Il “gold standard” in questo ambito sono i famosi studi randomizzati e controllati, che mettono a confronto due o più gruppi di individui che siano sottoposti a qualche trattamento.
Per fare un esempio che capiscano tutti: prendo due gruppi di 10 persone con il raffreddore; ad un gruppo do una aspirina (gruppo sperimentale) e all’altro do uno zuccherino (gruppo di controllo); se il primo gruppo ridurrà i sintomi più marcatamente del secondo, significa che l’aspirina è più efficace dello zucchero a curare il raffreddore.
La medicina di oggi si basa né più né meno che su questo schema, mentre lo sforzo investito nella comprensione dei motivi, delle cause che provocano questi risultati, è piuttosto marginale.
Ora stiamo affrontando questo fenomeno sociale chiamato Covid-19.
Vorremmo sapere quali interventi sono più efficaci per arginare i danni di una pandemia.
Nessuno lo sa, perchè nessuno si è mai trovato di fronte ad una tale situazione.
La teoria più accreditata su cui si fondano le attuali decisioni di politici e comitati tecnici è la teoria del contagio, il quale sarebbe causato dalla circolazione di un virus.
Non si hanno molti mezzi, e nell’emergenza si è provato lo strumento che intuitivamente dovrebbe funzionare: l’isolamento delle persone con la quarantena.
La condizione ideale (ma surreale) per sapere se la quarantena è un trattamento efficace a contenere i contagi di una pandemia mondiale da Sars Cov2, sarebbe di organizzare uno studio controllato su due pianeti come la Terra, così da metterne uno in quarantena e uno senza restrizioni, e alla fine dell’esperimento verificare gli effetti sulla popolazione.
Insomma in Svezia la vita è cambiata ma non è stata imposta alcuna cura draconiana distruttiva.
Inoltre la strategia è rimasta stabile e costante nel tempo, subendo poche modifiche sostanziali.
Vediamo quindi come e se si correlano queste misure e la curva dei contagi.
Questa grafica è approssimativa e non ha nessuna velleità statistica, ma vuole comunicare un significato: le blande misure sociali adottate non hanno inciso con nessuna correlazione sull’ipotetica diffusione del virus, che invece segue una sua curva indipendente.
Forse un lockdown severo avrebbe potuto contenere la curva?
Poteva al contrario essere peggio, se non avessero adottato certe misure benché relativamente blande?
Nessuno può dirlo, perchè per valutare l’efficacia del trattamento “quarantena” dobbiamo almeno mettere a confronto una popolazione che abbia adottato tale “cura” in modo severo e persistente.
Popolazioni che hanno adottato misure di isolamento ne abbiamo numerose da scegliere, specialmente le vicine scandinave, che con misure più severe hanno un rapporto di contagi più basso.
Svezia: 14.500~ casi per milione
Danimarca: 10.000~ casi per milione
Norvegia: 4.500~ casi per milione
Fonte: Worldometer
Allora potremmo dire che il lockdown è un intervento di sanità pubblica efficace perchè, per esempio, Norvegia e Danimarca hanno fatto molto meglio della Svezia.
Ma se è vero che la variabile lockdown è stata così importante (nonostante ci siano state grandi differenze nell’applicazione), questo risultato dovrà essere riproducibile, anche in minima misura, ovunque si sia imposto un severo isolamento delle persone.
Italia: 16.000~ casi per milione
UK: 17.500~ casi per milione
Francia: 27.000~ casi per milione
Spagna: 30.000~ casi per milione
Invece no, l’efficacia del lockdown non è apparentemente replicabile, neanche parzialmente, in questi altri paesi.
C’è però un problema: nessuno di questi ha applicato senza interruzioni la variabile che stiamo studiando.
Fortunatamente (si fa per dire) abbiamo un paese stoico: l’Argentina, o meglio l’area metropolitana di Buenos Aires.
È così che, se Stoccolma rappresenta un gruppo di controllo, Buenos Aires rappresenta un gruppo sperimentale.
ARGENTINA
Infatti la popolazione di Buenos Aires è in una rigida quarantena no-stop da 8 mesi.
Il 19 marzo, l’Argentina è entrata in lockdown a livello nazionale.
Il governo ha poi annunciato una serie di proroghe il 31 marzo, a metà aprile e successivamente il 25 aprile, quando il presidente argentino Alberto Fernández ha annunciato che il blocco si sarebbe prolungato nelle principali città fino al 10 maggio.
Il 10 maggio il blocco è stato formalmente tolto, lasciando però la decisione ad ogni governatore locale, ad eccezione della zona urbana di Buenos Aires.
|
Foto di Francesca Capelli |
Da lì in poi Buenos Aires, la cui area metropolitana comprende un terzo della popolazione e ha visto l’80% di tutti i contagi, è rimasta illimitatamente chiusa fino a oggi.
La libera circolazione tra le diverse città è impedita.
Le province hanno emesso ordinanze locali, in una intricata confusione di regole, alcune meno altre molto rigide.
Da 8 mesi a questa parte solo i lavoratori ritenuti essenziali possono andare a lavorare, ovvero chi si occupa dell’alimentare, della salute, ecc.
A tutti gli altri è vietato uscire di casa.
Chiunque abbia un qualsiasi sintomo così come i familiari di un positivo, sono considerati a priori positivi, anche senza test.
I test vengono fatti a persone asintomatiche come lasciapassare per andare al lavoro.
Le scuole, ad una settimana dall’inizio dell’anno scolastico, sono state chiuse dal 16 marzo e poi dimenticate. Fanno didattica a distanza con fortissimi divari di accessibilità tra classi sociali.
I cittadini vivono nella paura, così come gli stessi medici, le mascherine sono obbligatorie ovunque.
Se la teoria del contagio è vera e l’isolamento delle persone è efficace al contenimento, dalla severissima disciplina dell’Argentina dobbiamo aspettarci un grafico dei contagi prossimo allo zero e una curva abbastanza piatta.
Guarda bene questo grafico.
Se la “cura” lockdown portasse un qualsiasi freno o beneficio alla curva dei contagi, questa crescita lineare del grafico non sarebbe possibile e, soprattutto, ci sarebbe uno scarto evidentissimo rispetto alla Svezia, che ha applicato interventi diametralmente opposti.
Forse stai pensando:
“non è che senza lockdown il numero assoluto di quella crescita sarebbe dieci volte tanto??”.
No, non potrebbe essere peggio di così perchè, su 45 milioni di abitanti, alla data di metà ottobre hanno
rilevato la bellezza di 1 milione di positivi (quinto paese al mondo per numero assoluto, e hanno fatto 5 volte meno tamponi degli altri paesi) con un
tasso di positività dei test del 50%: nessuno al mondo ha un tasso di positività al Covid così alto!
I casi per milione di abitanti sono il doppio della Svezia.
Quindi, dal punto di vista del contagio, non hanno avuto alcun beneficio dalle misure draconiane, tutt’altro, pare proprio il contrario.
L’educazione è sospesa, i bambini saranno mandati all’anno scolastico successivo senza avere imparato nulla.
I centri delle città sono chiusi, le attività fallite, il Paese è in rovina.
Una marea di posti di lavoro persi, molte aziende stanno lasciando il Paese.
La quasi metà della popolazione è sotto la soglia di povertà.
Proprio in questi giorni, mentre concludo la stesura di questo articolo, il presidente Fernández ha decretato la fine del lockdown.
Anche i nostri media generalisti si sono accorti dell’elefante in salotto.
Argentina, finisce il lockdown più lungo del mondo: pochi risultati e popolazione alla fame
Svezia e Argentina sono due estremi di un modello di intervento, nel mezzo abbiamo una moltitudine di altre situazioni molto variegate.
Benché imperfetta, non avremmo potuto eseguire una tale cinica sperimentazione nemmeno volendolo: solo il regime sanitario e la psicosi collettiva hanno potuto.
Ora, nonostante le approssimazioni, i risultati di questo confronto sono molto, troppo lontani dal poter confermare le ipotesi, cioè che il distanziamento fisico delle persone sia uno strumento efficace a contenere i contagi.
E aggiungo una notizia recente, che ha solo il valore di aneddoto, ma il significato è tragicomico:
Pescara, sei suore di clausura positive al coronavirus
Pensi che una intera popolazione possa isolarsi meglio di una suora di clausura?
Di quale strategia pseudo-scientifica stiamo parlando?
Allora i casi sono due:
1- i dati statistici che stiamo raccogliendo, cioè la famosa curva dei contagi, in realtà non rappresentano affatto l’andamento del contagio di un virus tra persone a contatto.
2- la teoria del contagio è falsificata.
LA MIA PERSONALE OPINIONE
Io credo che siano entrambe le cose.
1– Perchè già sappiamo che il test PCR, detto tampone, non nasce come test di screening, non dovrebbe essere usato come tale e non offre risultati di valore scientifico.
In effetti pare rilevare qualsiasi cosa, ma non il Sars Cov2.
Vedi:
E mi sembra che l’esperimento globale Covid ce lo stia mostrando platealmente.
LA DOMANDA SOSPESA
Certo mi resta sospesa quella domanda cruciale: assodato che i grafici del PCR non rappresentano il contagio di un virus, perchè allora vedono aumentare il rapporto di positività in certi periodi?
Infatti attenzione: la retorica mediatica parla per numeri assoluti, ma abbiamo osservato variare il rapporto tra numero di test eseguiti e positivi in modo considerevole nelle diverse stagioni.
Allora cosa rileva effettivamente il PCR?
Se fosse solo una questione di falsi positivi, questi sarebbero sparsi in modo omogeneo nel tempo e la curva sarebbe piuttosto piatta.
Forse invece stiamo osservando una curva naturale, che se avessimo analizzato ogni anno, ne avremmo notato lo stesso andamento?
Ad oggi non possiamo saperlo, perché nessuno ha mai eseguito screening di massa con questo strumento.
Se quindi i grafici dei contagi si muovono con una correlazione nulla rispetto al grado di isolamento delle persone, le variabili sottese devono essere altre e confondenti.
Certamente i dati statistici ne inglobano una miriade, più o meno occulte: il tipo di test usato; il numero assoluto di test effettuati; le categorie di persone sottoposte (per esempio nella prima ondata sono stati sottoposti solo i casi gravi, in altri periodi solo gli asintomatici ecc.); la diversa implementazione locale dei protocolli, con differenze sia a livello nazionale che regionale (per esempio alcuni protocolli eseguivano numerosi test alla stessa persona); così come anche i parametri tecnici applicati dai diversi laboratori (per esempio diverse
soglie di amplificazione della PCR).
Queste sono senz’altro variabili che incidono significativamente sui grafici, probabilmente più dello stesso lockdown, e li rendono difficilmente comparabili tra stati e regioni.
Ma forse, e io lo credo, ci sono altre variabili ancora più occulte.
NUOVE IPOTESI PERSONALI
Avanzo delle ipotesi, ovviamente di carattere deduttivo, prendile con le molle:
Poiché conosciamo la funzione degli esosomi (se non sai cosa sono
studia questo nostro articolo) e il fatto che la PCR rileva particolari porzioni molecolari di RNA:
– se la PCR, quando è abusata come strumento di screening, rilevasse un aumento statistico di esosomi proporzionale al livello di stress cellulare?
Nella fattispecie del Covid, questo aumento potrebbe forse essere correlato all’inasprimento delle restrizioni sociali, come a Buenos Aires, e alla psicosi sovra-alimentata dai media?
L’aumento di materiale genetico extra-cellulare sarebbe essenziale nella frenetica comunicazione intercellulare richiesta dai programmi biologici speciali.
La PCR usata come screening si configurerebbe allora come un indicatore di stress sociale.
Altra ipotesi, forse più ardita:
– se, con screening annuali, scoprissimo che queste curve sono naturali e spontanee in certi periodi dell’anno… la stagione calda potrebbe forse rappresentare una
Fase Attiva collettiva nel ciclo annuale, mentre la stagione fredda una
PCL di riposo, cioè
una condizione simile al letargo, durante la quale le cellule umane rilasciano una maggiore quantità di esosomi?
Queste ipotesi, per quanto non suffragate da prove e campate per aria, mi sembrano qualche ordine di grandezza più plausibili e coerenti con i dati reali – di popolazioni stremate dai lockdown con grafici di PCR alle stelle – rispetto all’ipotesi del virus che si sposta fra contatti, contraddetta da correlazioni inverse tra luoghi in segregazione assoluta e luoghi senza restrizioni.
COME VOLEVASI DIMOSTRARE: LA “SECONDA ONDATA”
Questa estate pensavamo che sarebbe successo, e così è stato:
La ‘seconda ondata’ di Covid19 provocata dalla strategia del terrore mediatica
Ricorda: la scienza medica lo sa bene, a differenza di chi fa giochi di potere, che il lockdown di
un’intera comunità non è e non può essere una strategia sanitaria ma, come dice John Ioannidis, è “l’opzione termo-nucleare”, distruttiva, che ha ragione d’essere solo nella disperazione di chi non sa come gestire le cose, perchè gli effetti collaterali sono devastanti oltre ogni nocività di un presunto coronavirus.