ai medici, molti di loro convinti che i vaccini siano una sorta di sacramento salvifico da somministrare alla cieca. Come tutti i farmaci, anche quelli sono da usare con grande circospezione, consci dei loro limiti che sono quelli di tutti i farmaci, valutando i possibili effetti indesiderati, considerando il soggetto da vaccinare non come un pezzo di carne cui ficcare dentro un po’ di liquido ma come un essere unico di estrema complessità. A costo di stupire chi leggerà questa intervista, certo generalizzando e certo facendo torto a qualcuno, bisogna essere obiettivi: lasciando da parte i disonesti, i medici non conoscono i farmaci se non con grande superficialità e secondo quello che le industrie farmaceutiche fanno loro sapere, e la conseguenza è che li usano troppo e male.

 

RD – Mi lasci spostare, seppure di poco, l’argomento. L’Istat, l’istituto che si occupa in Italia di statistica, ha rilevato una diminuzione nella durata della vita media. Una delle spiegazioni che sono state date è relativa al calo delle persone che si vaccinano. Che ne dice?

 

SM – Dico che, se ci si voleva ancora una volta rendere ridicoli, ci si è perfettamente riusciti. Sarebbe interessante sapere come i cervelloni che hanno partorito questa stramberia arrivino a pensare che un ottantenne possa in qualche modo prolungare la sua vita vaccinandosi. Vaccinandosi per che cosa?, mi chiedo. Magari per il tetano come un medico voleva fare con mia suocera novantatreenne e in sedia a rotelle. Da una certa età in poi, calcoli all’incirca 65 anni, sperare che un vaccino possa immunizzare un soggetto nei confronti di qualche malattia è puramente fantastico. Al massimo si può sperare che questo non subisca effetti dannosi dal vaccino, ma non di più.

 

RD – E, allora, perché viviamo di meno?

 

SM – Io non ho la risposta completa in tasca, anche se questo calo l’avevo previsto scrivendone già diversi anni fa. Dal mio punto di vista, un punto di vista assolutamente parziale, uno dei fattori che più contribuiscono alla diminuzione della durata di vita è l’inquinamento. Se ha visto il rapporto dell’Ispra appena pubblicato sull’inquinamento delle acque italiane c’è da aver paura (http://www.isprambiente.gov.it/it/temi/acqua/fonti-di-inquinamento/monitoraggio-e-qualita-acque [N.d.R.]). E consideri che in quello studio sono stati presi in esame solo i pesticidi, stando ai dati rilevati, una classe di veleni in un aumento preoccupante nelle acque. Se ci aggiunge i concimi chimici usati a profusione che finiscono inevitabilmente nei corsi d’acqua e nelle falde, lo sterco degli animali che alleviamo in modo intensivo per mantenere il consumo esagerato di carne e tutte le porcherie che buttiamo allegramente come certi reflui industriali o, come è accaduto per due volte in pochi giorni a Genova, per incidenti con petrolio e derivati, vedrà che la situazione è ben peggiore di quella descritta dal documento. Nell’acqua vivono i pesci che mangiamo, con l’acqua innaffiamo la frutta e la verdura e ci cuociamo gli spaghetti con tutto quanto ne consegue. Poi, sempre se vuole ragionare sul perché viviamo un po’ meno, veda ciò che ha appena pubblicato l’Organizzazione Mondiale della Sanità: nell’80% dei casi a livello planetario le città sono inquinate da particelle oltre le soglie di legge (http://www.ansa.it/saluteebenessere/notizie/rubriche/stilidivita/2016/05/12/aria-inquinata-oltre-limiti-per-80-di-chi-vive-in-citta_720c3582-73b3-44ba-bf44-e3e6fd28c659.html [N.d.R.]), soglie, peraltro, dettate solo dalla fantasia o dalla convenienza perché di fatto non esiste nessuna soglia di tollerabilità per le polveri come affermava correttamente già nel 2007 l’ente europeo per l’ambiente European Environment Agency (Report N. 2/2007, pag. 9 [N.d.R.]). È chiaro che, se si respirano veleni, si bevono veleni e si mangiano veleni, l’organismo non sarà particolarmente contento. Aggiunga a questo i farmaci sporchi e avrà totalizzato un po’ d’indizi.

 

RD – Bene: come scrive lei spesso riportando con ironia una frase famigerata di un professore universitario: se ci saranno dei morti, li seppelliremo.

 

SM – Già.