415 – Il Dr. Stefano Scoglio interviene sulla patologia dell’asintomaticità – 17.09.2020

Il Dr. Stefano Scoglio interviene sulla patologia dell’asintomaticità

Stefano Scoglio, esperto di nutrizione e fitoterapia e direttore del Centro di Ricerche Nutriterapiche di Urbino, interviene sulla patologia dell’asintomaticità: “Ormai non muore più nessuno (e noi sappiamo che in realtà non è mai morto nessuno di Covid-19, ma di altre patologie preesistenti o di terapie sbagliate). I reparti di rianimazione sono vuoti, ed è quindi diventato impossibile procurarsi morti freschi. E allora come come si fa a prorogare la finta pandemia? Occorre prorogarla almeno fino all’autunno, quando le mega-vaccinazioni in corso (vedi i 15.000 adolescenti vaccinati con 4–5 vaccini simultaneamente in questi giorni a Treviso) e in programma (obbligo di vaccinazioni influenzali per gli ultra-65enni in diverse regioni italiane) porteranno nuove forze fresche alla causa della vita perennemente pandemica. Così, per prorogare la pandemia, si inventa una nuova patologia: l’asintomaticità! Ti ostini a voler star bene? Non hai un cazzo di sintomo? Non ti illudere, noi sappiamo che in realtà sei malato, perché sei asintomatico.”La nuova patologia dell’asintomaticità consiste nel risultare positivo al tampone Covid-19.

“In effetti il tampone positivo può trasformare l’asintomaticità in malattia, potenzialmente generando un mix di panico e depressione, che si lega presto a immuno-depressione e conseguente possibile sviluppo di processi infettivi endogeni, simili al Covid-19 (questa è almeno la segreta speranza del ministro Speranza, tra gli altri). È noto che da alcuni decenni l’obiettivo dell’industria farmaco-tossica è quello di produrre farmaci per i sani. Tutti gli investimenti per la genetica avevano e hanno questo scopo: produrre farmaci per curare squilibri o predisposizioni genetiche nei sani.

Ma quella è stata una strada difficile e complicata: molto più facile ottenere lo stesso con un tampone che ti rende positivo-asintomatico, e dunque soggetto, oltre che al possibile sviluppo di una nuova condizione patologica, alla cure del caso: anti-virali, anti-infiammatori, ed eventualmente vaccini.”

Il punto debole di questo nuovo approccio patogenico è la sua base essenziale, il mitico tampone Covid-19.

Di che cosa si tratta? Si preleva un campione di materiale organico dalla gola o più raramente dal liquido bronco-alveolare, e si verifica in tale campione la presenza del virus SARS-Cov-2. Alla fine, anche la validità o meno del test si basa sull’isolamento o meno del fantomatico virus, di cui esistono ormai 40.000 sequenziamenti genici, e che ci dicono (anche per evitare di focalizzare troppa attenzione sulla effettiva conoscenza del virus) che muta continuamente.

Il Tampone e il virus super-mutante Qui emerge il primo grande dubbio: ma se muta continuamente, come fai a trovarlo col tampone? Il tampone dovrebbe avere uno standard, una sequenza genica che si attacchi (annealing) all’eventuale virus presente nel liquido, e che consenta di riprodurlo tramite PCR (polimerase chain reaction). Ma se il virus muta costantemente, che te ne fai dello standard in dotazione del test? Chiaramente non vale più niente, perché va a cercare un virus diverso da quello eventualmente presente.
Da questo punto di vista, solo questo basterebbe per capire che il test-tampone Covids-19 è completamente, al 100%, fallace.

Falsi positivi Il realtà il test-tampone Covid-19 è nato fallace, se è vero che uno dei primi articoli scientifici che testarono uno dei primi tests, conclude che lo stesso produceva l’80.3% di falsi positivi:

 

Questo articolo, pubblicato agli inizi di Marzo 2020 in cinese, con l’abstract disponibile in inglese, riporta che, di tutti i soggetti asintomatici risultati positivi, l’80,3% erano falsi positivi.

Chissà perché la rivista cinese che lo pubblicò, decise di ritirare l’articolo e non pubblicarlo più? Viene quasi da pensare che i cinesi abbiano un interesse a diffondere la pseudo-pandemia… Abbiamo visto che in realtà, anche solo per il fatto che il virus muta in continuazione, e che si dice che il virus italiano è diverso da quello cinese che è diverso da quello americano (ma allora perché si chiamano tutti SARS-Cov-2?), non ha neppur senso parlare di percentuali di correttezza: il test semplicemente cerca una cosa che non c’è più, se mai c’è stata.

Il problema della validazione E allora, dato che le statistiche dei positivi, e pure il numero dei morti per Covid-19, sono dipesi e dipendono dal test-tampone, e che quindi alla base del lockdown universale e della parallela distruzione economica, sta la validità o meno del test, viene da chiedersi:

  • ma i test utilizzati sono validi, sono stati validati?
  • Cioè, almeno dal punto di vista delle istituzioni sanitarie, il cui parere ha sostenuto il lockdown universale, c’è stata una verifica e conseguente validazione del test?

Questa è una domanda essenziale, perché se i governi, tranne le loro istituzioni sanitarie, non hanno verificato e validato i tests che giustificano i lockdown, allora non esiste più alcuna legittima giustificazione dei lockdown, e questo anche da un punto di vista giuridico e con significative responsabilità di natura amministrativa e penale.

La Commissione Europea ha pubblicato il documento ufficiale “Attuale performance dei metodi e strumenti per il test Covid-19 e criteri di performance proposti” in data 16 Aprile 2020.

La data del commento è rilevante: il 16 Aprile 2020 il picco della pandemia era già passato, quindi la EU ha valutato la questione dell’affidabilità o meno dei test tamponi a posteriori, il che significa che tutta la fase del lockdown è stato gestito sulla base di tamponi di cui nessuno si era neppure chiesto se fossero validi o meno!

Che questo sia un problema lo riconosce implicitamente anche la EU quando afferma che “Timely and accurate COVID-19 testing is an essential part of the management of the COVID-19 crisis”“Test tempestivi e accurati del Covid-19 sono una parte essenziale della gestione della crisi Covid-19”.

Continua la EU:

“… after being placed on the market the performance of devices may be validated, i.e. confirmed by additional testing that the manufacturer’s specifications are indeed satisfied, e.g. in reference laboratories, academic institutions or national regulatory agencies. Such validation is not legally obligatory but highly recommended for public health decision making…”

“…dopo essere stati introdotti sul mercato, la performance degli strumenti può essere validata, ovvero confermata da ulteriori verifiche che le dichiarazioni del produttore corrispondano alla realtà, verifiche effettuate presso laboratori di riferimento, istituzioni accademiche, o agenzie regolatorie nazionali. Tale validazione non è legalmente obbligatoria, ma è fortemente raccomandata per l’assunzione di decisioni sulla salute pubblica …”

La EU, che spacca il capello quando deve decidere sulla curvatura delle banane, o sulla dimensione delle telline, e che per esempio in Italia per gli integratori alimentari ed erboristici richiede la preventiva notifica al MinSal, qui autorizza l’immissione in commercio dei più importanti test della storia umana senza nessuna verifica preliminare, e solo auspicando verifiche di validazione facoltative ex post? E’ talmente evidente che la validazione dei test è indispensabile per prendere corrette decisioni politiche, che la “forte raccomandazione” ad eseguire test di validazione appare come la foglia di fico per coprire la vergognosa rinuncia a verificare con autorizzazioni preliminari la validità di test da cui sono dipese le sorti delle nazioni!

E la situazione è molto peggiore di quello che si pensa.
Il documento EU rivela che :

“In total, 78 devices based on RT-PCR (or variants e.g. CRISPR and LAMP), 101 for the detection of antibodies and 13 for the detection of antigens were assessed.”

Dunque, mentre tutti pensano che ci sia 1 test per il tampone Covid-19, in Europa ne esistono ben 78 diversi. Si tratta di test basati sulla PCR, immessi sul mercato dalle aziende produttrici o importatrici (dalla Cina) senza preventiva validazione! Infatti, continua EU, dei 78 apparecchi in commercio,

“…only the ones from the Institut Pasteur, the Hong Kong Faculty of Medicine and the Charité were in-house validated”.

“…solo quelli dell’Istituto Pasteur, della Facoltà di Medicina di Hong Kong, e della Charité, sono stati validati internamente”.

Quindi, solo 3 su 78 sono stati validati, e anche quelli solo internamente, che è come dire che l’oste ha dichiarato che il suo vino è buono. Come spiega il documento EU:

“The most crucial information concerning RT-PCR based methods developed for the detection of SARS-CoV-2 are the sequences of the oligonucleotides (primers and probe) used for the amplification of the cDNA”.

“L’informazione più cruciale relativa ai metodi RT-PCR sviluppati per il rilevamento del SARS-Cov-2 sono le sequenze di oligonucleotidi (primers and probes) usati per l’amplificazione del cDNA”

Come ho detto sopra, in ultima analisi alla base del test-tampone Real Time PCR c’è la correttezza o meno della originaria sequenza genica del virus, e quindi la questione del suo isolamento, tema che merita una trattazione a sé. Ma, ammesso e non concesso che la sequenza genica originaria (isolamento) sia corretta, occorre che i test in commercio siano conformi a quella corretta sequenza genica del SARS-Cov2, e che non usino sequenze farlocche “inventate” dai produttori. Ma EU ci spiega che questo, come direbbe Burioni, “non lo sappiamo” e “non possiamo saperlo”, perché

“…except for a few cases, no information on the actual sequences of the primers and probes in the device could be found.”

“…tranne pochi casi, non si ha nessuna informazione sulle effettive sequenze dei primers and probes utilizzati negli strumenti “.

Il test tampone utilizza la stessa metodologia RT-PCR che si usa per il presunto isolamento del virus: i coronavirus sarebbero virus a RNA, con un solo filamento (single-stranded); per poter essere amplificati, cioè moltiplicati in modo da ottenerne una quantità analizzabile, la PCR utilizza dei primers, cioè delle sequenze geniche “artificiali”, sintetizzate in laboratorio, che possano corrispondere a una frazione minuscola ma presuntivamente caratteristica del virus che si cerca. Se questo primer di RNA sintetico, trova una corrispondente sequenza genica nel materiale analizzato, i due filamenti di RNA dei legano l’uno all’altro (annealing), e danno vita a quel cDNA, o DNA complementare, che poi viene replicato dalla PCR. Ora, considerate che i coronavirus hanno, così ci dicono, circa 30.000 basi geniche o nucleotidi; il primer sintetico usato per rilevarlo ha 18–24 basi, ovvero una frazione corrispondente allo 0.07% del genoma del virus. Capite subito che si tratta di un metodo di reperimento del virus molto problematico: un campione di materiale organico dalla gola o dai bronchi di un soggetto contiene una quantità innumerevole di acidi nucleici (DNA/RNA) del soggetto stesso, di batteri residenti, di esosomi, e tanti altri possibili virus (se di virus si tratta).

Con una sequenza genica che copre solo lo 0.07% del genoma, appare evidente che si possono intercettare gli RNA di tanti altri organismi o dello stesso soggetto.

Con una sequenza genica che copre solo lo 0.07% del genoma, appare evidente che si possono intercettare gli RNA di tanti altri organismi o dello stesso soggetto. Per capirci, sarebbe come se io, cieco, volessi trovare un elefante conoscendone solo il colore dei peli della coda, grigio; e poi mi mettessi a cercare di che animale si tratta solo sulla base del colore grigio dei peli della coda: è evidente che potrei trovarlo nei topi, nei gatti grigi, nei cani grigi, e così via.

Mi rendo conto che si tratta di argomenti estremamente tecnici, e mentre mi riservo di scrivere un documento specifico su questi tema della PCR & C., spero di aver dato un’idea di massima del tema. Quindi, esiste un problema di identificazione del virus a monte, all’origine. Ma questo problema si amplifica ulteriormente quando i 78 test in commercio usano delle sequenze geniche che potrebbero anche non corrispondere a quello originale (cercano peli blu invece che grigi), e che non fanno riferimento a nessun virus isolato, ma hanno solo preso delle sequenze nella banche dati dei primers che siano in qualche modo simili a quelli dati per i coronavirus, potendo così rilevare qualsiasi tipo di coronavirus altro dal SARS-Cov2.

Insomma, la ricerca del virus è fallata alla fonte, e diventa ridicolmente inutile quando si passa agli effettivi tests usati nella pratica. Soprattutto, nessuno ha mai verificato la natura e qualità del test in commercio, che dunque in teoria potrebbero contenere anche nulla, e usare solo un metodo stocastico, con positività o negatività assolutamente casuali. Non dico che sia così, ma niente esclude che lo sia, e a quanto pare questo è saputo anche dalle istituzioni, dato che il documento EU ammette:

“…a study has highlighted some nucleotide mismatches (that may adversely affect the reactions efficiency) on the primers’ annealing sites of methods listed by WHO”.

“…uno studio ha sottolineato come ci fossero delle corrispondenze sbagliate (che possono compromettere l’efficienza delle reazioni) nei siti di connessione (annealing) delle sequenze geniche utilizzate dalla OMS”.

Il metodo OMS è dichiarato dal documento EU come quello più efficace! Ed è gravemente fallato anche quello! Il documento EU conclude:

“There is a clear mismatch between the currently existing or reported quality assurance information about the COVID-19 tests/devices and the performance criteria proposed above, which are based on the principles of good analytical (testing) practice…”

“C’è una evidente mancanza di corrispondenza tra l’informazione di controllo di qualità relativa ai test/apparecchi Covid-19 e i criteri di performances proposti sopra, che sono basati sui principi delle buone pratiche di analisi…”

In altre parole, ad oggi 16 Aprile si propongono dei criteri di necessaria qualità del test/apparecchiature Covid-19, criteri che fino ad oggi non sono stati rispettati! Lo dice la EU stessa…

Il 18 Maggio 2020, l’Istituto Superiore di Sanità italiano ha pubblicato un documento (“Dispositivi diagnostici in vitro per COVID-19. Parte 1: normativa e tipologie”).

Questo documento dell’ISS recepisce il documento EU e ne conferma dati e approccio. Il che significa che al 18 Maggio, non esistevano ancora test affidabili per il SARS-Cov2 o Covid 19. E dato che al momento non ci sono ulteriori documenti, ne deriva che alla fine di Giugno siamo ancora nella situazione descritta dal documento EU: nessuna verifica o valutazione autonoma; prove di “mismatch”, o corrispondenze sbagliate, delle sequenze geniche utilizzate; 78 (oggi anche di più) diversi test di cui non si sa nulla tranne il poco che dichiara il produttore; e un isolamento del virus originario molto problematico perché eseguito con le stesse metodologie non validate. Forse il problema è proprio questo: non esistendo il virus isolato, è impossibile validare qualsiasi test approntato per rilevarlo.

I test-tampone sono stati il motore della pandemia per tutto il periodo metà Febbraio-metà Aprile 2020, e sono ora il motore della nuova patologia pandemica dell’asintomaticità. Se queste sono le basi giustificative della decisione di effettuare un lockdown universale, con conseguente distruzione dei sistemi economici, è chiaro che siamo qui di fronte a follia o pura criminalità…

Fonte: https://medium.com

IL VIRUS NON È MAI STATO ISOLATO! Lo CONFERMANO sia LA COMMISSIONE EU che IL CDC AMERICANO!
Stefano Scoglio
Grazie anche all’intervista su ByoBlu, che è ormai giunta a oltre 225.000 visualizzazioni, la mia teoria per cui il virus non è mai stato isolato, e che dunque i tamponi non possono funzionare perché privi di standard affidabile, è circolata parecchio. Il risultato è stato molta gente convinta, ma anche molti insulti, da quelli che mi danno del pazzo o del bugiardo, fino ad arrivare al Burioni che mi da del babbeo. 
Interessante come nessuno di costoro si prenda la briga, o voglia rischiare, di entrare nel merito delle mie affermazioni, ma anzi, come terrorizzati dal dover discutere argomenti che sanno di non poter confutare, cercano di esorcizzare la verità con gli insulti e la cancellazione, per quanto virtuale, dell’avversario.
Io ho sostenuto, tra le altre cose, che il virus non si può considerare isolato: viene chiamato “isolato” una matrice complessa, costituita dal liquido faringeo o bronco-alveolare più o meno centrifugato, in cui, secondo i miei calcoli ci sono circa 30 miliardi di particelle simil virali (acidi nucleici umani e di batteri, esosomi, etc.), e questa matrice complessa, senza che si sappia se ci sia e quanto ce ne sia del virus, è definita il “virus isolato”.
Ma ora, ho finalmente trovato la prova ufficiale che quanto affermo è la verità, il virus non è mai stato veramente isolato! Lo riconoscono inequivocabilmente, sia la Commissione Europea che il CDC USA, l’organismo sanitario nazionale più importante del mondo.
Partiamo dalla Commissione Europea, che nel suo documento del 16 Aprile scorso scrive:
“Since no virus isolates with a quantified amount of the SARS-CoV-2 are currently available…” (European Commission, Working Document of Commission Services, Current performance of COVID-19 test methods and devices and proposed performance criteria, April 16 2020, p.19).
“Poiché non è disponibile nessun isolato del virus con una quantità data del SARS-Cov2…”.
Prima di analizzare nel dettaglio questa affermazione, che comunque mi pare self-evident (evidente di per sé), vediamo cosa scrive il CDC:
“Since no quantified virus isolates of the 2019-nCoV are currently available…” (Center for Disease Control and Prevention, Division of Viral Diseases, CDC 2019-Novel Coronavirus (2019-nCoV) Real-Time RT-PCR Diagnostic Panel, 13/07/2020, p.39).
“Dato che non è disponibile nessun isolato quantificato del virus 2019-nCoV…”
Insomma, sia l’Europa che gli USA dicono la stessa cosa: chiamano “virus isolato” un materiale in cui il virus non è stato quantificato. Ma se non è stato quantificato, come fa ad essere un virus isolato? In qualsiasi lingua, isolato significa separato da qualsiasi altra sostanza, e dunque costituente l’isolato al 100%. Quando si fa un estratto, ad esempio di ficocianine, ci si accontenta dell’80% per dire che si tratta di ficocianina pura: non è veramente così, ma la si accetta come convenzione perché ci si accontenta dell’80%. La ficocianina la si conosce nei dettagli, è stata pienamente identificata a caratterizzata, e dunque si può quantificare. Ma qui, non si sa neppure quanto sarebbe il virus!
Questo intanto prova che ciò che viene chiamato “virus isolato” è, come ho sempre sostenuto, una matrice complessa di cui il virus costituirebbe solo una percentuale. Ma che percentuale: l’1%, il 5%, il 50%? Boh, non si sa, potrebbe essere costituito al 99% di altro, ma lo continuiamo a chiamare “isolato”!
E c’è di più: se io conoscessi il virus, se lo avessi identificato adeguatamente, lo saprei riconoscere all’interno della matrice complessa, e dunque lo potrei quantificare. Il fatto che nessuno lo abbia quantificato, come ammettono sia la Commissione EU che il CDC, significa che il virus, oltre a non essere mai stato veramente isolato, non è mai stato neppure identificato, descritto e caratterizzato nella sua costituzione naturale, perché altrimenti lo si sarebbe potuto quantificare all’interno della matrice complessa. Ciò implica che tutte le sequenze geniche che ci vengono presentate come il “virus isolato”, non sono che costruzioni ipotetiche elaborate al computer, meri artifici!
Da ultimo, se non abbiamo mai né isolato né identificato il virus, cosa c’è nei tamponi? Cosa c’è nei vaccini in preparazione? E soprattutto come si fa a dire che questo presunto virus, che allo stato attuale della conoscenza è completamente sconosciuto, sia responsabile di quale che sia patologia?
Sono domande a cui la scienza dei burionidi dovrebbe rispondere, ma che semplicemente farà in modo di ignorare e deridere perché non se ne parli…