Esposizione a radiofrequenze (2.45 GHz) con SAR “nella norma” e danno cerebrale in un modello animale – Agostino Di Ciaula

27 luglio
La banda 2.6 GHz è una di quelle vendute all’asta dal nostro Governo per il 5G. L’ICNIRP, l’ONG privata che ha formulato i limiti di legge validi a livello internazionale, ritiene che la popolazione esposta sia al sicuro al di sotto di una SAR (l’energia elettromagnetica assorbita dal corpo quando questo viene esposto a una radiofrequenza) di 0.08 W/Kg. L’ICNIRP, tuttavia, ha calcolato i suoi limiti considerando i soli effetti termici acuti delle esposizioni e ignorando completamente ciò che invece più ci interessa dal punto di vista clinico: gli effetti biologici derivanti da esposizioni croniche, quelle che concretamente si verificano nella realtà quotidiana. Numerosi studi hanno dimostrato che l’irradiazione con radiofrequenze è una sorgente ambientale di stress ossidativo, un processo fisiopatologico alla base di numerose patologie. Tra gli organi più vulnerabili c’è sicuramente il cervello, nel quale si genera lipoperossidazione lipidica che può promuovere danni neuronali. Lo studio sintetizzato nell’immagine, recente, ha dimostrato che topi esposti solo per due ore al giorno ad una frequenza di 2.45 GHz, con SAR di 0.014 W/Kg (circa 6 volte più bassa del limite ICNIRP) sviluppano, indipendentemente dagli effetti termici, alterazioni della memoria spaziale e di apprendimento, aumento dei livelli sierici di corticosterone proporzionali al tempo di esposizione, stress ossidativo e danni, a livello dell’ippocampo, sia dei neuroni cerebrali che di cellule non neuronali. Certo, non siamo topi. Con il 5G, tuttavia, saremo esposti h24 (dunque più di quei topi) a 2.6 GHz, a tutte le altre frequenze che il 5G utilizzerà (onde millimetriche) ed a tutte le frequenze sino ad ora utilizzate (3G, 4G), alcune delle quali dotate di effetti biologici molto specifici e completamente ignorati dai limiti vigenti. Anche se il nostro cervello non è molto diverso, funzionalmente, da quello dei topi, non siamo al momento autorizzati a trarre conclusioni sulla possibile presenza di effetti fisiopatologici o clinici sull’uomo, simili a quelli ben documentati sugli animali. Con ogni probabilità, tuttavia, lo sapremo presto, visto che l’implementazione del 5G su larga scala ci ha collocati tutti in un enorme laboratorio a cielo aperto, senza neanche chiederci il consenso. C’è la possibilità che ci troveremo ancora una volta, tra qualche anno, a dover conteggiare danni altrimenti evitabili solo per la fretta di soddisfare esigenze commerciali.