Consiglio-di-Stato-n.-3679-del-3-giugno-2019 – società Iliad Italia S.p.a. presentava al Comune di Venezia domanda di autorizzazione ex art. 87 del D.L.vo 259/2003 per installare una Stazione Radio Base,

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul
Iliad Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Domenico Ielo e Giovanni Mangialardi, con domicilio digitale come da PEC Registridi Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Benedetta Lubrano in Roma, viaFlaminia, 79;

contro

Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Iannotta, Maurizio Ballarin, Nicoletta Ongaro e Nicolò Paoletti, con domicilio digitalecome da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Nicolò Paoletti in Roma, via Barnaba Tortolini, 34;

nei confronti

ricorso numero di registro generale 10398 del 2018,

proposto da

N. 03679/2019REG.PROV.COLL. N. 10398/2018 REG.RIC.

Galata S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Ammirati e Marco Bellante, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, Lungotevere dei Mellini, 45, e con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), n.1032/2018, resa tra le parti, concernente l’impugnativa:
– del provvedimento rif. n. 2018/272673 del 27 giugno 2018, con cui il Comune di Venezia ha rigettato la domanda presentata da Iliad Italia S.p.A. ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. 259/2003, per l’autorizzazione alla installazione di una Stazione Radio Base (SRB) in Venezia alla Via Ferruccio Parri (Malamocco) n. 6, censita catastalmente al foglio 9, mappale 321;

– di tutti gli altri atti presupposti, connessi e/o consequenziali, ivi inclusa la nota rif. n. 2018/272673 del 6 giugno 2018, con la quale il Comune di Venezia ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento della domanda e per quanto possa occorrere dell’art. 50 del Regolamento edilizio comunale vigente.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Venezia e di Galata S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 maggio 2019 il Consigliere Oswald Leitner e uditi, per le parti, gli avvocati Giovanni Mangialardi e Natalia Paoletti, in dichiarata sostituzione dell’avvocato Nicolò Paoletti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società Iliad Italia S.p.a. presentava al Comune di Venezia domanda di autorizzazione ex art. 87 del D.L.vo 259/2003 per installare una Stazione Radio Base, in regime di co-sitting su infrastruttura esistente di proprietà di Galata S.p.A., in Venezia Lido-Malamocco, via Parri, n. 6.

Il Comune di Venezia, con il provvedimento rif. n. 2018/272673 del 27 giugno 2018, harespinto l’istanza, rilevando che l’impianto oggetto dell’intervento ricadrebbe in area classificatacome ZTO “G – parchi pubblici urbani e territoriali” qualificata come “sito sensibile” ai sensi dell’art.50 del Regolamento edilizio comunale che vieta l’istallazione di impianti di telefonia in unaserie di siti considerati sensibili, specificati, dalla Circolare regionale n. 12/2001, quali “scuole, asili, ospedali, case di cura, parchi e aree per gioco e lo sport”.

Avverso tale provvedimento e la presupposta nota rif. n. 2018/272673 del 6 giugno 2018, con la quale il Comune di Venezia ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento della domanda,è insorta la società ricorrente, impugnando altresì, per quanto possa occorrere l’art. 50 delRegolamento edilizio vigente.

Alle difese della ricorrente si è associata la cointeressata Galata S.p.A..
Ha resistito al ricorso il Comune di Venezia, chiedendone il rigetto.
Il T.A.R. ha respinto il ricorso, con sentenza n. 1032/2018.
Avverso tale sentenza ha interposto gravame la Iliad Italia S.p.a., formulando tre motivi di appello.

Si sono costituiti in giudizio la Galata S.p.a., per aderire all’appello, ed il Comune di Venezia,per resistere al gravame.
All’udienza del 21 maggio 2019, la causa è passata in decisione.

DIRITTO
1. Con il primo motivo di gravame, l’appellante deduce l’erroneità della sentenza nella parte incui non ha rilevato la violazione di legge (artt. 3 e 97 Cost.; artt. 3 e 6 L. 241/1990; art. 87 d.lgs.

259/2003; art. 8, L. 36/2001) e l’eccesso di potere (illogicità, irragionevolezza, violazione del giusto procedimento), nonché per violazione degli artt. 42 e 43 Cost..
Secondo l’appellante, il diniego espresso dal Comune e la sentenza appellata che lo ha ritenutonon inficiato dai vizi dedotti in primo grado sarebbe illegittimo, avendo inibito a Iliad Italia di realizzare il proprio impianto nella infrastruttura esistente di Galata Spa, senza tuttaviaconsiderare la mancanza di luoghi alternativi utilizzabili per completare l’infrastruttura di radiocomunicazione.

Né il Comune né la sentenza appellata avrebbero compreso che non esisterebbero luoghi alternativi alla postazione individuata da Iliad Italia (presso Galata Spa).
Secondo l’appellante, non si negherebbe la potestà comunale di regolamentare la ubicazione degli impianti, nonché di individuare “siti sensibili” ove la stessa sarebbe vietata; si contesterebbe, però, che la regola valga nei confronti degli operatori cd. “new comers” (come Iliad Italia), i quali, in un ambito affatto particolare, caratterizzato dai limiti fisici derivanti dallaconformazione dei luoghi (isola del Lido, stretta e lunga) e dall’estensione dei vincolipaesaggistici e dei “siti sensibili”, non abbiano né la possibilità di ripiegare su un impianto in proprietà già esistente, né la possibilità di ricorrere ad una localizzazione alternativa.

Più nel dettaglio, secondo l’art. 8, comma 6, L. 36/2001, “i comuni possono adottare un regolamentoper assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.
La citata norma, che è alla base della individuazione dei “siti sensibili” ed è stata in concretoattuata dall’art. 50 del Regolamento edilizio del Comune, è stata oggetto di un’intensa elaborazione giurisprudenziale.

In primo luogo, la Corte costituzionale, nell’esaminare la legittimità costituzionale didisposizioni legislative che prevedevano distanze minime da una serie di categorie di siti sensibili, ha affermato, con le sentenze n. 331/2003 e n. 307/2003, il principio secondo il quale

tali disposizioni sono illegittime se pongono limiti generali che, in particolari condizioni di concentrazione urbanistica di luoghi specialmente protetti, potrebbero addirittura rendere impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, con la conseguenza che i “criteri di localizzazione” (consentiti) si trasformerebbero in “limitazioni alla localizzazione” (non consentite).

In sostanza, le disposizioni poste a tutela di “siti sensibili” sarebbero legittime se comunque consentono “una sempre possibile localizzazione alternativa” e non determinano invece “l’impossibilità della localizzazione”.
Coerentemente con tali indicazioni, la giurisprudenza del Consiglio di Stato avrebbe ritenuto che:

– il regolamento comunale previsto dall’art. 8, comma 6, della L. n. 36 del 2001, nel disciplinareil corretto insediamento nel territorio degli impianti, può contenere regole a tutela di particolari zone e beni di pregio paesaggistico o ambientale o storico artistico, o anche per la protezionedall’esposizione ai campi elettromagnetici di zone sensibili (scuole, ospedali etc.), ma non può imporre limiti generalizzati all’installazione degli impianti se tali limiti sono incompatibili conl’interesse pubblico alla copertura di rete del territorio nazionale (cfr. Cons. Stato, III, n.723/2014);

– deve ritenersi consentito ai Comuni, nell’esercizio dei loro poteri di pianificazione territoriale, di raccordare le esigenze urbanistiche con quelle di minimizzazione dell’impatto elettromagnetico, ai sensi dell’ultimo inciso del comma 6 dell’art. 8, cit., prevedendo conregolamento anche limiti di carattere generale all’installazione degli impianti, purché siacomunque garantita una possibile localizzazione alternativa degli stessi, in modo da rendere possibile la copertura di rete del territorio (cfr. Cons. Stato, III, n. 306/2015); di conseguenza possono ritenersi legittime anche disposizioni che non consentono (in generale) lalocalizzazione degli impianti nell’area del centro storico (o in determinate aree del centro

storico) o nelle adiacenze di siti sensibili (come scuole ed ospedali), purché sia garantita la copertura di rete, anche nel centro storico e nei siti sensibili, con impianti collocati in altre aree (cfr. Cons. Stato, n. 3085/2015).
La pianificazione comunale di settore potrebbe interdire agli impianti anche ampie aree, purché sia consentita “una sempre possibile localizzazione alternativa” (Cons. Stato n. 2073/2017) e comunque “a condizioni tecnicamente ed economicamente sostenibili” (Cons. Stato n. 3853/2017) – circostanze che devono essere verificate in concreto attraverso il confronto con gli operatori (Cons. Stato, III, n. 2073/2017).

Nel caso di specie, l’assenza di alternative alla proposta ubicazione degli apparati di Iliad Italia(nella postazione esistente di Galata Spa) emergerebbe dallo studio allegato in prime cure, ilquale illustrerebbe come l’area in esame sia geograficamente molto ridotta (isola del Lido,località Malamocco), sia densa di “siti sensibili” e sia sottoposta interamente a vincoli di natura paesaggistica.

In particolare:
– lo “standard territoriale di tipo G ‘Parchi pubblici urbani e territoriali’” (al ricorrere del quale l’art. 50 del regolamento edilizio riconosce la qualificazione di “sito sensibile”) si sovrapporrebbecompletamente alla ZTO “F per attrezzature ed impianti di interesse generale” ove è ubicata lapostazione di Galata Spa e sottrae quindi l’intera zona ad interventi infrastrutturali nelletelecomunicazioni, escludendo possibili alternative alla postazione esistente;
– l’isola del Lido (località Malamocco) sarebbe compresa: nel D.M. 20 gennaio 1972 che ha“dichiarato di notevole interesse pubblico il centro urbano e le zone contermini del lido di Malamocco” (pubblicato sulla G.U. s.o. n. 48 del 22 febbraio 1972, doc. 4, pag. 8); nel D.M. 1 agosto 1985 che ha“dichiarato di notevole interesse pubblico l’ecosistema della laguna veneziana” (pubblicato sulla G.U. s.o. n. 223 del 21 settembre 1985; doc. 4, pag. 8); nell’art. 142,comma 1, lett. a), d.lgs 42/2004, che ha qualificato di interesse paesaggistico “i territori costieri

compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia” e quindi gran parte dellalocalità Malamocco data la conformazione stretta e lunga dell’isola (doc. 4, pag. 8); nell’art. 157,d.lgs 42/2004, che ha qualificato l’area a rischio archeologico.
Ne consegue che nei predetti compendi non potrebbero essere inserite modificazioni, quali tralicci di sostegno ad impianti di radiocomunicazione, idonei a pregiudicare i valori paesaggistici oggetto di protezione (art. 142, comma 1, d.lgs 42/2004).

Pertanto, nel caso in esame, i provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi per violazione delle norme in epigrafe, avendo opposto un diniego alla domanda di Iliad Italia, senza considerarel’assenza di luoghi alternativi idonei a consentire alla società di realizzare il proprio impianto e senza considerare che tale impedimento avrebbe dovuto quanto meno essere approfondito in sede di istruttoria e nella motivazione dei provvedimenti amministrativi, anche con il contributo dell’operatore interessato il quale, in proposito, aveva precedentemente trasmesso alComune (in data 6 febbraio 2018) il proprio piano delle installazione per avviare unainterlocuzione con l’ente, senza ricevere opposizione.

La sentenza appellata avrebbe osservato, però, che “nel caso di specie il divieto di installazione dell’impianto di telefonia mobile progettato dalla ricorrente deve considerarsi riferito a un’area ben individuata,Venezia Lido Malamocco, via Parri 6: area destinata dagli strumenti urbanistici a parco pubblico urbano eterritoriale e non all’intera zona territoriale omogenea in cui il sito sensibile è inserito”.

Al contrario, nel caso concreto, anche le tavole prodotte dal Comune escluderebbero che sia stato individuato come “sito sensibile” uno “specifico luogo”, tutelato da un regime particolare, essendo stata, di contro, individuata quale “sito sensibile”, attraverso l’imposizione dello standardterritoriale “G – Parchi pubblici urbani e territoriali”, una intera zona territoriale omogenea corrispondente alla ZTO F.

In ogni caso, l’estensione sulla intera località del vincolo paesaggistico, che vieta nuove edificazioni, escluderebbe nell’area in esame anche solo la possibilità di una nuova postazioneaggiuntiva rispetto a quella esistente di Galata Spa.
La sentenza avrebbe pure riferito che “la circostanza, dedotta dalla ricorrente, secondo cui il sito di Via Parri 6 è l’unico in grado di assicurare la completezza della rete, con conseguente impossibilità assoluta di unalocalizzazione alternativa dell’impianto di telefonia, non può dirsi provata in quanto priva di sicuri riscontri”. La tesi sarebbe errata.

La sentenza nulla avrebbe opposto alla perizia allegata da Iliad Italia a sostegno della inesistenza di luoghi alternativi; né avrebbe precisato quali ulteriori “sicuri riscontri” avrebbero dovutocorroborare l’allegato studio.
La perizia depositata da Iliad Italia recante le carte dei vincoli, avrebbe riportato le aree individuate dal Comune quali “siti sensibili” e le aree gravate da vincolo paesaggistico,dimostrando che tutta l’area interessata (parte dell’isola del Lido, località Malamocco) sarebbe indisponibile per l’edificazione di nuove postazioni.

Il TAR avrebbe dovuto confrontarsi con le risultanze della perizia e della documentazione depositata, spiegare il preteso limitato valore euristico della stessa (ritenuta genericamente “priva di sicuri riscontri”) e, qualora non completamente persuaso dalla prova offerta da Iliad Italia, avrebbe potuto disporre una CTU o una verificazione.

Ne deriverebbe che la sentenza merita di essere riformata per assenza o insufficienza di motivazione.
Non varrebbe poi la tesi sostenuta in sentenza per la quale “le deduzioni della ricorrente circa l’impossibilità d’installare un ripetitore in altre aree del territorio comunale per dotare l’isola del Lido dellacopertura telefonica e cellulare necessaria appaiono, anzi, smentite dalle indicazioni contenute nel sito web della società di telecomunicazioni, alla sezione “copertura di rete” (https://www.iliad.it/copertura/), ove si legge che

l’area di cui trattasi è coperta dalla rete cellulare 4G (doc. 13 Comune) e gode, dunque, di una buona copertura”.
L’argomento sarebbe del tutto errato e frutto di un grave fraintendimento.
Il sito web di Iliad Italia, cui ha rinviato la sentenza, riguarderebbe la copertura del territorio italiano tramite accordo di “roaming” intercorrente fra la odierna appellante e Wind.

Tale accordo consentirebbe alla prima, nelle more della realizzazione di una rete proprietaria edella trasmissione del proprio segnale, di servire la propria utenza attraverso l’infrastruttura e lacapacità trasmissiva di un altro operatore.
La sentenza, pertanto, avrebbe confuso l’iniziativa imprenditoriale di Iliad Italia, volta allarealizzazione di una rete di telecomunicazioni proprietaria, di cui l’impianto in esame costituisceuno dei nodi, con la provvisoria copertura radio del territorio tramite “roaming”, ovvero attraverso un accordo commerciale in base al quale gli abbonati di Iliad Italia possono utilizzare la capacità trasmissiva di un altro operatore.

Ma un conto sarebbe svolgere attività di operatore telefonico in roaming (utilizzando la rete di un terzo, per giunta concorrente); un altro è avere la propria rete ed utilizzare le proprie frequenze che è quanto TIM, Vodafone e Wind hanno realizzato e quanto Iliad Italia aspirerebbe a fare.

Apparirebbe evidente, infatti, che l’accordo di roaming non consente ad Iliad Italia di essereefficiente (perché dipende dalla capacità trasmissiva di un concorrente e quanto meno conriguardo a quest’ultimo) e che la realizzazione di una rete proprietaria sia essenziale permantenere nel tempo una clientela a tariffe competitive.

Pertanto, la tesi rappresentata in sentenza, per cui Iliad Italia non avrebbe motivo di dolersi poiché il suo segnale telefonico comunque già oggi irradia il territorio italiano, sarebbe errata perché il segnale non sarebbe il“suo”(ovvero non è trasmesso attraverso le frequenze attribuitele a titolo oneroso in diritto d’uso) e perché, imponendo sostanzialmente il ricorso

al “roaming” della rete infrastrutturale dei concorrenti, conduce la società addirittura a vanificarel’iniziativa imprenditoriale, volta a realizzare una rete proprietaria, ed a violare la stessa autorizzazione ministeriale che ha consentito tale iniziativa.
La tesi contrastata, sostenuta in sentenza, apparirebbe pertanto abnorme ed irrispettosa deicanoni fondamentali dell’ordinamento, comprimendo e finanche annullando l’intrapresa economica della società (art. 42 e 43 Cost.).

In conclusione, il TAR avrebbe dovuto attenersi ai ricordati canoni ermeneutici elaborati dalConsiglio di Stato e quindi verificare se, eliminando l’impianto proprietario di Iliad Italia(perché non collocabile altrove), la società sarebbe riuscita ugualmente con la propriainfrastruttura ad irradiare il proprio segnale telefonico nell’isola del Lido (località Malamocco).Poiché la risposta sarebbe negativa, come emerge dal documento tecnico depositato in primecure, immotivatamente non apprezzato dal TAR e comunque non confutato, quest’ultimo avrebbe dovuto concludere per l’accoglimento del ricorso o per un approfondimentoistruttorio.

D’altra parte, Iliad Italia avrebbe trasmesso al Comune, in data 6 febbraio 2018, nell’otticacollaborativa valorizzata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr., sentenza 2073/2017), il proprio piano di realizzazione della rete, nel quale aveva indicato anche la postazione in esame.

Il comportamento indifferente del Comune rispetto a tale piano avrebbe dovuto pure essere stigmatizzato dal TAR ed ancor più sostenere, sulla scorta della richiamata giurisprudenza, la fondatezza dei motivi di ricorso.
La sentenza pertanto meriterebbe così di essere annullata, come i provvedimenti impugnati inprime cure e l’art. 50 del Regolamento edilizio comunale, se interpretati nel senso di escluderela realizzazione di impianti in siti sensibili anche qualora in concreto manchino siti alternativi.

2. Con il secondo motivo di gravame, l’appellante deduce l’erroneità della sentenza nella partein cui non ha rilevato la violazione di legge (artt. 3 e 97 Cost.; artt. 3 e 6 L. 241/1990; art. 87 d.lgs. 259/2003; art. 8, L. 36/2001; circolare della Regione Veneto n. 12 del 12 luglio 2001;illegittimità derivata) e l’eccesso di potere (illogicità, irragionevolezza, violazione del giustoprocedimento).

Secondo l’appellante, con la circolare n. 12 del 12 luglio 2001 sulla “Installazione degli impianti ditelefonia mobile: direttive urbanistiche e criteri per l’individuazione dei siti”, la Regione Veneto avrebbe fornito ai Comuni le seguenti direttive:
– “ai fini di una corretta localizzazione degli impianti, non si deve trascurare la necessità di garantireun’adeguata ed efficiente gestione del servizio di telefonia in quanto servizio di pubblica utilità”;

– “in particolare deve essere favorita la scelta di ambiti già compromessi dal punto di vista urbanistico-edilizio indirizzando, ove possibile, i gestori della telefonia cellulare a localizzare le installazioni all’interno delle areeproduttive o comunque in zone interessate dalla presenza di impianti tecnologici già preesistenti (tralicci, torri piezometriche, impianti di depurazione, ecc.)”;

– “il divieto comunque non può riguardare in modo generico zone territoriali omogenee”.
Nel caso concreto, i provvedimenti impugnati violerebbero i riferiti principi, coerenti con il potere riconosciuto alla Regione di “individuare i siti di trasmissione degli impianti per telefoniamobile” (cfr., art. 8, lett. a), L. 36/2001).
I provvedimenti impugnati avrebbero rigettato la domanda di Iliad Italia nonostante il progettopresentato dalla società avesse previsto l’inserimento delle antenne nella postazione già esistente ed autorizzata di Galata, ospitante anche altri operatori, e non siano possibili edificazioni di nuove strutture porta-antenne, data l’ampiezza delle aree qualificate “siti sensibili”, coincidenti con la ZTO F, e la totale presenza di vincoli paesaggistici.
Così l’amministrazione comunale avrebbe disatteso la ricordata circolare nella parte in cui harichiesto ai Comuni di “indirizzare i gestori della telefonia cellulare a localizzare le installazioni all’interno

delle aree produttive o comunque in zone interessate dalla presenza di impianti tecnologici già preesistenti(tralicci, torri piezometriche, impianti di depurazione, ecc.)”.
Sarebbe altresì illegittimo l’art. 50 del Regolamento edilizio, nella parte in cui non ha recepito icontenuti di “indirizzo” della circolare regionale verso l’impiego di postazioni già esistenti.

3. Con il terzo motivo di gravame, l’appellante afferma l’erroneità della sentenza nella parte incui non ha rilevato la violazione di legge (artt. 3 e 97 Cost.; artt. 3 e 6, L. 241/1990) e l’eccessodi potere (illogicità, irragionevolezza).
Secondo l’appellante il diniego di installazione degli apparati di telefonia mobile di Iliad Italia,in una struttura esistente già impiegata da altri operatori (cd. “co-siting”), impedirebbe alla Iliad Italia, nuovo operatore del settore, di completare la propria nuova rete a servizio della utenza in Venezia.

L’inattitudine del segnale di Iliad Italia a raggiungere i telefoni portatili in un ambito geograficoimportante (la società infatti oggi può operare solo in roaming e cioè utilizzando la capacità trasmissiva di un terzo), costituirebbe un severo ostacolo alla acquisizione di utenza ed al suo mantenimento e quindi inibisce alla società di realizzare il proprio oggetto sociale ed ai consumatori di giovarsi di una effettiva concorrenza.

Gli operatori “incumbent”, che hanno già realizzato la loro rete prima della introduzione di regole più stringenti sulla ubicazione degli impianti di radiocomunicazione, potrebbero orabeneficiare di vere e proprie barriere fisiche e regolamentari opposte dall’amministrazione all’ingresso di new comers, come Iliad Italia, alla quale, in mancanza di siti alternativi, è preclusa, pur non inquinando, né attentando al paesaggio, né sacrificando nuovo territorio, l’attività diimpresa.

In conclusione, i provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi anche laddove hanno avutol’effetto di sacrificare la concorrenza nel settore rilevante della telefonia mobile.

La tutela di siffatto rilevante interesse si sarebbe dovuta tradurre nella necessità di una specifica motivazione del provvedimento amministrativo, in ordine alla possibilità di reperire siti di installazione alternativi, ove localizzare gli impianti, a condizioni tecnicamente equivalenti ed economicamente sostenibili.

4. L’appello è fondato nei termini di seguito illustrati.
4.1. Può ritenersi documentalmente provato che, nella specie, lo standard territoriale di tipo G “Parchi pubblici urbani e territoriali” (al sussistere del quale l’art. 50 del regolamento edilizioattribuisce la qualificazione di “sito sensibile”) ha una notevole estensione territoriale al punto da coincidere sostanzialmente (secondo la prospettazione dell’appellante, non smentita dalladifesa comunale) con la intera ZTO F “per attrezzature ed impianti di interesse generale”; tale previsione regolamentare, sussumendo nella fattispecie di sito sensibile un’intera zona territorialeo una parte consistente di essa finisce per inibire in tale zona ogni nuova installazione infrastrutturale relativa a impianti di telecomunicazioni (quali appunto la stazione radio-base per cui è giudizio).
La previsione dell’art. 50 del regolamento comunale che, facendo applicazione della circolareRegionale n. 12/2001, prevede tra i siti sensibili i “parchi e aree per gioco e lo sport” non sarebbe illegittima di per sé se fosse limitata ad una poco consistente porzione del territorio comunale; infatti tale limitazione è legittima soltanto se riguarda uno specifico luogo, mentre è illegittima, quando il divieto riguarda un’intera zona omogenea.
Il T.A.R. ha ritenuto che il divieto fosse legittimo, in quanto riguarderebbe un’area ben individuata, cioè specificatamente la via F. Parri, n. 6 e non l’intera zona omogenea in cui il sitoè ricompreso.
Nel caso in esame, però, il Comune di Venezia ha rigettato l’istanza sul presupposto che l’areafosse classificata con destinazione “G – Parchi pubblici ed urbani”.

Il divieto, pertanto non è per niente riferito ad un’area ben individuata, ovvero ad un luogo specifico, cioè alla via F. Parri, n. 6, ma ad un’intera zona omogenea, considerata la sostanzialecoincidenza dello standard territoriale di tipo G “Parchi pubblici urbani e territoriali” con la ZTO F “per attrezzature ed impianti di interesse generale”.

Da un tanto consegue l’illegittimità del divieto, poiché, per consolidata giurisprudenza, l’individuazione di un sito sensibile, poiché concerne uno specifico luogo, non può concettualmente corrispondere alla delimitazione di un’intera zona omogenea.
4.2. Inoltre, la qualificazione delle infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazioni qualiopere d’urbanizzazione primaria comporta che esse siano compatibili con ogni destinazioneurbanistica.

L’art. 8 della L. 36/2001 permette ai Comuni di individuare siti nel territorio comunale in cui èvietata l’installazione dei predetti impianti, per la protezione della popolazione dall’esposizioneai campi elettromagnetici, ma tale potere regolamentare incontra il limite che esso non può sostanziarsi in divieti generalizzati di installazione degli impianti in intere zone urbanistichepredefinite e, in quest’ultimo caso deve comunque salvaguardare una possibile localizzazionealternativa degli impianti, così da permettere una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni.

In altre parole, il divieto di posizionare gli impianti in determinate aree deve comunque consentire la localizzazione degli impianti in aree alternative, risultando, in caso contrario, incontrasto con l’interesse pubblico alla capillare distribuzione del servizio di telecomunicazioni sul territorio.

Nel caso in esame, a tenore dei provvedimenti impugnati, il Comune non ha verificato sesussista o meno una soluzione alternativa alla proposta ubicazione dell’impianto.
Per contro, la società privata qui appellante ha fornito un principio di prova a mezzo della perizia allegata alla dedotta circostanza secondo cui non vi sarebbe altra adeguata localizzazione

delle proprie antenne funzionali ad assicurare una buona captazione del segnale da parte delle apparecchiature di telefonia.
Per le ragioni esposte, i provvedimenti impugnati in primo grado devono ritenersi altresì viziati sotto il profilo della mancata istruttoria e motivazione circa la sussistenza di siti alternativi. Inoltre, la particolare modalità della richiesta di autorizzazione (co-sitting) imponeva al Comune un onere motivazionale aggravato posto che tale soluzione allocativa per un verso risultava conforme alle richiamate direttive regionali sulla formazione delle disposizioni regolamentari per la localizzazione degli impianti e, per altro verso, risultava in ogni caso come quella di minor impatto ambientale (considerata appunto la presenza di altra infrastruttura di Galata spa sulla quale le antenne della società qui appellante avrebbero dovuto essere allocate).5. Conclusivamente l’appello va accolto e, in riforma della impugnata sentenza ed in accoglimento del ricorso di primo grado, va disposto l’annullamento dei provvedimenti delComune di Venezia del 6 giugno 2018 e del 27 giugno 2018, salvi gli ulteriori provvedimentidell’Amministrazione.

6. Le spese del doppio grado di giudizio, così come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
7. Il Comune di Venezia è tenuto a rifondere ad Iliad Italia S.p.a. il contributo unificato corrisposto per la proposizione dei ricorsi in primo grado ed in appello.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza

impugnata, accoglie il ricorso in primo grado, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione. Condanna il Comune di Venezia a rifondere ad Iliad Italia S.p.a. ed a Galata S.p.a. le spese del doppio del doppio grado giudizio, liquidate rispettivamente, per il primo grado di giudizio, in €

2.000,00, oltre accessori di legge, e, per il secondo grado di giudizio, in € 2.000,00, oltreaccessori di legge.
Il Comune di Venezia è tenuto a rifondere ad Iliad Italia S.p.a. il contributo unificato corrisposto per la proposizione dei ricorsi in primo grado ed in appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2019, con l’intervento dei magistrati:

Giulio Castriota Scanderbeg, Presidente FF Silvestro Maria Russo, Consigliere Alessandro Maggio, Consigliere
Dario Simeoli, Consigliere

Oswald Leitner, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE Oswald Leitner Giulio Castriota Scanderbeg

IL SEGRETARIO