Report: Che mondo sarebbe senza…….Olio di Palma: Tutta la verità – Nutella: cosa c’è nel barattolo

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TUTTA LA VERITA’ SULL’OLIO DI PALMA

Nicoletta Moncalero, L’Huffington Post

Pubblicato: 23/05/2015 13:51 CEST Aggiornato: 23/05/2015 13:51 CEST

È una battaglia senza esclusione di colpi quella contro l’olio di palma. Da parte del Fatto Alimentare soprattutto, che non accetta alcun tentennamento in merito alla pericolosità dell’ingrediente per la salute dell’uomo e dell’ecosistema. L’Aidepi – che è l’associazione delle industrie del dolce e della pasta in Italia – con un documento sul suo sito, sta tentando si riabilitare il ruolo del grasso vegetale, spiegando che si tratta di un ingrediente meno pericoloso di quel che sembra. Eppure, è di questi giorni la notizia che due grandi gruppi dell’industria alimentare – Misura e Gentilini – abbiano preso le distanze dall’olio di palma. Cosi come, sempre in questi giorni, la petizione lanciata da Fatto Alimentare ilfattoalimentare.it su Change.org ha superato quota 140mila firme. Anche 15 catene di supermercati hanno aderito all’appello e hanno iniziato il processo di riduzione e sostituzione del grasso tropicale: tra gli altri Coop, Esselunga, Carrefour, Iper e Despar.

Dall’altra parte, l’associazione che riunisce le grandi aziende dolciarie italiane è scesa in campo apertamente per difendere l’olio di palma. Per fare chiarezza abbiamo sentito “le due campane”: da Roberto La Pira, direttore de Il Fatto Alimentare e dal direttore Aidepi Mario Piccialuti. Cinque risposte per capire da che parte stare.

SULLA SALUTE. In che modo l’olio di palma può essere pericoloso per la salute? C’è una quantità limite da rispettare? È facile raggiungerla seguendo un’alimentazione normale? Pensiamo ad esempio al tipo di alimentazione che seguono i bambini con biscotti, merendine o gelati confezionati praticamente tutti i giorni.

Roberto La Pira. L’olio di palma è presente nella stragrande maggioranza dei biscotti, delle merendine, degli snack salati e persino nei biscotti Plasmon per bambini. Basta fare un giro in un qualsiasi supermercato e leggere le etichette per rendersene conto. Le persone adulte, ma soprattutto i giovani ne assumono una quantità esagerata senza saperlo. Secondo l’Aidepi tutto ciò non comporta rischi per la salute perché la quantità giornaliera di grassi saturi presenti nell’olio di palma e ingerita attraverso dolci e prodotti da forno è pari a quella contenuta in due biscotti Macine Mulino Bianco! Qualsiasi genitore che ha visto anche una sola volta il figlio fare colazione, si rende conto di quanto siano assurdi questi dati. Il palma se assunto a piccole dosi non dà problemi, ma la quantità ingerita è decisamente elevata, e questo può comportare ripercussioni sulla salute come dice anche il CraNut (ex Inran) .

Mario Piccialuti. L’olio di palma non è assolutamente dannoso per la salute e non comporta pericoli, peraltro la sua componente principale, quale l’acido palmitico, è contenuto naturalmente nel latte materno. Inoltre il palma non contiene colesterolo, a differenza di molti altri grassi alimentari, ed ha un contenuto di grassi saturi inferiore al burro. L’OMS concentra la sua attenzione su l’eccessivo consumo di saturi e raccomanda un consumo giornaliero di 22 g di grassi saturi. L’Italia è in abbastanza linea, la Francia ne consuma tre volte di più. Quello che conta è il totale di saturi che consumiamo al giorno – che siano da grassi animali o vegetali non cambia – con tutti gli alimenti. Una fetta biscottata contiene 0,2 gr di saturi, un biscotto tipo petit ne contiene 0,02 gr. E’ ovvio che se scelgo una frolla, che sia fatta con palma o burro, o olio di oliva, il conto sale, per questo si consiglia sempre di variare l’alimentazione: se mangio un croissant a colazione preferirò un frutto a merenda e così via. Il contributo dei prodotti dolciari è di 2,88 gr/persona/die, che rispetto alle quantità di saturi giornaliere indicate dall’INRAN come ottimali rappresentano circa il 10%, ben inferiori a quelle di altri alimenti consumati quotidianamente. Questo significa che l’olio di palma, diversamente da quanto si vuol far credere, pesa al massimo solo il 10% all’interno di un problema – quello dei grassi saturi assunti – che evidentemente ha altri responsabili.

SULLA RESA. Perché l’industria alimentare è affezionata all’olio di palma? Non esiterebbero alternative più sostenibili? Oltre al burro per esempio, penso agli altri oli vegetali. Cambierebbero così tanto i prodotti industriali a cui siamo abituati (penso ai gelati, alle creme spalmabili o semplicemente ai biscotti)?

Roberto La Pira. Premesso che il burro e la panna sono gli ingredienti di eccellenza dei prodotti da forno e dei gelati, l’industria alimentare italiana è affezionata al palma perché da un punto di vista chimico è simile al burro e soprattutto perché costa poco. Il grasso tropicale può essere tranquillamente sostituito con olio di mais, girasole, arachide, soia, oliva, burro di cacao. Il Fatto Alimentare ha pubblicato 4 articoli dove elenca 180 biscotti, 40 creme di nocciole e 80 snack salati e grissini ()

preparati senza olio di palma. Ci sono aziende come Misura, Alce Nero e Gentilini che hanno deciso di dire addio al palma, e come loro altre aziende stanno portando questo discorso. Tutto ciò per dire che “palma free” non è un sogno.

Mario Piccialuti. L’olio di palma offre molti vantaggi: conferisce struttura e si conserva meglio, aumenta la durata del prodotto e diminuisce lo spreco, non modifica il gusto delle ricette, tutti fattori difficilmente sostituibili con altri grassi. Se parliamo di sostenibilità, e lei mi propone il burro, mi chiedo se effettivamente gli allevamenti intensivi che servirebbero per produrre tutto il burro che deve sostituire l’olio di palma sarebbero così sostenibili. Uno dei vantaggi del palma è proprio l’altissima resa: sostituirlo con la soia o con il girasole comporterebbe la sostituzione massiccia di molte colture, richiedendo una quantità di terra che al momento non è ipotizzabile. Da qui al 2015 le Nazioni Unite stima un fabbisogno crescente di oli vegetali pari a 30 milioni di tonnellate annue: con la soia servirebbero 62,5 milioni di ettari di terreno (la Francia), con la colza 43,3 milioni di ettari (pari alla Svezia) con l’olio di palma ne bastano 5-8 (come l’Austria).

SULLA SOSTENIBILITA’. Ci sono due posizioni contrastanti ed entrambe evidenti. Da una parte in poco più di dieci anni l’Indonesia ha perso più di sei milioni di ettari di foresta (solo per l’olio di palma o anche per altre coltivazioni?); dall’altra, questa coltivazione fornisce sussistenza economica a diversi milioni di persone (17 Paesi nella fascia equatoriale). Vorrei capire come, e se queste posizioni si possano conciliare.


Mario Piccialuti. La deforestazione è un problema che le stesse aziende alimentari si sono poste pur essendo tra minori utilizzatori rispetto ad altri settori. Molte zone sono state disboscate per sfruttare il legname e al momento del reimpianto i contadini e le aziende locali hanno scelto le piantagioni di palma, che, date le alte rese e la richiesta del mercato, garantiscono un buon investimento e quindi una risorsa per le popolazioni locali. Ormai da anni le aziende dolciarie italiane si riforniscono di olio di palma certificato di livello di tracciabilità più elevato, tutelando così sia il lato ambientale, che il diritto delle imprese locali alla produzione. E lo fa dialogando con un organismo internazionale autorevole come il WWF:vedi http://www.wwf.it/news/4262/insostenibilita-olio-di-palma

Roberto La Pira. La distruzione delle foreste per vendere legname pregiato prima, e realizzare coltivazioni di palma dopo è un’operazione che provoca irrimediabili danni all’ambiente, agli animali come gli oranghi e alla biodiversità. Si tratta di operazioni economiche che non arricchiscono le popolazioni locali. La distruzione delle foreste purtroppo continua perché la richiesta mondiale di olio aumenta ogni anno e non esistono certificazioni che possano limitare questo scempio. La soluzione è una sola: limitare il consumo del palma utilizzando altri oli. Le aziende che si rifiutano e non propongono linee di prodotti senza il grasso tropicale, dimostrano una scarsa sensibilità verso l’ambiente e non considerano le richieste dei consumatori che si stanno orientando verso prodotti palm free.

UN PRODOTTO FORNITO DALLA NATURA. Deriva dal frutto della palma da olio, dalla polpa. Quello vergine ha determinate caratteristiche nutrizionali (vitamine, antiossidanti), quello che mangiamo noi le mantiene?

Roberto La Pira. È vero: il palma è utilizzato da centinaia di milioni di persone al mondo perché ha un alto contenuto di vitamine e sostanze antiossidanti, ma questo vale soltanto per l’olio vergine (un liquido rosso utilizzato soprattutto nei paesi produttori, anche nell’ambito di programmi di salute pubblica che puntano a ridurre le carenze di vitamina A). Nei prodotti in vendita al supermercato si usa palma raffinato quasi completamente privo di sostanze benefiche. Si tratta di un grasso di mediocre qualità tanto che non si trova sugli scaffali dei supermercati al contrario del mais, arachide, girasole… Creare una filiera italiana di questi oli per sostituire il palma è possibile, e permetterebbe di ridurre il forte impatto ambientale dell’olio tropicale importato via nave dalla lontanissima Malesia.

Mario Piccialuti. L’olio di palma si ottiene da spremitura, proprio come l’olio di oliva, dalla polpa del frutto e non dal seme, il che rende il processo molto semplice e poco aggressivo. L’olio di palma vergine è ricchissimo di nutrienti come dice lei, nel processo di lavorazione una parte dei nutrienti si perde, ma si eliminano anche impurità, e si rende l’olio più stabile, quindi con una maggiore conservabilità che gli viene data proprio dalla presenza di antiossidanti.

SUL FUTURO. Dire che è tra gli ingredienti più utilizzati al mondo da millenni, può considerarsi una buona ragione per continuare ad assumerlo? Oggi che con le etichette abbiamo, come consumatori, uno strumento in più a disposizione per tutelare la nostra salute, cosa è corretto fare nei confronti dell’olio di palma?

Mario Piccialuti. Se l’utilizzo del palma non è nocivo per la salute e in più presenta dei vantaggi dal punto di vista tecnologico e si sceglie quello sostenibile, perché non utilizzarlo? Ricordiamoci che l’olio di palma ha permesso di non ricorrere alla idrogenazione, permettendo un miglioramento notevole dei prodotti dal punto di vista nutrizionale, che non contengono più grassi trans . Ci tengo a precisare che questa sostituzione non è avvenuta per obbligo di legge, ma proprio perché l’industria dolciaria è sempre pronta a migliorare le proprie ricette, ed investe in R&D notevole parte dei propri bilanci. Abbiamo affidato al Mario Negri, uno dei più importanti istituti di ricerca, una indagine su tutta la letteratura scientifica disponibile proprio per capire eventuali criticità che dai risultati non sono state rilevate. I consumatori devono per prima cosa informarsi, leggendo le etichette e documentandosi, e soprattutto verificare le fonti di informazione: lasciamo che siano dei nutrizionisti a dirci se un alimento ci fa male o bene, senza cedere agli allarmismi di massa ingiustificati.

Roberto La Pira. L’olio di palma vergine si usa da millenni a livello locale ed è giusto che nelle zone tropicali si continui così. In Italia è stato “scoperto” da circa 15 anni ed è sempre stato considerato dai nutrizionisti un prodotto mediocre per l’elevata presenza di acidi grassi saturi. Per questo motivo le aziende hanno ne hanno sempre occultato la presenza non riportando l’indicazione sulle etichette pur essendo un ingrediente importantissimo. Adesso che è obbligatorio indicarne la presenza le aziende lo promuovono come un ingrediente di eccellenza! La posizione corretta è limitare l’assunzione dei prodotti con olio di palma. Come? Lo dice il CRa-NUt (ex Inran) mangiando solo due biscotti al giorno (tipo Macine Mulino Bianco). Una buona idea è firmare la nostra petizione online che ha superato140 mila firme e ha convinto 15 catene di supermercati a togliere o ridurre il palma dai loro prodotti.

1 Da dove deriva


1 Da dove deriva

 

 

 

 

 

 

 

 

La palma da cui si estrae questo olio è coltivata soprattutto in Indonesia e Malesia. Per produrre quest’olio però vengono distrutti molti spazi di foresta tropicale. È il caso delle ultime foreste dell’isola di Sumatra. Qui, in Indonesia vivono oranghi, elefanti, tigri e rinoceronti a cui pian piano viene sottratto spazio vitale. Tanto che degli stessi animali in dieci anni solo rimasti solo a poche centinaia di esemplari. Così l’Indonesia perde foreste, lo dicono i numeri: 50 anni fa il territorio dell’Isola di Sumatra era ricoperto per l’82 per cento di foreste. Nel 95 la percentuale era scesa già al 52 per cento e si pensa che si azzererà entro il 2020.

2 Dove è contenuto


2 Dove è contenuto

Sono numerose le occasioni in una giornata in cui possiamo assumere olio di palma. È contenuto infatti in molti prodotti da forno come cereali, biscotti, merendine confezionate. Oltre a colazione possiamo “incrociarlo” anche a pranzo in un pacchetto di cracker o in un panino. Senza considerare che può essere nascosto anche in alimenti improbabili come il gelato confezionato o il dolcino con cui chiudiamo il pasto.

3 L’appello del WWF 


3 L'appello del WWF

Nella Giornata Mondiale dell’Alimentazione il WWF ha chiesto ai consumatori di prestare più attenzione ai prodotti che si portano a casa. L’obiettivo è quello di informare il consumatore sui danni delle coltivazioni intensive. Meglio per l’ambiente (e per la salute) scegliere un prodotto oil free.

4 Una petizione su Change.org


Oil Palm Fruits

Oil Palm Fruits

Una raccolta firme – che è arrivata a 114mila355 sostenitori – è stata lanciata da Il Fatto Alimentare per dire no all’olio di palma per motivi etici, ambientali e salutari. La trovi qui

5 Mai più nascosto


5 Mai più nascosto

Questa è la buona notizia per la salute: da dicembre la presenza dell’olio di palma deve essere indicata chiaramente sull’etichetta del prodotto. Fino allo scorso anno in etichetta compariva infatti una dicitura generica: olii e grassi vegetali.

6 Nei prodotti confezionati


6 Nei prodotti confezionati

Circa l’80 per cento dell’olio di palma prodotto viene utilizzato nell’industria alimentare. In particolare, ciò che finora veniva indicato come “grasso vegetale” era nel 90 per cento dei casi olio o grasso di palma. In diversi siti trovi l’elenco completo dei prodotti da forno che non contengono l’olio da palma, ad esempio qui

7 Perché piace all’industria


7 Perchè piace all'industria

L’alta componente di grasso nell’olio di palma è molto interessante per l’industria non solo alimentare: conferisce solidità al prodotto a temperatura ambiente. Acidi grassi saturi (come l’acido palmitico) e insaturi come l’acido oleico e l’acido linoleico (rispettivamente monoinsaturo e polinsaturo) che combinati insieme hanno la stessa efficacia, ma anche problematica del burro.

8 Attenzione ai grassi


8 Attenzione ai grassi

 

 

 

 

 

 

 

In una dieta bilanciata il consumo dei grassi non è vietato, ma deve essere moderato, dando la preferenza agli insaturi: deve apportare al massimo dal 20 al 35 per cento della quota calorica giornaliera.

9 Attenzione ai prodotti per i bambini


9 Attenzione ai prodotti per bambini

Attenzione a cereali, cracker, creme spalmabili e gelati industriali. Ma anche ai prodotti per la primissima infanzia: dal latte di proseguimento ai biscotti che si sciolgono nel biberon. Una mamma ha intrapreso – con il sostegno del Movimento di Difesa del Cittadino – una battaglia contro la Plasmon. Una raccolta di firme per sensibilizzare l’azienda nei confronti dei problemi dell’utilizzo dell’olio di palma nei suoi prodotti. La trovi qui

10 Perché fa male alla salute?


10 Perchà fa male alla salute

Se consumato occasionalmente l’olio di palma non rappresenta un problema particolare per la salute delle persone. Le cose cambiano quando viene assunto ogni giorno, più volte al giorno. In questo caso sarebbero cuore a arterie a soffrirne di più (come ogni volta che si esagera con il consumo di grassi). Sotto accusa in particolare la presenza di acidi grassi saturi (pari a circa il 50 per cento del totale).

 

ALTRO:

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“NUTELLA, COSA C’E’ NEL BARATTOLO”: l’esperimento di un’organizzazione di consumi tedesca 

NUTELLA - cosa c'è nel barattolo - L'Esperimento di un'organizzazione di consumi tedesca. ljpg

 

Nicoletta Moncalero, L’Huffington Post

Pubblicato: 29/06/2015 15:59 CEST Aggiornato: 29/06/2015 16:15 CEST

A vederla così – a strati – ha ben poco di irresistibile. Il dito dentro non ce lo metteresti. Come riportato da Il Fatto Alimentare la Nutella ritratta da Verbraucherzentrale Hamburg, organizzazione tedesca che si occupa di consumi e informazione, fa chiudere le labbra ben strette.

Due redattrici, hanno messo prima sul tavolo e poi nel barattolo tutti gli ingredienti presenti in etichetta ed ecco cos’è uscito. Un barattolo pieno per quasi la metà di zucchero bianco poi olio di palma solo in quantità minore nocciole, cacao e latte scremato in polvere.

Non è la prima volta che si mette in dubbio la bontà del prodotto Ferrero. Tanto che l’azienda dolciaria ha cercato di mettere le mani avanti. Nel sito dedicato alla crema spalmabile c’è tutto il racconto sull’origine dei suoi ingredienti. Quasi una favola. Così si scopre che tutto lo zucchero utilizzato non è esclusivamente bianco, raffinato: il 75 per cento è zucchero di barbabietola e il restante 25 per cento è zucchero di canna raffinato. Poi, “L’olio di palma – dicono alla Ferrero, sul loro sito – rende la Nutella cremosa ed esalta il gusto degli altri ingredienti. E proviene da Malesia, Papua Nuova Guinea e Brasile, da piantagioni certificate RSPO”.

Eppure non basta. “Alla Ferrero va il merito di essere stata la prima azienda italiana a preoccuparsi della sostenibilità di questo ingrediente, ma questo non basta – dice Roberto La Pira, direttore de Il Fatto Alimentare – come consumatori vorremmo avere la possibilità di scegliere. Invece continuiamo a trovare in vendita quasi esclusivamente prodotti con olio di palma. Dopo la nostra petizione 15 catene di supermercati si sono impegnate a ridurre o eliminare il grasso tropicale dai loro prodotti, altre LO HANNO TOLTO come MISURA e GENTILINI e altre ancora come BARILLA si sono impegnate a ridurne l’utilizzo, ma sono ancora poche. Sappiamo che è un processo lungo e complesso cambiare la ricetta di un prodotto, ma si può fare tranquillamente senza grossi problemi. Nel frattempo abbiamo solo una mossa a disposizione, oggi sappiamo dove c’è l’olio di palma e possiamo evitare di comprare i prodotti”.

A vederla così – a strati – ha ben poco di irresistibile. Il dito dentro non ce lo metteresti. Come riportato da Il Fatto Alimentare la Nutella ritratta da Verbraucherzentrale Hamburg, organizzazione tedesca che si occupa di consumi e informazione, fa chiudere le labbra ben strette.

Due redattrici, hanno messo prima sul tavolo e poi nel barattolo tutti gli ingredienti presenti in etichetta ed ecco cos’è uscito. Un barattolo pieno per quasi la metà di zucchero bianco poi olio di palma solo in quantità minore nocciole, cacao e latte scremato in polvere.

Non è la prima volta che si mette in dubbio la bontà del prodotto Ferrero. Tanto che l’azienda dolciaria ha cercato di mettere le mani avanti. Nel sito dedicato alla crema spalmabile c’è tutto il racconto sull’origine dei suoi ingredienti. Quasi una favola. Così si scopre che tutto lo zucchero utilizzato non è esclusivamente bianco, raffinato: il 75 per cento è zucchero di barbabietola e il restante 25 per cento è zucchero di canna raffinato. Poi, “L’olio di palma – dicono alla Ferrero, sul loro sito – rende la Nutella cremosa ed esalta il gusto degli altri ingredienti. E proviene da Malesia, Papua Nuova Guinea e Brasile, da piantagioni certificate RSPO”.

Eppure non basta. “Alla Ferrero va il merito di essere stata la prima azienda italiana a preoccuparsi della sostenibilità di questo ingrediente, ma questo non basta – dice Roberto La Pira, direttore de Il Fatto Alimentare – come consumatori vorremmo avere la possibilità di scegliere. Invece continuiamo a trovare in vendita quasi esclusivamente prodotti con olio di palma. Dopo la nostra petizione 15 catene di supermercati si sono impegnate a ridurre o eliminare il grasso tropicale dai loro prodotti, altre lo hanno tolto come Misura e Gentilini e altre ancora come Barilla si sono impegnate a ridurne l’utilizzo, ma sono ancora poche. Sappiamo che è un processo lungo e complesso cambiare la ricetta di un prodotto, ma si può fare tranquillamente senza grossi problemi. Nel frattempo abbiamo solo una mossa a disposizione, oggi sappiamo dove c’è l’olio di palma e possiamo evitare di comprare i prodotti”.

 

2 thoughts on “Report: Che mondo sarebbe senza…….Olio di Palma: Tutta la verità – Nutella: cosa c’è nel barattolo

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