Presentazione – Prefazione alla quarta edizione francese – Prefazione per l’edizione del 1980 – Introduzione – Tratto da: Gli Hunza Un popolo che ignora la malattia – Quaderni d’Ontignano – Ralph Bircher

PRESENTAZIONE

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L’operaio che da quarant’anni racconta ogni giorno, al suo compagno di catena, lo stesso sogno pornografico non immagina nemmeno, lobotomizzato * dalla felicità, che possa esistere un altro

genere di benessere.

Così molti, drogati da una concezione tecnologica del progresso, sono incapaci di concepire un’evoluzione diversa da quella della società industriale.

Le TESTIMONIANZE SCIENTIFICHE che qui pubblichiamo, RACCOLTE fra gli Hunza QUANDO non ancora NON ERANO STATI COLONIZZATI, possono contribuire a liberarci da quella prigione ideologica che è la « neutralità del progresso ».

Negli ultimi anni DIVERSI ANTROPOLOGI, alcuni dei quali citati e riassunti nel capolavoro di MARSHELL SAHLINS « Stone Age Econo-mics » (Aldine Publ. Co., Chicago 1972, in corso di pubblicazione in Italia da Bompiani), continuano a portare prove sempre più importanti a favore degli alti livelli di civiltà raggiunti dalle economie di sussistenza delle popolazioni fin qui considerate primitive.

Proprio adesso che nei paesi sviluppati, per milioni di persone al di sopra di un certo livello di ricchezza, la vita sta diventando miserevole ed ha sempre meno senso, nel tentativo di trovare una via d’uscita assumono sempre più importanza gli insegnamenti di coloro che hanno saputo sviluppare al massimo grado la qualità dei rapporti con il proprio ambiente fisico e con la gente del proprio popolo nativo.

In questo contesto si scopre che, oltre al progresso tecnologico, è possibile anche un progresso della sussistenza cioè della capacità di soddisfare i propri bisogni con le proprie forze senza passare dal mercato. Vi sono popolazioni diverse che pur vivendo tutte con le risorse naturali del proprio territorio, hanno sviluppato livelli diversi di civiltá. Gli indici più evidenti del grado di evoluzione di una comunità indigena sono numerosi ed interrelati: la salute, il tempo dedicato al lavoro, l’uso dell’energia, la conservazione e arric-

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  • Lobotomia: operazione chirurgica con cui si tagliano le connessioni di un lobo del cervello (più spesso quello frontale) dagli altri, togliendo irreversibilmente alla persona certe capacità di percezione e la volontà.

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chimento delle risorse, il senso di solidarietà. Spesso dei caratteri positivi si trovano mescolati con più o meno gravi contraddizioni.

“Per poter utilizzare fino in fondo ogni traccia di « civiltà della sussistenza » occorre liberarsi dell’ideologia per assoluti. Questa modo di ragionare produce due partiti contrapposti e speculari l’uno all’altro. Da una parte coloro che hanno il mito del buon selvaggio e dall’altra quelli che fanno la caccia all’errore. I primi relegano. popoli naturali nella sovrastruttura, come i santi, e al massimo rie. scono a mascherarsi da indiani con uno sforzo di volontarismo moralistico, ma non entrano nella pienezza e felicità della condizione vitale propria dell’indigeno che è veramente autore del suo destino.

Ai secondi basta trovare un errore per potersi fare una chiave di analisi di tutta un’esperienza. Per loro sarà facile neutralizzare gli effetti di questo libro, appena scopriranno fra gli Hunza la presenza di un certo grado di stratificazione sociale, proprietà privata e altri limiti. Vi sono altre popolazioni che su questi punti erano e sono molto più avanti degli Hunza.

Chi però vuole trovare qualcosa che possa aiutare a ricostruire una vita che abbia senso, dovrà cercare di evitare i prece.

denti due modi di pensare quel tanto che basta ad accendere la dia-lettica, cioè la capacitá di prendere le cose che servono lasciando stare le altre

L’ideologia per assoluti è il fondamento dell’imperialismo, con la sua destra (il mito) e la sua sinistra (il criticismo). Il mito serve a indorare il potere imperiale di sogni astratti e retorica per renderlo digeribile, la critica lo spinge ad evolversi, adattarsi ed allargarsi fino a comprendere ogni cosa sulla faccia della terra.

Quella che da alcuni secoli è chiamata ufficialmente storia è in realtà la storia della guerra condotta dall’organizzazione imperiale(i mercati) contro la sussistenza dei popoli. In tutti i libri di liceo, quando si parla di storia romana si legge invariabilmente che le popolazioni che c’erano prima erano sottosviluppate e barbare.

GIULIO CESARE, nel De Bello Gallico, parlando dei druidi ricorda, ridicolizzandoli, che conoscevano la scrittura ma disdegnavano utilizzarla nell’insegnamento che davano ai giovani. A titolo di curiosità etnologica, Cesare elenca due ragioni da loro addotte per questo atteggiamento: a) l’insegnamento orale permette alla memoria di esercitarsi, b) il sapere è sacro e personale, non deve essere divulgato in modo anonimo e indiscriminato ma proporzionato alle domande di ogni singola persona. Ciò che Giulio Cesare ha espulso dalla sua consapevolezza, cioè la superiorità filosofica e vitale di quel modo di vivere, ha continuato ad essere combattuto e discriminato in tutta la storia dell’imperialismo nei venti secoli fino alla

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sua attuale forma industriale. L’impero romano è nato dal sopruso e dalla violenza e conserva questa forma ancora oggi persino nei battiti del motore delle nostre automobili, ma adesso che ci avviciniamo alla pratica possibilità della distruzione della vita su questo. pianeta, si va allargando il fronte rivoluzionario per la sussistenza.

Gli indigeni, in America e altrove, gli autonomisti in Europa, gruppi che sempre più numerosi lasciano la società capitalista e si mettono sulle tracce di un buon modo di vivere si vanno moltiplicando. Per un simile esodo che inizia, gli HUNZA, un PICCOLO POPOLO di poco più di 10.000 PERSONE, accerchiato fra l’occupazione sovietica dell’Afganistan, la Cina, l’India ed il Pakistan, sono una delle ispirazioni più preziose.

Teniamo a sottolineare che non pubblichiamo questo libro per aprire nuove speranze di evasione turistica ai borghesi disperati.

Chi volesse semplicemente togliersi la voglia di andare a vedere « di persona » calpesterebbe lo scopo di questa lettura e rientrerebbe nel numero di coloro che hanno sfruttato per tanti secoli i popoli nativi per le proprie voglie di possesso (se non altro di esperienze).

Solo coloro che hanno l’intenzione di imparare dagli Hunza per ricostruire una vita nativa qui da noi può essere in condizione di passare con correttezza un periodo in mezzo a loro.

la redazione dei Quaderni d’Ontignano

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PREFAZIONE ALLA QUARTA EDIZIONE FRANCESE

Nell’antichità, Plutarco scrisse che esisteva ai confini dell’India un piccolo popolo particolarmente felice. Non si sa di chi volesse parlare, ma gli Hunza vivono ai confini dell’India, vi vivevano di già al tempo di Plutarco e sono indubbiamente un popolo particolarmente felice, benché manchi loro tutto quello che per noi occidentali sembra essenziale alla felicità.

L’esploratore inglese McCARRISON ha stabilito che questo piccolo popolo presenta un livello di salute appena immaginabile da noi; è pressappoco quello che il Comitato per l’Alimentazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche negli Stati Uniti ha definito come « Buoyant Health », nel suo bollettino. n.° 109, cioè uno stato di salute esuberante ed estremamente resistente. E tuttavia gli Hunza mancano della maggior parte di quelle cose che da noi passano per essere presupposti indispensabili della salute umana. Gli Hunza, in generale, sono stati considerati privi di ogni cultura, un popolo primitivo allo stato di natura e, benché ciò sia esatto per quanto riguarda l’evoluzione del pensiero astratto e tecnico, osservandoli da vicino si incontrano presso di loro forme sociali così evolute e una cultura umana così elevata nel modo di vivere e specialmente nelle loro feste, che da noi è raro trovare.

Tutto ciò ha posto gli interrogativi più strani e più nuovi, aprendo prospettive che ora rallegrano, ora sconvolgono. Sono prospettive e interrogativi che mi è sembrato necessario approfondire e, poiché fin qui le mie attività andavano in questa direzione, mi ci sono tuffato a fondo. Prima di tutto mi ha colpito il problema della salute fiorente, della « GRANDE SALUTE » (BUOYANTHEALTH), così poco considerato dalla medicina contemporanea, come anche essa d’altra parte ammette. Gli Hunza offrivano evidentemente possibilità insospettate per approfondirlo.

Si può domandare con tutte le ragioni come sono arrivato a scrivere un lavoro sugli Hunza non essendo mai stato nel loro paese ed a che titolo l’ho fatto, dato che non sono né etnologo né medico.

Me lo sono chiesto anch’io quando il libro stava per essere terminato. Ma mentre lo scrivevo mi succedeva come a uno che per caso avesse trovato in un cumulo di rovine o in una cava alcuni frammenti di un rilievo strano che sembrava appartenere ad un unico disegno. Trova nuovi frammenti, cerca, mette insieme, paragona; alcuni elementi si adattano; la passione ‘impadronisce di lui ed ec-

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co che di colpo un’unità si rivela o almeno si lascia intravedere, un insieme splendente di qualità meravigliose. Pressappoco è questo che è successo a me e ai miei Hunza vent’anni fa (1940-41) e nel mio zelo mi sono dimenticato di chiedermi se ero autorizzato a fare questo lavoro. I corsi universitari di sir ROBERT McCARRISON (The Cantor Lectures, 1936) mi avevano messo sulla traccia. Ho ricercato, frugato, mi sono potuto procurare alcune opere difficili a consultarsi e scrivendo ho ricostruito il quadro d’insieme nella misura in cui la materia vi si prestava, sforzandomi di metterne in luce le grandi linee, senza deformarla, ed esponendo chiaramente ciò che viene da altri e da me, ciò che è fatto concreto, ipotesi o supposizione.

Soprattutto tengo a dire che le mie affermazioni in questo libro sulla straordinaria salute degli Hunza non derivano dalla mia opinione personale, ma dalle constatazioni autorevoli di quell’eminente ricercatore, osservatore e insegnante medico che è il professor sir ROBERT McCARRISON, ampliate nei dettagli da quelle del linguista DAVID LORIMER, la cui concordanza è tanto più significativa in quanto I DUE AUTORI SI IGNORAVANO a VICENDA.Inoltre DEVO LORO una profonda RICONOSCENZA per avermi lasciato usare volentieri un gran numero delle loro osservazioni e per aver risposto con gentilezza a tutte le mie domande. Anche RECENTEMENTE MI HANNO SCRITTO che rispondono interamente di ciò che hanno pubblicato a suo tempo, delle osservazioni fatte presso gli Hunza, anche rispetto ai dubbi espressi da altri in questi ultimi anni.

Naturalmente c’era bisogno ad ogni passo di esperti, quando cercavo di approfondire le idee sui problemi posti da questo po-polo.

Avevo accanto a me dei medici per discutere gli argomenti che riguardavano il loro campo e molte opere etnografiche e di altro genere che mi fornivano l’una o l’altra informazione utile, come pure quella base di contesto e paragoni che è indispensabile quando si procede in una « terra ignota ». Avevo delle considerazioni personali fatte durante i miei viaggi in molti continenti e i miei studi specializzati sui problemi storici e geografici dell’alimentazione uma-na, oltre alla mia formazione universitaria in sociologia, economia e storia. Mi resi conto che per molte questioni poste dal fenomeno

Hunza siamo più o meno all’inizio degli studi e che non ci sono ancora dei veri esperti da seguire.

A partire dal 1947-48 divenne possibile, anche se difficile, VISITARE gli HUNZA e si può immaginare come fossi tentato di fare questo viaggio. Potevo essere sicuro che il re degli Hunza mi avrebbe aiutato a superare gli ostacoli « diplomatici ». Lasciare famiglia e professione era difficile, ma probabilmente possibile per

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qualche mese. Trovare i fondi necessari, forse. Ma a che cosa poteva servire un breve viaggio? Mio scopo non era scrivere qualche articolo né fare delle conferenze accompagnate da films o fotografie che mettessero in rilievo il lato pittoresco, etnografico o folkloristico di questo popolo, ma approfondire il grande problema che mi aveva affascinato: lo straordinario stato di salute degli Hunza.

Per questo un viaggio veloce non poteva portare nessun contributo valido. Occorreva una spedizione di esploratori che riunisse un numero considerevole di esperti che collaborassero strettamente, quanto meno per più di un anno, in questo paese. Almeno alcuni di questi collaboratori dovevano possedere sufficientemente la lingua di questo popolo, un linguaggio estremamente difficile da imparare.

Indipendentemente da una conoscenza perfetta delle loro specializzazioni, bisognava che avessero una mentalità abbastanza aperta come non si trova molto spesso fra specialisti, una base culturale personale fuori del comune e un dono quasi artistico di introspezione combinato con la pazienza illimitata di un osservatore discreto e scrupoloso. Senza di che l’impresa rischiava di fare solo sfiorare il problema di fondo e guastare tutto. Ciò che speravo soprattutto era di far comprendere l’interesse scientifico di una simile impresa e che era un’occasione forse irripetibile per approfondire il problema della « BUOYANT HEALTH » (SALUTE RAGGIANTE).

Ma quel che segui fu tutto diverso e tornò a mia delusione. Un gran numero di curiosi, turisti, avventurieri e giornalisti vI si reco in spedizioni lampo. Il RE fece costruire un albergo con luce a neon e birra di Brema. La sua lista di udienze fu ben presto traboccante durante la stagione e una pista per jeeps strappo ben presto il piccolo paese al Suo isolamento quasi neolitico. Nell’insieme tutto questo andirivieni ha prodotto delle belle fotografie, qualche film e un gran numero di conferenze o articoli in riviste; ma dal punto di vista dello stato di salute ben pochi chiarimenti, tanto più che l’aspetto positivo del fenomeno « SALUTE » messo a fuoco con il termine « BUOYANT HEALTH » sembrerebbe sfuggire quasi a tutti. La SALUTE, per la maggior parte dei contemporanei, è semplicemente una CONDIZIONE SENZA VISIBILI MALATTIE

Tuttavia vale la pena di rilevare alcune osservazioni.

Nel 1956 un libro « Hunza, lost Kingdom of the Himalayas » di JOHN CLARK comparve a New York. Questo professore di geologia vi aveva ABITATO per VENTI MESI (dal 1950 al 1951) e AVEVA INSEGNATO a un uditorio di ADOLESCENTI HUNZA (un ragazzo per ogni villaggio), nel vecchio castello reale, l’uso creativo del loro proprio ingegno in vista dello sviluppo di PICCOLE INDUSTRIE nei VILLAGGI. Voleva mostrare così ai suoi compatrioti, gli americani, come meglio AIUTARE i

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POPOLI SOTTOSVILUPPATI. E, fatto curioso, per fare questo esempio cercò con gran cura e per diversi anni, in un gran numero di popolazioni dell’Asia centrale, quella che fosse più duramente impegnata nella lotta tra sovrappopolazione e mancanza di risorse naturali, la più arretrata dal punto di vista tecnico e, allo stesso tempo, la più sana, vigorosa, pulita e intelligente e soprattutto avida di istruzione d’ogni genere, come pure capace di atteggiamenti leali e sinceri: FU SUGLI HUNZA che CADDE la SUA SCELTA. Il libro è in effetti pieno di apprezzamenti per l’esuberanza e vitalità di questi adolescenti, per la loro ansia di imparare, per la loro disinvoltura, i loro sentimenti la loro integrità e soprattuto la loro intelligenza non ancora sviluppata, è vero, sotto molti punti di vista. Così andando in montagna con loro, il professore quarantenne, che era assai bene allenato, seguiva questi ragazzetti ansando e sedendosi spesso spossato, mentre loro saltellavano di roccia in roccia per prenderlo amichevolmente in giro, aspettandolo in alto. Nella discesa CLARK aveva l’impressione di essere una vacca pesante dietro un branco di capre che correvano. Viaggiando a Karachi con due di loro vestiti alla maniera occidentale, questi SEMI-NEOLITICI si comportavano con così perfetto agio e disinvoltura che i domestici del Grand-Hotel li prendevano senza esitazione per dei « sahibs ». Al giardino zoologico il giovane SHERING BEG, dal temperamento artistico, si estasiò davanti alla ricchezza delle forme e dei colori degli animali in una scena così commovente che CLARK notò: « quanti altri talenti straordinari devono esserci in questo angolo di mondo, che soffocano e stentano nella ristrettezza del paese senza potersi sviluppare! » Ed aggiunse: « Quante cose si potrebbero fare con un simile materiale umano! »

Nell’ottobre 1953 il NATIONAL GEOGRAPHIC MAGAZINE pubblicò un rapporto degli ALPINISTI J. e F. SHORsulla loro visita agli Hunza.

Ecco un EPISODIO: avevano ottenuto il permesso di CACCIARE gli ARIETI di MARCO POLO, che sono estremamente rari e curiosi, della statura di un asino e con corna di due metri di apertura. Accompagnati da tre Hunza attraversarono un grande ghiacciaio ed intrapresero la scalata delle enormi pendici della montagna. « Io ero in buona forma, ma i nostri amici Hunza trovavano che camminavamo lentamente. Si precipitavano avanti come cani da caccia, descrivendo larghi cerchi e fecero almeno tre volte più strada di noi senza manifestare il minimo segno di fatica. A 5300 METRI di ALTEZZA facemmo una sosta di una mezz’ora e mangiammo una manciata di ALBICOCCHE SECCHE e di NOCI Poi ricominciammo ad arrampicarci, 460 METRI nelle tre ore che seguirono. Gli Hunza volevano continuare a cacciare tutta la notte, ma IO ERO SFINITO, i PIEDI

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erano diventati di piombo, i POLMONI stavano per scoppiare, il mio CUORE ballava la sarabanda ».

Accettarono di BIVACCARE Al mattino gli Hunza svegliarono gli SHOR molto presto. Le mani di questi ultimi riuscirono a mala pena ad aprire la cerniera del sacco a pelo. Dopo aver mangiato qualche ALBICOCCA e qualche NOCE andò un po’ meglio. Durante la sosta poterono osservare gli esemplari di questi rari animali alla distanza di poche centinaia di metri: ARIETI MAGNIFICI. Disteso e puntando il fucile, uno degli SHOR tirò al più grosso. Il branco fuggì e tra i fuggiaschi uno degli Hunza uccise un altro ariete tirando in piedi col suo vecchio fucile a pietra focaia. Due uomini andarono a cercare gli animali caduti, mentre gli SHOR sfiniti si riposavano. Poi scesero, la guida e gli SHORdavanti, gli altri due con gli animali uccisi sulla schiena dietro.

« Ci vollero alla guida ed a noi sei ore per ritornare a Baltit, attraversando pareti e ghiacciai. Eravamo appena arrivati a casa e i due Hunza arrivarono, ciascuno con le sue DUECENTO LIBBRE di CARNE di MONTONE sulle SPALLE.Nessuno di loro sembrava minimamente affaticato ».

Ricordiamo subito che si incontrano anche dei giudizi del tutto diversi e sfavorevoli sulle qualità degli Hunza. Un capo spedizione scrisse che i suoi due domestici Hunza si erano rivelati pigri e senza grande resistenza, e che lo stato di salute Hunza non sembrava così buono come si diceva. L. LORIMER mi scrisse laconico su quest’argomento: « I portatori sono generalmente incapaci quando lo sono i loro capi ». Gli HUNZA sono fieri e facendo finta di essere indolenti e incapaci SI BEFFANO di quelli che li trattano dall’alto in basso.

Nell’aprile 1961 J. QUENNESSEN visitò il re (Mir) degli Hunza, accompagnando il principe e imamo Karim, successore dell’Aga Khan. Accanto al re incontrò un bel GIOVANE di 20 ANNI, il PRINCIPE KHAN, che si presentò come zio del re. AHURI QUENNESSEN lo guardò a bocca aperta perché il RE (il NIPOTE) si avvicinava ai SESSANTA ANNI.

Il PRINCIPE spiegò che non c’era niente di straordinario in questo e che SUOP PADRE, un fratello del re precedente, l’AVEVA GENERATO all’ETA’ di SETTANTACINQUE ANNI.

Assicurò anche che presso di loro alcuni uomini procreano all’età di CENTONOVE ANNI e che CENTOVENTI ANNIera un’età accertata e c’era chi pretendeva di avere CENTOQUARANTA ANNI e lavorava ancora nei campi (« France Soir » 12 aprile 1961).

Dal 1950 tuttavia, con il flusso di TURISTI e CURIOSI, il quadro cominciò visibilmente ad alterarsi. Molto più che al tempo di McCARRISON (1904-1914) e di LORIMER (1934.1935) UTENSILI CASALINGHI e CAPI di VESTIARIO fabbricati in OCCIDENTE apparvero nella vita degli

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Hunza e lo stesso successe anche nel campo delle divisioni politiche. Gli STRANIERI in visita credevano di fare del bene distribuendo SIGARETTE, MARMELLSTE e manciate di CARAMELLE, senza pensare all’influenza disgregatrice inevitabile del loro comportamento. L’Aga Khan, il capo religioso, ebbe cura di creare delle scuole nel paese, frequentate d’altra parte con entusiasmo dalla gioventù Hunza. Al tempo stesso sembrava anche aver imposto una pratica religiosa meno liberale e, cosa curiosa, da allora il sorriso felice che era così generalizzato sul volto degli Hunza ancora al tempo di LORIMER (1935) sarebbe divenuto molto più raro.

Nel 1947 la sovranità britannica finì e il paese fu unito al PAKISTAN. Da allora i giovani Hunza fanno il SERVIZIO MILITARE nell’ESERCITO PAKISTANO. Hanno anche preso parte alla GUERRA di COREA. Una parte di loro è tornata da questa con NUOVE ABITUDINI (SIGARETTE etc.) ed è affetta da MALARIA e TUBERCOLOSI.

La sovrappopolazione, preoccupante già nel 1935, era aumentata nel frattempo in modo deleterio e per giunta era sopravvenuta un’ALTERAZIONE del CLIMA, secondo CLARK, che aveva prosciugato molte sorgenti d’acqua indispensabili e prodotto l’abuso degli alpeggi. Tutto ciò si accumulò al punto che CARESTIE TROPPO GRANDIcominciavano a deteriorare la resistenza umana e animale.

Forse per questa MANCANZA di ACQUA si produsse in più una DIMINUZIONE dell’IGIENE, così notevole in precedenza per un popolo nel cuore dell’Asia. Le MOSCHE, ancora molto RARE nel 1935, pullulavano ora d’estate causando MALATTIE INFETTIVE, DISSENTERIA e OFTALMIE, che devastavano periodicamente il paese. Il piccolo centro sanitario britannico, che era ridotto più o meno alla disoccupazione nel 1935 fu soppresso nel 1947.Ma alcuni stranieri che arrivarono dopo alcuni anni in questo PAESE « SENZA MALATTIE » dando l’impressione di essere medici, furono assaliti da persone in cerca di MEDICINE. « Io sono sicuro di una cosa » mi scrisse LORIMER a questo proposito « che ALLA MIA EPOCA (1935) NON ERA POSSIBILE NOTARE la SPORCIZIA e laMALATTIA ENDEMICA di cui riferisce la dottoressa UNRUH (1954). Le è stata data probabilmente la possibilità di vedere tutte le malattie che esistono ora perché la gente si aspettava che facesse dei miracoli. Se avesse almeno un po’ compreso il problema della « SALUTE RAGGIANTE », invece di essere prigioniera del

‘« ottica » specialistica dell’occidente contemporaneo, avrebbe riflettuto che delle PERSONE, che NON CONOSCEVANO la MALATTIA e NEMMENO delle LEGGERE INDISPOSIZIONI, sono naturalmente PRESE da ORRORE quando si trovano COLPITE all’IMPROVVISO da un’INDISPOSIZIONE QUALUNQUE ».

RELAZIONI più RECENTI annunziano una RIPRESA RAPIDA della SALUTE degli HUNZA dopo il 1958 (J. H. TOBE: Hounza, Toronto 1960).

Che magnifico servizio noi occidentali avremmo potuto rendere

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a questo popolo con miglior conoscenza di causa! Avremmo potuto metterli in guardia contro le influenze deleterie della nostra civiltà, pur familiarizzandoli con i suoi vantaggi. Avremmo potuto mostrare in che cosa le loro abitudini tradizionali sono superiori alle nostre e favorevoli alla salvaguardia del loro magnifico stato di salute e in che cosa possono essere migliorate o accresciute. CLARK, ad esempio, era un uomo eccellente. Insegnò loro il pensiero creativo e le piccole industrie capaci di nutrire questo popolo minacciato nella sua esistenza per l’aumento della fame. Ma si rallegrava, NELLA SUA IGNORANZA, di vedere gli adolescenti regalarsi CARAMELLE, ZUCCHERO, DOLCI e CARNE. ACCUSAVA la FRUTTA FRESCA di CREARE le DIARREE l’ESATE, IGNORANDO il fatto che queste DIARREE erano SCONOSCIUTE PRIMA della GUERRA, malgrado la preponderanza di CIBI CRUDI nella loro « DIETA » ed imputò il proprio rapido esaurimento alla scarsità della carne a cui era costretto nell’alimentazione. Egli non pensò che questi monelli, così accorti e vigorosi, non avevano conosciuto la CARNE, se non come RARA ECCEZIONE, prima del suo arrivo.

Queste osservazioni degli anni dopo il 1950 mostrano due cose:

La « GRANDE SALUTE » sussisteva ancora a un livello notevole, malgrado il notevole apporto di influenze deleterie.

Una spedizione appropriata, come io la intendevo, avrebbe avuto ancora di che studiare, ma l’occasione stava guastandosi rapidamente.

RENDISMOCI CONTO: questi Hunza sono certamente un popolo affascinante e degno dell’interesse di cui li rivestiamo. Noi desideriamo per loro un avvenire felice. Ma non è la loro sorte che ci riguarda, bensì la nostra. È solo familiarizzandoci con i fatti e gli aspetti della « salute raggiante», la vera salute, così ignorata dai nostri contemporanei, che ci si può veramente rendere conto a qual punto il nostro stato di salute sia deteriorato da abitudini opposte ad un ordine di vita adeguato alla specie umana, qualunque sia quest’ordine che noi non conosciamo ancora sufficientemente e che delle ricerche presso gli Hunza potrebbero giustamente aiutarci a conoscere meglio. Ecco la preoccupazione che mi ha fatto scrivere questo libro, a parte le mie simpatie per loro.

Dr. Ralph Bircher

Erlenbach, Zurich – 20 Maggio 1961.

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PREFAZIONE PER L’EDIZIONE DEL 1980

La nozione di salute umana permane ancora oggi quasi completamente negativa: star bene senza noie né malattie. In medicina e nell’opinione pubblica fino ai nostri giorni questo campo è rimasto trascurato e senza interesse. Non si conosce l’aspetto positivo della salute, un campo estremamente interessante e vasto e in cui vi sono delle interessantissime scoperte fatte da parecchie scuole mediche.

La considerazione del fenomeno salute come benessere senza noie non tiene conto della lunga durata delle « malattie interne » (Inbuilt diseases) nascoste da una salute apparente. Diversi disordini patologici sono spesso nascosti e compensati per decenni e perfino per generazioni dal meraviglioso potere che ha l’organismo umano di reagire alle malattie. Ma questo patrimonio della natura non ci è dato per nascondere dei disordini e difetti interiori causati da una vita sbagliata e di continuo disordine, ma per moltiplicare le nostre riserve e dare libertà ai nostri doni e facoltà.

Per quanto riguarda gli Hunza, vediamo cosa è successo nel frattempo

Nel 1971 una spedizione svedese, guidata dal medico Dr. K. O. ALY, visitò gli Hunza. Arrivarono in jeep e poterono studiare la situazione per una settimana parlando col Mir (il re), il primo ministro, i maestri di scuola, un medico e un farmacista pakistano e alcuni Hunza che parlavano inglese.

ALY trovò la situazione un po’ alterata dalle numerose visite di stranieri e dalla loro influenza poco felice. Ciononostantel’agricoltura non era cambiata e il CIBO della popolazione quasi interamente VEGETALE era appena sufficiente.

Durante il periodo di MANCANZA di CIBO, in PRIMAVERA, ricevevano da 5 a 10 CHILI di FARINA e ZUCCHERO BIANCO a TESTA come aiuto e normalmente consumavano di alimenti importati anche piccole quantità di riso bianco, the nero, conserve, SIGARETTE e dolci, oltre a sale bianco. La DURATA dell’ALLATTAMENTOera DIMINUITA da TRE a un po’ più di DUE ANNI. Eppure lo stato di salute non era ancora calato. Erano ancora abituati a lavorare molto duro e con sveltezza per tutto l’anno. C’era qualche caso di gozzo, ancora inesistente: ai tempi di McCARRISON; e della CARIE DENTARIA in alcuni BAMBINI. Alcuni UOMINI tornando dal SERVIZIO MILITARE in PAKISTAN si portavano

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a casa delle MALATTIE. Nonostante ciò si poteva ancora osservare una SALUTE ESUBERANTE.

Per TRACCIARE il QUADRO della PIENA SALUTE ORIGINARIA bisogna dunque risalire a PRIMA che avvenissero queste ALTERAZIONI e anche, come fa questo libro, a PRIMA della PRIMA INVASIONE da parte della CIVILTA’ STRANIERA che avvenne nel 1947-1950 quando la sovranità passò al PAKISTAN.

Fu allora che i GIOVANI HUNZA cominciarono ad ESPATRIARE temporaneamente per la LEVA MILITARE e a servire come SOLDATI apprezzatissimi nell’ESERCITO PAKISTANO, ritornando poi con nuove abitudini prese fuori e con MALATTIE INFETTIVE come la MALARIA e la DIARREA AMEBALE.

E fu allora che, incitati dal vendutissimo libro americano « THE HEALTHY HUNZAS » (RODALE) e da numerosi articoli apparsi sui giornali illustrati, si ebbe in territorio Hunza un AFFLUSSO di CURIOSI, avidi di farsi fotografare col re, senza preparazione né serie conoscenze, che distribuivano SIGARETTE, CARAMELLE e MARMELLATE e cercavano l’ELISIR di LUNGA VITA per poterlo vendere e diventare ricchi e poi sulla base di alcune impressioni, spesso abbastanza superficiali, pro ducevano conferenze, articoli e libri.

Venne oltretutto UN ANNO di SICCITÀ , e incontrando qualcuno con MALATTIE agli OCCHI, alla PELLE, e DISSENTERIA, ci fu chi cominciò a descrivere la salute degli Hunza come un mito. Il Re mi scrisse allora che questa gente aveva delle conoscenze insufficienti e superficiali, avendo visto ben poco al di fuori della sua corte col piccolo albergo, e che i fatti notati da McCARRISON, WRENCH, e i LORIMER erano ancora in piedi. Riuscì a rimettere apposto le cose chiudendo l’accesso agli indegni e intensificando il culto delle abitudini base della salute straordinaria, di modo che verso il 1960 l’equilibrio era largamente ristabilito. Fu allora che JOHN G. TOBE fece i suoi studi approfonditi, partendo da una conoscenza della vera salute positiva e il linguista BERGER potè TRADURRE il DIARIO del RE, rivelando soprattutto l’importanza del CULTO della SALUTE.

Questo culto, fondamento della SALUTE RAGGIANTE, consiste in feste in cui si è rapiti e trasportati interiormente in uno spessore di FELICITA’ profonda e comunitaria, sono FESTE RITUALI coincidenti coi SOLSTIZI, con le SEMINE, i RACCOLTI, i MATRIMONI delle singole famiglie riuniti tutti in una sola giornata e poi la FESTA del RINNOVAMENTO della LUCE

Il libro scritto da JOHN TOBE è il più coscienzioso e autentico fra quelli pubblicati dopo la guerra. Anche se TOBE non incontrò né malati, né invalidi, si informò diligentemente dal dottore YOUSSOUF KHAN, mandato da poco dal governo e che gli dette così le informazioni più competenti in proposito.

C’erano alcune CARIE DENTARIE, qualche caso di GOZZO, – poi-

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ché il SALE BIANCO importato aveva sostituito quello GRIGIO della zona, ricco in minerali ma difficilmente accessibile – alcune INFEZIONI che venivano superate con una rapidità sorprendente, e come nei vecchi tempi alcune malattie agli occhi in qualche vecchio, ben spiegabili col fatto delle settimane d’inverno passate nelle CASE PIENE di FUMO.

Ma citiamo alcune righe di quel che scrive TOBE sulla SALUTE in POSITIVO.

« Se c’è qualcuno sul nostro pianeta che ha scoperto come l’essere umano può riuscire a spostarsi senza perdite d’energia questo è senz’altro il popolo Hunza.

Non ho mai visto in tutta la mia vita un INCEDERE così allegro e aereo come il loro, senza sforzo, con la testa e il petto alzati. Come mi piacerebbe saper CAMMINARE in modo così affascinante, con tanta leggerezza, agio ed elasticità. Non hanno mai bisogno di riposarsi. La loro forza e freschezza sembrano inestinguibili. Alla fine di una giornata di scalate sembrano freschi come all’inizio. Trasportano \PESANTI FARDELLI a un’altezza di 6000 METRI, per così dire, ballando e traversando velocemente delle lastre di roccia su cui noi esiteremmo ad arrischiarci. Non ho mai visto fra loro un viso triste o imbronciato. Sembrano sempre freschi, amabili, allegri, sorridenti, gioviali e pieni di buoni pensieri.

In famiglia e fra le famiglie ci si tratta da amici, senza gelosia né avidità, spartendosi amichevolmente il lavoro fra uomini e donne. Queste ultime sono libere, attraenti e vi guardano con un piccolo sorriso. Sarebbe difficile immaginare della gente più industriosa, diligente e svelta nelle sue attività, che lavora sette giorni su sette, alzandosi dalle 3 e mezzo alle 4 e mezzo del mattino. Eppure non hanno mai l’aria di aver fretta e hanno dappertutto e sempre il tempo di stare a parlare. Trovano la propria felicità nel semplice fatto di vivere, e la vita in se stessa è per loro un’avventura appassionante. Cose e avvenimenti che per noi sarebbero normali e senza importanza sono fonte per loro di soddisfazioni.

Non hanno mai fretta e sono pieni di energia. Lo sguardo dei bambini è felice e senza preoccupazioni. Il fisico degli uomini assomiglia molto alle opere di PRASSITELE. Non è affatto raro che uomini da 70 a più di 90 anni abbiano dei figli e perciò non è nemmeno raro vedere un giovane di 20 anni accanto al fratello primogenito di 50 anni

Nei CAMPI di POLO DODICI Hunza a CAVALLO, non essendo assolutamente degli sportivi allenati ma semplici contadini, si dedicano a uno sport pericoloso con una precisione inaudita per tre o quattro ore senza mai smettere, davanti alla partecipazione rumo-

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rosa degli spettatori e dopo questo sono capaci di ballare a lungo con brio.

In considerazione di tutto ciò bisogna guardare con attenzione e studiare la loro estrema povertà materiale e il loro NUTRIMENTO RIDOTTO, quasi unicamente di ORIGINE VEGETALE.

Non hanno ARTI, per così dire, se l’arte si esprime soltanto in opere d’arte, ma è LA LORO VITA che è un’OPERA d’ARTE insuperabile.

Non hanno RELIGIONE se si intende con questa parola degli edifici, degli oggetti scintillanti e delle lunghe cerimonie e preghiere, ma LA LORO VITA in se stessa è RELIGIONE nel suo senso più profondo, sanno fare una festa del più piccolo avvenimento e le loro feste li riuniscono intimamente con la creazione divina ».

Le ultime informazioni ricevute sono contraddittorie.

Secondo HERMANN SCHAEFER (1978) la SALUTE sarebbe PERFETTA, la zona inaccessibile, il culto della SALUTE RAGGIANTE rianimato meravigliosamente dalla VEDOVA REGNANTE del RE MORTO dieci anni fa. D’altra parte sono venute a visitarmi da poco DUE PERSONE che sono riuscite a superare la proibizione di entrare nel territorio Hunza: un TEDESCO e un PAKISTANO. Quello che hanno visto è DESOLANTE.

Il piccolo paese ha perduto la sua sovranità, la corte la sua influenza e al suo posto regna la POLIZIA del PAKISTAN.Una LARGA STRADA ASFALTATA che collega la CINA al PAKISTAN traversa i campi più belli della zona. Il COMMERCIO, il thè nero molto zuccherato, il riso bianco ecc. sembra che abbiano COLONIZZATO tutti i VILLAGGI hunza. Questo nella PRIMAVERA del 1979.

Dr. RALPH BIRCHER

Erlenbach, Zurich – Dicembre, 1979

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INTRODUZIONE

Civiltà della « Luce Bianca »

Intendiamo intrattenervi qui su un lontano piccolo popolo che, al momento attuale, merita la nostra più viva attenzione. Il suo linguaggio, le sue origini, sono un vero enigma per gli studiosi.

E chiamato spesso « il POPOLO GRECO dell’HIMALAJA ».

Vivendo nel solitario eremitaggio di un grandioso panorama di montagne, costretto ai più duri lavori dei campi, questo popolo non arriva mai a strappare al suo suolo una produzione sufficiente a metterlo al sicuro dalla FAME, né le materie necessarie per vestirsi e proteggersi efficacemente dal FREDDO. Nella lotta umana per l’esistenza gli è stata assegnata una sorte più pesante di quella di ogni altro popolo e ciononostante porta il suo destino con un attraente buonumore, come se si trattasse della più bella vita che esista. E oltretutto un popolo degno di essere amato e che, a dispetto della suo condizione contadina, pratica virtù ed usi cavallereschi: giochi sportivi di qualità, danze di stile, gentilissime cortesie.

Ma tutto quello che si è detto non dimostra ancora la ragione per la quale questo popolo deve interessare in modo speciale gli europei di oggi, così gravemente scossi da guerre e problemi sconvolgenti.

Noi ci mostriamo arroganti nei confronti delle altre razze e popoli della terra, pur essendo contemporaneamente coscienti della nostra colpevolezza verso di loro. Siamo minacciati in diversi campi da cose come il << PERICOLO GIALLO>>. Già è difficile presentarci a questi altri popoli con perfetta naturalezza; ed ecco che viene alla luce oggi un PICCOLO POPOLO con un PASSATO così aANTICO da essere IMMISURABILE, INCOLLOCABILE nel TEMPO e nello SPAZIO. Di fronte ad esso non abbiamo alcuna reputazione da difendere, alcuna colpa ereditaria da nascondere: non abbiamo che da lasciar cadere tutte le nostre idee preconcette ed attingere direttamente alla sorgente di vita e di esperienza che ne sgorga ancora intatta.

Per arrivare a comprendere qualcosa dell’ENIGMA degli HUNZA ci occorre, prima di tutto, abbandonare la nostra concezione abituale di « civiltà ».

Di fatto, è una CINQUANTINA d’ANNI che si è sentito parlare degli HUNZA. I VIAGGIATORI od ESPLORATORI che, venendo dal CACHEMIRE, si recavano attraverso il COLLE di MINTAKA nelle MONTAGNE del KARA-

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KORUM, fino alla REGIONE più OCCIENTALE del TIBET, avevano più di uno notato, in questa contrada, una POPOLAZIONE particolarmente BELLA, PULITA e GRAZIOSA. Ma, imbevuti della concezione europea di « cultura » non venne in mente a nessuno di loro di poter avere a che fare con un popolo civile, perché non si ammiravano, nei paesi degli Hunza, né templi scolpiti, né pitture, né opere poetiche.

Quando qualcuno si trova ad avere IN FONDO all’OCCHIO quello che si chiama « l’ANGOLO CIECO » ne risulta un’ALTERAZIONE del suo CAMPO VISIVO. Egli può non percepire una cosa che è dritta davanti a lui. Così, nelle RAZZE che ci sono estranee, ci sfuggono elementi importanti perché la nostra visione è alterata da macchie di questo genere. Questo speciale ACCECAMENTO lo dobbiamo allo stato d’animo arrogante e brutale col quale i nostri antenati hanno conquistato il mondo, paralizzando o distruggendo, ovunque andavano, le più nobili caratteristiche dei popoli.

Nello stesso modo ci comportiamo anche noi con le civiltà che non si esteriorizzano in sontuosi capolavori. Sappiamo riconoscere la CULTURA solo nelle sue manifestazioni: non sappiamo né vederla né coglierla nella sua PRIMA RADICE. La troviamo nell’arcobaleno brillante delle sue svariate dimostrazioni, invece di intravederla nella «LUCE BIANCA » dove si incontra la sua energia più nobile e più alta. La riconosciamo nelle sue forme sociali: nell’arte. nel lusso, nella scienza, nella filosofia, ma i nostri occhi misconoscono l’irradiamento del suo focolare intimo, questa azione combinata delle più alte forze vitali e della più pura energia spirituale, creatrice dell’ordine cosmico. Abbiamo mai osservato che i periodi di piena maturità, quelli in cui si dispiegano le più belle fioriture dello sforzo umano, non succedono mai alla comparsa dei grandi capolavori classici perché questi sono sempre canti del cigno, il segnale della decadenza e del cambiamento?

Ogni esteriorizzazione, per bella ed elevata che sia, implica già la disgregazione e il declino.

Ora, in questo piccolo popolo degli Hunza, troviamo, io credo, il focolare di una civiltà della « LUCE BIANCA »: luce indivisibile, inalterabile nella sua integrità, raggiante di una PUREZZA così assoluta che la sua CHIAREZZA ci abbaglia. Si può pensare che questa for. ma di civiltà sia probabilmente la sola che sfiderà i secoli, la sola che si eleverà al di sopra delle alternanze del divenire e del deperimento

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Prima scoperta del fenomeno Hunza

Durante il periodo tra le due guerre mondiali, DUE STUDIOSI DIVERSI hanno « scoperto », indipendentemente l’uno dall’altro, il popolo Hunza, cioè hanno constatato in esso caratteristiche che si possono dichiarare straordinarie ed uniche. Se fino a qui queste scoperte non hanno attirato l’attenzione ciò dipende forse dal fatto che è sopravvenuta la guerra, ma senza dubbio anche dal fatto che in questo caso si tratta di cose che toccano un orientamento nuovo del pensiero. Sono rimaste fino ad ora « segreto » di pochi. Ma la disavventura di questa ultima guerra potrebbe affrettare il momento in cui il nome « HUNZA » diventerà prezioso a molti.

Il PRIMO dei DUE STUDIOSI era un MEDICO SCOZZESE che nel suo ardente desiderio di ricerca scientifica accettò, ancora MOLTO GIOVANE, un posto assai duro di MEDICO di STATO nell’INDIS BRITANNICA.

Il SUO TERRITORIO era la ZONA di FRONTIERA situata a NORD del CACHEMIRE nel circondario di GILGIT. Non soltanto egli restò fedele per QUATTORDICI ANNI al suo compito, ma si dedicò anche con passione a un’inchiesta sulle MALATTIE del PAESE ed i mezzi per combatterle.

Si trattava di McCARRISON. ‘

Le sue funzioni lo chiamavano regolarmente tra numerose piccole popolazioni di frontiera, più o meno autonome e spesso molto difficili a raggiungersi. Egli doveva controllarne le condizioni sanitarie e portare loro le cure mediche. Gli Hunza erano una di queste popolazioni. Ora questa gente lo colpiva, durante tutte le sue visite, per la bella conformazione fisica e la grande capacità di lavoro. Ma poiché la sua curiosità di RICERCATORE era tutta concentrata sulle MALATTIE,QUESTO POPOLO gli apparve il MENO INTERESSANTE di TUTTI; gli sembrò anzi INSIGNIFICANTE: a parte qualche FRATTURA OSSEA non c’era MAI NIENTE da ESAMINARE o da CURARE.

A quell’epoca McCARRISON pubblicò in alcune riviste mediche inglesi una serie di ARTICOLI molto approfonditi che gli valsero una bella fama di STUDIOSO. Il VICERE’ lo scelse come MEDICO PERSONALE; il governo lo nominò Maggiore-generale dell’Ufficio Sanitario Indo-britannico, poi direttore di una Stazione di Ricerche, creata espressamente per lui e organizzata secondo sue indicazioni.

Le sue indagini sul GOZZO ed i primi lavori sulle VITAMINE lo decisero a tentare ESPERIENZE in grande sugli ANIMALI. È necessario, come si sa, avere ACCANTO alle BESTIE destinate agli ESPERIMENTI altri ESEMPLARI del tutto SANI sui quali poter praticare un CONTROLLO.

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1 Mi riferisco qui alle indicazioni date nel « The Wheel of Health » del dottor G.T. WRENCH di Londra che FU unALLIEVO di McCARRISON.

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McCARRISON si rendeva conto che le ESPERIENZE fatte sugli ANIMALI sono solo un modello imperfetto di quelle praticate sugli uomini, ma, per una ragione molto importante, queste ultime erano impraticabili: dove trovare uomini che potessero servire come campioni di riferimento.

NON ESISTEVA una RAZZA UMANA COMPLETAMENTE SANA. Eppure … pensò inopinatamente: quello che cerco non esiste forse, malgrado tutto, da qualche parte? Che ne era dunque di questo insignificante popolo degli HUNZA, lassù nella regione di GILGIT? Non sarebbe un’i’dea esaminare una volta a fondo la gente di questa tribù?

McCARRISON pensò che tutta la sua formazione medica e tutte le ricerche che aveva fatto, fino ad allora, avevano riguardato esclusivamente le MALATTIE e la lotta contro le malattie, mai che cosa si intende per « SALUTE». Le persone che si presentavano per tarsi visitare da lui erano, necessariamente, sempre dei malati ed ancora dei malati, era soltanto la malattia che lo aveva interessato in loro… CHE COSA ERA la SALUTE? Egli non se l’era, per così dire, mai domandato. La conoscenza della SALUTE sembrava scontata, come UNO STATO SENZA DISORDINE PRONUNCIATO o DIMOSTRABILE. Eppure la SALUTE era l’ESATTO CONTRARIO della MALATTIA: la superava anche di molto in importanza. Esigeva dunque a buon diritto lo studio sistematico e l’intera attenzione dello studioso. Insomma SI IGNORAVA completamente quali fossero i DIVERSI GRADI e le MANIFESTAZIONI CARATTERISTICHE caratteristiche della SALUTE, così come le CONDIZIONI dalle quali dipendeva.

Una volta che questo problema fu messo a fuoco nella sua mente McCARRISON, da uomo intelligente, dette un colpo di barra al suo timone ed affrontò un compito nuovo: ricercare l’EZIOLOGIA della BUONA SALUTE GENERALE degli HUNZA.

Si dedicò allora a questo popolo per farne l’esame più accurato possibile, apportandovi il senso critico di un intelletto esatto, il sapere di un medico estremamente ricco di letture, ma soprattutto la sua eccezionale esperienza di tutte le malattie che inferivano in quelle zone e poté stabilire che si trattava effettivamente di un POPOLO in PERFETTA SALUTE, il TIPO IDEALE di « CAMPIONE DI CONTROLLO », in definitiva IL POPOLO PIU’ SANO della TERRA, poiché non si erano ottenuti sino a allora SIMILI RISULTATI con NESSUNA RAZZA VIVENTE. Questa qui era ESENTE DA OGNI MALATTIA, in particolare DA OGNI MALATTIA CRONICA, ed OPPONEVA alle INFEZIONI una POTENTE RAZIONE di DIFESA. A parte RARI ACCESSI di FEBBRE, CORTI e VIOLENTI, e ogni tanto qualche INFIAMMAZIONE agli OCCHI, al TERMINE di una LUNGA STAGIONE FREDDA passata nelle ABITAZIONI INVERNALI, non si ebbe NESSUNA MALATTIA da registrare; qui i testi di patologia perdevano ogni ragion d’essere. NON ESISTEVANO, nemmeno, le cosiddette « MA-

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LATTIE da INVECCHIAMENTO » per cui dimostrò che erano evitabili. L’ETA’ non portava alcun indebolimento degli ORGANI; il CUORE non perdeva nulla della sua giovanile elasticità; NON si produceva alcuna diminuzione dell’UDITO o della VISTA e i DENTI mordevano sempre, vigorosi e brillanti, il duro pane quotidiano. La VITA si SPEGNEVA solo ad un’ETA’ ESTREMAMENTE AVANZATA come una FIAMMA QUIETA che GIUNGE DOLCEMENTE alla propria FINE.

Questo quadro sanitario, visto sotto un aspetto negativo, poiché rispondeva alla domanda fatta per sapere quel che non era, procedeva, ancora, sempre dallo studio della MALATTIA. Se, capovolgendo il procedimento, l’applichiamo all’esame della SALUTE e domandiamo per quali qualità positive questa buona salute si rivela troviamo, sotto la penna diMcCARRISON, questa risposta notevole e significativa: « Ci sono TRE QUALITA’ che caratterizzano questo STATO di BUONA SALUTE e che ne sono parte integrante, per quanto singolare ciò possa apparire in un primo momento.

Si chiamano: la CAPACITA’ di SFORZO, la GIOCONDITA’ del CARATTERE e la PAZIENZA » 1

CAPACITA’ di SFORZO: questa colpiva negli Hunza a prima vista, tanto nel lavoro, quanto nei giochi sportivi e nella danza. I viaggiatori che intraprendevano GRANDI ASCENSIONI nell’HIMALAJA o nella regione del KARAKORUM avevano da tempo manifestato la loro netta preferenza per i portatori Hunza. Il colonnello SCHOMBERG, comandante militare inglese ben noto, osservò un giorno al cannocchiale una COLONNA di PORTATORI che SALIVA il VERSANTE OPPOSTO della MONTAGNA. I suoi gli spiegarono che erano HUNZA;« da che cosa riconoscete che sono Hunza? » domandò il colonnello molto sorpreso.

« Ma dal loro MODO tutto SPECIALE di CAMMINARE! » E di fatti la loro ANDATURA sembrava averequalcosa di ALATO. Quando, durante le ascensioni, occorre SCALARE ROCCE e LASTRE SDRUCCIOLEVOLIcon PESANTI FARDELLI i loro portatori superano tutti quelli dell’Asia centrale. Scortato dagli Hunza un esploratore avanzò per due lunghi mesi, attraverso terreni rocciosi o ricoperti di ghiaccio, indicibilmente difficili e faticosi. Là dove altri portatori snervati ed allo stremo delle forze erano pronti a chiamare aiuto, gli Hunza conservavano costantemente il loro spirito di solidarietà e la loro gioiosa disponibilità ad aiutare. La FATICA e la PAURA NON SEMBRANO ESISTERE per LORO. Nessuna delle estreme difficoltà del cammino potè spingerli a lamentarsi né ad accettare rinforzi. SOTTO i loro PESANTI FARDELLI SALIVANO come AGILI PANTERE lungo PARETI a PICCO. Fare con ogni

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diligenza 100 km. di strada attraverso le gole che separano BALTIT (capoluogo del territorio Hunza) da Gilgit, il più vicino ufficio postale britannico, per portarvi una lettera, e poi rifare immediatamente tutto il percorso in senso inverso, correre in fretta a Tasch Kourgban, nel Tibet, distante 230 km; ritornare senza soste per sentieri impervi ed alti passi di montagna; arrivare infine a casa calmi e freschi come al momento della partenza, PRODEZZE SIMILI sono per un Hunza una cosa normalissima.

GIOCONDITA’ di CARATTERE: un umore sempre uguale, sempre incline al riso allegro. Anche soffrendo fame, freddo e privazioni, l’Hunza è sempre pronto a passare, da un momento all’altro, alla radiosa giocondità di un giorno di festa.

PAZIENZA: sopportare con calma i rumori, il dolore ecc. pur percependo ogni istante i minimi piccoli movimenti o cambiamenti che si producono intorno a sé, sono tutti indici di un sistema nervoso sano e contemporaneamente sviluppato in finezza. « Nervi resistenti come canapi, delicati come la fine corda dei violini » testimonia McCARRISON. Nessun segno di irritabilità, suscettibilità, nessuna ansietà né impazienza, ma al contrario longanimità e spirito di conciliazione.

In definitiva il risultato di queste osservazioni è che tra la salute reale e ciò che noi consideriamo salute esiste una grande distanza e tra questi due stati c’è una ricca e lunga serie di sfumature intermedie; un fatto che dimostra quanto sia vasto il campo che abbraccia lo studio della salute.

Chi è dunque in buona salute? Gli Hunza o noi?

Se il nostro concetto di salute è giusto, bisognerebbe inventare per gli HUNZA la nozione di IPERSALUTE. Se è esatto il loro, LA NOSTRA NON è una VERA SALUTE, ma il risultato di una statistica basata su impressioni, una media dello stato sanitario di tutti i « non malati ».

McCARRISON chiama questo stato, che è il nostro: « la ZONA CREPUSCOLARE della CATTIVA SALUTE».(Twilight Zone of Ill-Health) e noi viviamo in questo crepuscolo senza neanche sospettarlo.

McCARRISON non si fermò a questi primi risultati, ma si mise a RICERCARE le CAUSE e le CONDIZIONI di sviluppo di questa PERFETTA SALUTE degli HUNZA. Era il prodotto di CIRCOSTANZE LOCALI o dipendeva da uno stato di cose che avrebbe potuto benissimo essere creato anche da noi?

NON poteva visibilmente dipendere da condizioni di VITA LOCALI perché diverse POPOLAZIONI abbastanza VICINE, che vivevano in CONDIZIONI CLIMATICHE e GEOGRAFICHE quasi SIMILI erano nondimenoAFFETTE da NUMEROSE MALATTIE.

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McCARRISON, dopo un ESAME approfondito di TUTTI i FATTORI come CLIMA, RAZZA, EREDITARIETA’, IGIENE, TIPO di ALIMENTAZIONE ecc., arrivò alla conclusione che tutti questi fattori concorrevano più o meno allaBUONA SALUTE degli ABITANTI, ma che il MODO di ALIMENTARSI degli HUNZA era DECISIVO e che era lì la CHIAVE dell’ENIGMA.

RIASSUMIAMO, secondo McCARRISON, gli elementi che costituiscono questa ALIMENTAZIONE. Prima di tutto è AUTARCHIA. Vi MANCANO tutti i PRODOTTI del MERCATO MONDIALE come lo ZUCCHERO INDUSTRIALE, la FARINA BIANCA, le CONSERVE, il THE’ ecc. TUTTO è COLTIVATO SUL POSTO e possiede perciò ancora la « FRESCHEZZA VITALE ». Accanto ai CEREALI, i FRUTTI sono il NUTRIMENTO PRINCIPALE. I LEGUMI e il LATTE vi occupano un POSTO più MODESTO!

Il PANE è fatto col CHICCO INTERO compresa la pellicola protettrice del GERME RIPRODUTTORE, ricco di vitamine. In dati periodi dell’anno si BAGNANO nell’ACQUA GRANO e CECI, che sono poi messi nella sabbia umida e calda a GERMINARE ed aprirsi. Si consumano allora CRUDI come l’insalata.

Gli ALIMENTI CRUDI formano una parte importante dei pasti giornalieri. La CARNE e il VINO sono consumati solo in RARISSIME OCCASIONI. In sintesi il nutrimento è molto misurato.

Questa ALIMENTAZIONE che DIFFERISCE dunque, nei suoi tratti essenziali, dal MODO di MANGIARE degli ALTRI POPOLI sarebbe, secondo McCARRISON, DECISIVA per il loro STATO di SALUTE. Per mezzo di ESPERIENZE molto estese, DURATE DIVERSI ANNI, fatte su alcuni ANIMALI, egli MISE alla PROVA la sua TESI.

McCARRISON dava ad esempio ad una TRIBU’ di TOPI, all’incirca 1200 ESMPLARI l’ALIMENTAZIONE TIPICA tipica di uno dei QUARTIERI POPOLARI di LONDRA,, WHITECHAPEL: PANE BIANCO, piatti DOLCI di FARINA BIANCA,

MARMELLATE, CARE, ARINGHE, CONSERVE, DOLCIUMI, qualche volta un po’ di LEGUMI COTTI, ecc.ed OSSERVAVA la VITA di tutta UNA GENERAZIONE di questi TOPI, registrando ad ogni ETA’, attraverso la DISSEZIONE di alcuni soggetti, il loro STATO di SALUTE, soprattutto dal punto di vista CARDIACO e RENALE. Giunti alla VECCHIAIA ad OGNI TOPO veniva fatta l’AUTOPSIA per stabilire se esistevano, negli ORGANI o nei TESSUTI, dei SINTOMI di MALATTIE INTERNE e se sì, di quale NATURA fossero questi SINTOMI.

Trovò che i « TOPI WHITECHAPEL » erano IN GIOVENTU’ e più ancora nella VECCHIAIA, AFFETTI da QUASI TUTTE le MALATTIE che esistono tra gli UOMINI e che sono state SCOPERTE anche nei TOPI. Quanto al loro COMPORTAMENTO esterno questi animali, SOTTO l’INFLUENZA di un REGIME da GRANDE CITTA’divenivano a poco a poco IRRITABILI, AGITATI, AGGRESSIVI. Alcuni finirono per DIVORARSI a VICENDA.

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1 Il che si spiega senza dubbio con l’improduttività del loro suolo e la mancanza di bestiame. (N.A.T.)

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A UNA SECONDA TRIBU’ di TOPI McCARRISON dette il NUTRIMENTO TIPICO degli HUNZA; poi OSSERVO’ e DESSEZIONO’ nello STESSO MODO.

Ora, presso questa popolazione di « TOPI HUNZA » non regnava, se si osa dire, che la giocondità e l’accordo. Gli ESPERIMENTI ANATOMICI rivelarono l’ASSENZA QUASI TOTALE di OGNI SINTOMO PATOLOGICO.

Se queste prove fatte sugli animali non permettono di dedurre. senz’altro conclusioni relative all’uomo, gli esperimenti diMcCARRISON a COONOOR, sono tuttavia eloquenti ed hanno esercitato un’influenza considerevole nel mondo medico anglosassone, anche se non hanno ancora risvegliato lo stesso interesse nel continente. Dovremo esaminare ancora in quale misura la tesi di McCARRISON sarà confermata dalle ricerche di altri studiosi e fino a quale punto sarà bene che essa si affermi.

La scoperta degli Hunza, fatta da McCARRISON, si è dunque limitata alla constatazione della loro « SALUTE SPLENDIDA», ma ha avuto per effetto quello di attirare la nostra attenzione su questo piccolo popolo. Si cominciò da allora a domandarsi se esistevano informazioni più complete e dettagliate e che cosa avessero riferito, su questo argomento, altri autori

Tuttavia i DIZIONARI più conosciuti e i MANUALI di ETNOGRAFIA e GEOGRAFIA hanno poco da dirci.Secondo il « Manuale della scienza Geografica », tutta la zona che limita a NORD il CACHEMIRE è occupata da vallate laterali dai versanti ripidissimi, dal suolo sterile e senza alberi e questo territorio improduttivo sarebbe abitato da tribù guerriere. Solo l’ENCICLOPEDIA BRITANNICA contiene un passaggio breve e poco istruttivo sul popolo Hunza. Si fa anche brevemente allusione agli Hunza nelle opere di DUNRAND (il Tracciato di una frontiera, 1874), di Biddulp (Tribù dell’Indoukousch, 1880): di Sir AUREL STEIN (Le rovine seppellite nella sabbia, a Khotan, 1903) e di STRINE, (L’Asia Centrale cinese, 1926).

Grazie alla gentilezza di M. CHARLES HECHT, segretario onorario della Food Education Society di Londra nel 1940 riuscii a trovare nuove fonti d’informazione. Esse furono in particolare un’OPERA in QUATTRO VOLUMI sul LINGUAGGIO degli HUNZA, comparsa ad OSLO e il cui AUTORE è il L. R. LORIMER 1, poi un resoconto del viaggio di E.O. LORIMER 2 così come la serie dei resoconti di McCARRISON, rivisti e presentati da uno dei suoi allievi, il Dr. WRENCH 3. Tutti questi

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1 Institutett for Sammenligende Kulturforskning: The Burushaski Language,

par D. L. R. Lorimer, 4 vol. Oslo 1935 (Leipzig, Otto Harrasowitz).

E. O. Lorimer, Language Hunting in the Karakoram, George Allen &

Unwin, London.

G.T. Wrench, M.D.T. e Wheel of Health, a study of a very health people. The C.W. Daniel Company Ltd. London. W.C. 1. 1938. Brigadier

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libri, pubblicati poco prima della guerra ed ancora poco noti da noi, costituiscono la base di ciò che sto per riferirvi nelle pagine che seguono. Alcune informazioni complementari, che mi sono state comunicate per corrispondenza, sono dovute alla gentilezza della coppia di esploratori, il signore e la signora LORIMER.

I lavori di LORIMER illustrano la SECONDA SCOPERTA di questo « FENOMENO HUNZA » di cui ho parlato in principio: ci introducono nel problema propriamente detto di questa civiltà!

RALPH BIRCHER

Dottore in scienze economiche

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General Sir George Cookrill, Pioneer Exploration in Hounza and Chirral, in the «Himalaya Journal», Vol. XI (1939) p. 15-41 Campell Secord and the

MICHAEL VYVYAN, Reconnaissance of Rakaposhi and the Kunyang glacier, in

« The Himalayan Journal», Vol. XI (1939), p. 156-164.

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